Palazzo Giangi-Docci resta invenduto. L’asta pubblica indetta per la vendita del palazzo storico tra via dei Nobili e via Massani, nel cuore di Santarcangelo, avrebbe dovuto svolgersi il 29 settembre scorso, ma è andata deserta. E non è la prima volta. Sono state tre le aste pubbliche indette nel corso degli ultimi quattordici mesi, ma nessuno ha mostrato interesse. Da quella prima asta svoltasi nell’agosto del 2010 con una base di 2 milioni e 50mila euro, nulla sembra essere cambiato, eccetto il prezzo dell’immobile che è stato notevolmente ridimensionato. Nel corso delle successive occasioni di vendita il prezzo, infatti, è stato ribassato fino a raggiungere il “minimo” storico di 1 milione e 640mila euro a settembre 2011.
E pensare che si tratta di un palazzo storico di grande prestigio risalente al XVII secolo, come si legge nell’iscrizione sul portale d’ingresso: OSTIVM NON HOSTIVM / ANNO 1639.
In passato appartenne a diverse famiglie nobiliari dell’epoca: Giangi, Pedroni, Amati, Graziosi e Docci. Donato alla Congregazione di Carità alla fine del XIX secolo, oggi è di proprietà dell’Ausl di Rimini per il 75% e del Comune di Santarcangelo per il 25%.
Dichiarato di interesse storico-artistico (art. 10 del D.L. n. 42/2004), testimonia con la sua architettura la cultura locale seicentesca ma si arricchisce anche di dettagli pregiati risalenti ai due secoli successivi.
Le sue dimensioni sono notevoli: possiede una superficie lorda di 1.506 mq con una superficie commerciale di 1.403 mq e si sviluppa su quattro piani di cui tre su via Massani e due su via dei Nobili (piano nobile e sottotetto).
Il grande valore storico dell’immobile, d’altro canto, porta con sé una serie di vincoli imposti dalla Soprintendenza per il centro storico di Santarcangelo. L’unico intervento edilizio possibile, una volta acquistato, è il restauro. In particolare, chi compera Palazzo Docci dovrà procedere a una ristrutturazione filologica che potrebbe richiedere circa un milione di euro. Le restrizioni maggiori in corso di restauro riguarderebbero la facciata esterna, ma non risparmiano i locali interni, per i quali è vietata l’eccessiva frammentazione. Il palazzo, inoltre, non può essere adibito ad usi temporanei che possono pregiudicarne l’uso pubblico futuro.
Una volta restaurato, la destinazione d’uso potrà essere alberghiera, casa per vacanze, terziaria e residenziale. Certo, nel caso venga destinato a civile abitazione, la cappella interna dovrebbe restare ad uso pubblico.
Prezzo elevato e quantità dei vincoli imposti sembrano alla base del mancato interesse di eventuali compratori fino a questo momento.
Quale futuro attende Palazzo Docci? Dall’Ausl di Rimini fanno sapere che presto i due comproprietari prenderanno accordi per valutare se procedere con un’altra asta, magari ribassando ulteriormente il prezzo, oppure optare per una trattativa privata.
Insomma, la crisi del mercato immobiliare non risparmia nemmeno i beni storici, che anzi per il loro valore storico-artistico, le dimensioni e i vincoli imposti dalla Soprintendenza, sembrano al momento inaccessibili all’iniziativa privata.
Romina Balducci