È morto alla veneranda età di 97 anni don Pietro Lisi, il decano dei sacerdoti riminesi. Era nato a Rimini il 23 marzo 1914, vicino alla chiesa della Colonnella, in una casa colonica.
Il papà Giuseppe, agricoltore, la mamma Rosa Clementi: genitori ben uniti nell’affetto familiare, nella fede e nella pratica cristiana: ogni giorno la preghiera del santo rosario, ogni domenica la santa messa nella chiesa della Colonnella. Quattro figli: Ernesta, Oreste, Lucia, Pietro.
Le prime classi elementari, Pietro le frequenta nel Palazzo Ghetti che è nelle vicinanze della chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista.
Proprio al termine della terza elementare, il piccolo Pietro manifesta a una signora che frequenta casa Lisi, il desiderio di diventare prete.
Perché non lo manifesta direttamente a papà e mamma? Il bambino pensa che i suoi lo vedano volentieri nel lavoro dei campi. Un lavoro che richiede tanta manodopera.
La signora manifesta subito alla mamma il desiderio del bambino, e la mamma, contentissima, si dà da fare, anche presso il marito, perché tutti accolgano con gioia la vocazione espressa da Pietro. Il rettore della chiesa di Santa Rita lo accoglie amabilmente e gli apre la via al Seminario di Rimini. Al termine della terza elementare, Pietro entra nel Seminario e inizia la preparazione ‘remota’ al sacerdozio.
Completato il corso ginnasiale, passa al Regionale di Bologna per il liceo e la teologia.
Sono anni belli e intensi che portano a maturità umana e cristiana l’umile figlio di contadini.
Il primo luglio 1939, viene ordinato sacerdote dal vescovo Vincenzo Scozzoli. I primi tre anni è cappellano a Sant’Andrea in Besanigo.
Nel 1942 è parroco a Santa Colomba di Onferno. Il furore bellico, che imperversa già sui nostri colli, la distrugge nel settembre 1944. Nella casa parrocchiale, che è abbastanza vasta, don Pietro ricava uno stanzone per celebrare la santa messa, e per tutti i riti sacri.
Mentre matura la possibilità di costruire la nuova chiesa, ascolta pure i desideri dei suoi parrocchiani. Non è facile seguire la soluzione migliore perché i diversi gruppi chiedono la nuova chiesa accanto alla loro casa.
Ora si può constatare che il luogo scelto è il migliore per l’intera comunità.
Con il consiglio e con l’opera fattiva e intelligente, gli è stata sempre vicina la sorella Lucia. E dall’anno 1944, è sempre con lui il babbo, rimasto vedovo di mamma Rosa.
Don Pietro ha sempre riconosciuto, con gratitudine e con stupore, che nella sua piccola comunità sono fiorite numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa:
certamente frutto della sua preghiera e della sua vita esemplare.
Ne parlavano con entusiasmo:
don Antonio Faitanini, S. Giovanni Battista, 1955; il fratello don Nevio, 1973; padre Antonio Renzini, conventuale a Bellariva; don Marco Gasperi, parroco a Faetano; mons. Luigi Ricci, dal 25 marzo 2008 Vicario Generale della Diocesi; don Davide Arcangeli, suo pronipote, che studia al Biblicum a Roma.
Ha vissuto gli ultimi cinque anni nella nostra Casa del Clero.
Il rettore della Casa, mons. Sergio Matteini, ha lasciato questa cara testimonianza: “Vi ha portato affabilità e semplicità. Ci ha edificati con la sua serenità, fraternità e pietà”.
Per la sua difficoltà di udito, non poteva partecipare alle conversazioni che i suoi confratelli tenevano soprattutto la sera, dopo cena. Egli passeggiava, raccoglieva foglie e diceva: “Questa per me è vita”.
Nel giugno 2011, don Pietro subìsce un intervento all’intestino, ma, per l’età veneranda (97 anni), non ne supera le conseguenze.
Mario Molari