Domenica 18 settembre in tutte le parrocchie della Diocesi di Rimini si svolgerà una raccolta straordinaria per far fronte all’emergenza nel Corno d’Africa.
L’iniziativa, promossa dalla Conferenza episcopale italiana (Cei), è stata avviata dalla Caritas Italiana che amplia in questo modo l’intervento nelle aree colpite da una terribile siccità e dalla conseguente carestia che coinvolge tredici milioni di persone.
Dinanzi a questo scenario, le Caritas di Kenya, Etiopia, Somalia e Gibuti, i Paesi più colpiti dalla crisi, impegnate da mesi nell’aiuto alla popolazione, hanno proposto a Caritas Italiana e alla rete delle Caritas del mondo i loro piani di intervento su scala nazionale per i prossimi otto mesi.
Le aree più colpite
La scarsità e l’irregolarità delle piogge dall’autunno 2010 ad oggi ha provocato una delle peggiori siccità degli ultimi decenni in tutta l’area del Corno d’Africa e nei paesi limitrofi. In particolare le aree più colpite sono le seguenti: Il centro-sud della Somalia dove in 5 regioni è stato dichiarato lo stato di carestia, in quasi tutto il Kenya soprattutto le regioni del nord e dell’est, la parte meridionale e orientale dell’Etiopia, l’Eritrea soprattutto nella zona ovest e in misura un po’ minore Gibuti. Meno intensamente sono colpiti dalla crisi anche il nord Uganda, l’area orientale del Sud Sudan e la parte nord della Tanzania. Si stimano circa 12.4 milioni di persone che necessitano di aiuto: 3.7 in Somalia, 4.8 in Etiopia, 3.7 in Kenya e 160.000 a Gibuti.
I motivi della crisi
Questa situazione è esacerbata da altri fattori quali l’aumento dei prezzi degli alimenti e del petrolio, la crescente desertificazione di alcune aree, i limitati investimenti nelle politiche agricole a favore dei contadini, la mancanza di una reale politica di sicurezza e sovranità alimentare.
Ciò ha portato ad una allarmante scarsità di scorte alimentari, pascoli per gli animali, risorse idriche oltre che ad un peggioramento delle condizioni igienico – sanitarie, soprattutto per le fasce più deboli, che innalza drasticamente il rischio di epidemie (colera ed altro) peraltro già in atto nei campi profughi e nelle aree più colpite.
Inoltre, occorre tener conto che la siccità ha colpito popolazioni che già versavano in uno stato di povertà più o meno accentuato.
Ancora 4/5 mesi di emergenza
Emblematica la situazione della Somalia che si trova da due decenni in una situazione di anarchia e di conflitto e dell’Etiopia dove, oltre a coloro colpiti dalla crisi, vi sono altre 7.5 milioni di persone che non sono in grado di procurarsi cibo autonomamente e vengono assistite dal governo. Migliaia i profughi somali che ogni giorno fuggono dal loro paese concentrandosi prevalentemente nei campi di Dadaab in Kenya e Dollo Ado in Etiopia. Nel primo sono rifugiate più di 400.000 persone nel secondo 118.000.
Si prevede che l’emergenza durerà per almeno 4-5 mesi e che il numero di persone colpite aumenterà del 25%.
In Kenya e Etiopia a partire da ottobre dovrebbe esserci un miglioramento della situazione relativa alla sicurezza alimentare, mentre in Somalia occorrerà attendere dicembre/gennaio per avere speranza di qualche progresso. La situazione di crisi, seppur di minore intensità, si estende anche in Sudan e nella Repubblica del Sud Sudan.