Terra e imprese in calo: piange l’agricoltura

    Sono unite nel denunciare la scarsa redditività, un mercato privo di regole, a cominciare dalla grande distribuzione, e misure poco efficaci da parte delle pubbliche amministrazioni. Le associazioni agricole non si stupiscono della grigia fotografia scattata dal sesto censimento presentato dalla Provincia. Da tempo ormai le piaghe che affiggono anche i campi riminesi, come il progressivo calo delle aziende, non sono più una novità. Anzi, fa notare il segretario provinciale di Confagricoltura Giovanni Filanti, “i dati delle imprese agricole con partita Iva e iscritte alla Camera di Commercio di Rimini, quelli su cui noi facciamo più affidamento, sono ancora più negativi: non più di 2.700 le aziende, con un calo ancora più forte rispetto al Duemila, nonostante le 490 dell’alta Valmarecchia da poco entrate in provincia”.
    Anche Giorgio Ricci di Coldiretti Rimini lancia l’Sos: “Se continuerà così, tra 15 anni l’agricoltura a Rimini sarà scomparsa>”. L’altro dato allarmante, aggiunge Ricci, è la perdita del 16% della superficie agricola “che denota quanto il Piano Territoriale Provinciale del 2007 non sia stato in grado di tutelare il territorio agricolo da strade e zone industriali. Il risultato è un maggiore consumo delle superfici in pianura dove i terreni sono più facilmente coltivabili”. E sempre il Ptcp 2007, aggiunge il referente di Coldiretti, “prevede vincoli che non permettono alle aziende agricole di espandersi dotandosi di strutture sia abitative che strumentali che di fatto allontanano dal territorio gli imprenditori”. Dunque una visione opposta rispetto a quella sostenuta dall’assessore provinciale Magrini. Il presidente di Cia Rimini Valter Bezzi conferma: “Abbiamo condiviso l’idea della Provincia di dare uno stop alle urbanizzazioni, ma l’imprenditore agricolo va affiancato e agevolato, a cominciare dal problema dei prezzi di terreni, immobili e capannoni, che nel Riminese sono ancora tra i più alti d’Italia”.
    I problemi degli agricoltori attivi sul territorio non finiscono qui. “Siamo in piena crisi di mercato” commenta Bezzi che sottolinea, per fare solo un esempio, le pesche vendute ai commercianti a 20 centesimi: “Appena la metà dei costi produttivi”. La scarsa redditività riguarda anche la vite che lo stesso censimento dà in sofferenza nonostante le alte potenzialità. “Gli incentivi all’estirpazione che hanno influito sul calo di imprese e terreni – spiega Filanti di Confagricoltura – hanno forse aiutato chi era in crisi, ma ci sono altre forme di aiuto che potrebbero servire di più a dare respiro agli imprenditori”. Come i finanziamenti dell’Unione Europea (fino a 3.000 euro l’ettaro) che danno la possibilità al viticoltore in difficoltà di rimandare la raccolta. “Un sostegno che però l’Emilia Romagna non applica con l’idea di salvaguardare il prodotto, a differenza di altre regioni più vocate come Piemonte e Sicilia”.
    L’uva e le pesche sono solo alcuni dei prodotti liquidati a tariffe inferiori ai costi. “Più si produce più ci si rimette” lamenta Bezzi nel ricordare in particolare i problemi con la grande distribuzione: “Siamo in totale assenza di regole di mercato, è sempre la controparte alla fine che fissa i prezzi. Insieme a Confagricoltura e Coldiretti abbiamo chiesto un tavolo per riunire tutti i rappresentanti della filiera: la Gdo ha detto no”. Ricci di Coldiretti rincara: “Non è logico che al negozio o al supermercato sia possibile trovare prodotti stranieri con più assiduità di quelli locali”. E aggiunge: “Come Coldiretti ci siamo battuti per l’indicazione obbligatoria della provenienza dei prodotti in etichetta. Abbiamo denunciato comportamenti fraudolenti, incentivato i mercati dei produttori, cercando di porre fine alla concorrenza sleale derivante dalla importazione di prodotti in ogni periodo dell’anno e spacciata in tanti casi come italiana. In molti casi i prodotti sono raccolti acerbi e fatti maturare artificialmente, facendo di fatto scomparire le primizie locali, che da sempre rappresentano per gli agricoltori riminesi un’importante fonte di reddito’”.
    Ma come sta andando questa stagione sul fronte produttivo? “L’ortofrutta è un disastro, complice l’allarme infondato del batterio killer che ha causato il contenimento dei consumi degli ortaggi – spiega Ricci -. Inoltre l’andamento meteorologico ha provocato la maturazione contemporanea di produzioni diverse ingolfando il mercato”. Una nota positiva però c’è: “Rispetto all’anno scorso al momento è migliorato il prezzo dei cereali, e la vendemmia potrebbe essere di qualità, se non vi saranno condizioni climatiche avverse”.

    Alessandra Leardini