Invogliati ad acquistare, complici pubblicità e consumismo, ma anche indebitati e vittime di un sistema dove oltre alle difficoltà nella ricerca di un lavoro, fanno sempre più fatica a sostenere l’alto costo della vita. È questo il paradosso che vivono oggi i giovani europei, ben delineato dai diretti interessati nel corso del raduno europeo dei militanti della Gioc, Dignity: Add your name, che si è svolto a Rimini dal 22 al 24 luglio. Trecento i ragazzi, fra i 18 e i 30 anni che hanno preso parte in Sala Manzoni alla seconda edizione dell’evento dopo l’esperienza di Parigi del 2007, per confrontarsi sulla dignità dei giovani lavoratori nei rispettivi paesi: Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Malta. Un’occasione, per i militanti europei del movimento creato in Belgio nel 1925 da Joseph Cardijn, anche per andare oltre le idee e le riflessioni e tracciare “concrete proposte d’azione che saranno presentate dopo l’estate ai rispettivi governi e alla Commissione Europea”.
Come sottolinea infatti Fabiana Delle Noci, presidente della delegazione italiana della Gioventù Operaia Cristiana (che raggruppa130 soci e oltre 500 giovani coinvolti nei processi educativi), “il fatto che tante persone si siano incontrate per denunciare problematiche molto comuni da un paese all’altro, rappresenta di per sé un messaggio importante di cui le istituzioni pubbliche non possono non tenere conto”.
Secondo l’ultimo Rapporto Cnel i giovani che in Italia non lavorano né studiano sono il 28,8% solo nella fascia tra i 25 e i 30 anni. Come recuperare il senso della dignità e la speranza in un contesto dove il rischio di disoccupazione riguarda soprattutto le nuove generazioni?
“Noi nella nostra campagna d’azione Un’impresa chiamata lavoro abbiamo delineato in questo senso tre priorità: migliorare l’accompagnamento dei ragazzi dalla scuola al lavoro, migliorare il tutoring nell’ingresso nel mondo dell’occupazione e facilitare i giovani a mettersi in proprio creando la propria impresa. Tre obiettivi dai quali siamo partiti nel riflettere a Rimini su dignità e lavoro. Una situazione di limitata e cattiva occupazione lede alla base la dignità dei giovani, le scelte che possono compiere e la responsabilità che possono acquisire nella vita di tutti i giorni”.
Quali proposte d’azione sono emerse dal confronto con i coetanei europei?
“Innanzitutto la necessità di regolamentare i salari. In Italia non esiste un salario minimo al contrario degli altri paesi partecipanti al raduno, anche se è generalizzata in Europa la difficoltà a sostenere l’alto costo della vita. Lo stipendio anche negli altri paesi che pure hanno una soglia minima, non è equiparato all’inflazione. La richiesta di porre una modifica in tal senso è una delle proposte che porremo al tavolo delle istituzioni europee. Un’altra priorità riguarda il problema della sicurezza sul lavoro, che interessa più o meno tutti i paesi e rispetto alla quale prepareremo una campagna di sensibilizzazione a livello europeo”.
Rispetto agli altri temi discussi a Rimini e collegati al fil rouge della dignità – uso del denaro, responsabilità delle proprie scelte e stile di vita – cosa verrà messo all’attenzione della Commissione Europea e dei vari Stati?
“Presenteremo delle campagne di sensibilizzazione sui temi della casa e sulle agevolazioni che possono essere date ai giovani per facilitare il grande passo della vita: la formazione di una famiglia. Abbiamo notato che nei diversi paesi, degli aiuti in tal senso esistono già, ma dobbiamo dare un messaggio ancora più forte. In quest’ottica, il fatto stesso che sette paesi si siano incontrati per discutere di problematiche simili, rappresenta un segnale importante da trasmettere ai governi”.
Cosa vuol dire per un giovane, oggi, appartenere ad una realtà ecclesiale ma anche fortemente impegnata nel sociale come la Gioc?
“Vuol dire aver scoperto un luogo dove ci si sente come a casa. Non solo: il bello di questa organizzazione che educa all’impegno nella società e nel lavoro, è che si possono coinvolgere persone con gli stessi ideali. Insieme si può riflettere ma si possono anche perseguire obiettivi concreti da realizzare nei nostri territori”.
Un quadro molto diverso da quello che solitamente, anche attraverso i mass media, vede i giovani di oggi disinteressati alle realtà in cui vivono…
“Diciamo che i valori che la Gioventù Operaia Cristiana ci trasmette, non si limitano all’esperienza all’interno dell’associazione. Insegnano a non lasciare i giovani da soli nelle loro difficoltà, ad occuparsi dei coetanei perché tutti i giovani lavoratori valgono in quanto tali, un aspetto che molto spesso tende ad essere dimenticato. A me personalmente la Gioc ha trasmesso uno stile di vita diverso, che si basa sul mettermi a disposizione degli altri, anche delle generazioni future, a prescindere dall’attività interna all’organizzazione. Un valore che cresce nel tempo e che potrò trasmettere anche ai miei figli”.
Alessandra Leardini