La prima lezione fu sul portone del palazzo che in piazza Cavour ospita la redazione riminese de il Resto del Carlino. Era nata da poco (1957) un’intera pagina per la città, grazie al direttore Giovanni Spadolini. Era il luglio 1960. Conclusi gli esami di Abilitazione alle Magistrali, chiesi a mio padre di presentarmi al capo-pagina riminese, prof. Amedeo Montemaggi. Avevo scribacchiato qualcosa nell’inverno precedente su La Provincia, diretta da Flaminio Mainardi con innato gusto della provocazione giornalistica. Il suo settimanale era l’unico (non di partito) disposto a pubblicare testi di sconosciuti. Allora si faceva la regolamentare gavetta. Non si entrava in una redazione credendosi già una grande penna.
Nel 1959 Mainardi svolse una preziosa inchiesta nel mondo della scuola riminese. L’anno dopo, l’idea gliela copiammo al Carlino. Per alcune settimane Gianni Bezzi, il fotografo Davide Minghini ed io girammo negli istituti cittadini. Gianni, indimenticabile e generoso amico, faceva la storia della scuola visitata, ed io le interviste. Nessuna firma sotto gli articoli.
Montemaggi quella mattina del luglio 1960 mi spiegò con un esempio una regola da non dimenticare: ”Ieri sera Bologna mi ha chiesto mezza pagina per l’edizione nazionale. Avevo soltanto tre quarti d’ora per lavorarci e telefonarla”. Ovvero il mestiere di cronista rassomiglia alla corsa sul filo in un circo, ma senza rete di protezione. Per cui, occhio a quello che scrivi. Le boiate restano per sempre. Nelle settimane successive potei apprezzare le sue doti di organizzatore del lavoro redazionale, anche grazie alle spiegazioni dei segreti del moderno giornalismo, fatte sulle riviste americane che leggeva.
Nel momento in cui il ricordo per la sua scomparsa avvenuta domenica 10 luglio ad 88 anni, porta alla ribalta un’intensa attività di studio in campo storico, avviata per la Linea Gotica proprio nei primi anni Sessanta sul Carlino, mi limito all’opera svolta allora da Montemaggi per svecchiare il giornalismo riminese.
Il Carlino di Spadolini era un grande giornale nazionale. La pagina di Rimini cercò di far convivere cose diverse, dai brillanti commenti politici anonimi di Montemaggi (nati da riservate conversazioni con socialisti che cercavano la rottura con il Pci), alle cronache della vita balneare che finivano poi nell’edizione nazionale del Carlino-Sera.
Per comprendere l’impegno di Spadolini e soprattutto di Montemaggi, occorre ricordare un dato politico. La maggioranza di Sinistra in Comune nel 1956 cala dai 27 seggi su 40 del 1946, a 20: era impossibile dar vita ad una nuova Giunta. Si torna a votare l’anno dopo, appunto nel 1957: 21 seggi a Pci e Psi (dimezzato rispetto al 1946), e 16 alla Dc (ne aveva avuti 9 nel 1946 e nel 1951). Il muro di Berlino riminese tagliava piazza Cavour, di là il Comune ”rosso”, di qua il ”Carlino” bianco.
Il vice di Montemaggi era Bezzi, futuro inviato del Corriere dello Sport. Il corrispondente da Riccione Duilio Cavalli, presenza fissa ed autorevole in redazione, amava una scrittura dannunziana delle notizie di cronaca spicciola, che si scontrava con i nostri modelli, ispirati allo stile sintetico del Giorno. Le cronache del calcio erano affidate al celebre Marino Ferri. Mentre Isidoro Lanari curava con passione, competenza e pazienza le recensioni cinematografiche.
Frequentavano la redazione pure i padri nobili del giornalismo riminese, collaboratori dello stesso Carlino. Giulio Cesare Mengozzi sostituiva Montemaggi durante le sue ferie. Luigi Pasquini, una celebrità che non si fece mai monumento di se stesso, ebbe sempre parole di incoraggiamento con noi giovani. Ai quali Flavio Lombardini offrì di collaborare alle sue iniziative editoriali.
C’era poi la simpatica e discreta presenza di Minghini, l’unico che aveva un’auto con cui andare sul luogo di fatti e fattacci. Arrivò ad un certo punto Marian Urbani, il cui marito gestiva l’agenzia di pubblicità del Carlino. Si mise a fare l’involontaria imitazione di Elsa Maxvell, la cronista delle dive americane.
Antonio Montanari