Un’immagine forte come forte è la realtà che fotografa e segnala. Oggi la dose maggiore (di sberle) è certamente toccata a chi governa e soprattutto al suo leader, ma i destinatari potenziali sembrano essere un po’ tutti i protagonisti della politica. Una sensazione chiara, che già riprendevo nel mio commento alle elezioni riminesi quando scrivevo che è forte il disagio e la necessità, anche psicologica, di segnare con decisione un cambiamento.
Nessuno può chiamarsi fuori. Facendolo, prenoterebbe una dose massiccia (di sberle) alla prossima tornata.
Una “macchina” infatti che è alimentata da attese deluse e da un mix di preoccupazioni ed indignazione, che certamente oggi hanno un bersaglio principale molto ben individuato, ma che non risparmieranno nessuno se non si troveranno interlocutori nuovi e credibili.
Pare chiaro che la gente voglia tornare a contare, a dire la sua, come ha fatto su temi importanti per sé e per il futuro dei suoi figli come l’acqua e il nucleare. Chiede che la politica smetta di pensare al popolo come ad un branco di cretini da indottrinare con i mass media e da muovere a piacimento di piazza in piazza, a seconda delle bandiere, magari costringendoli a votare chi le segreterie dei partiti hanno già deciso.
Chiede ai suoi amministratori, soprattutto con la scelta “pubblica” dell’acqua, di non far rimpiangere un privato che gestisce lo stesso bene e ci fa pure gli utili. Chiede cioè serietà, trasparenza e competenza (e qualche tessera in meno) nella gestione di ciò che appartiene alla comunità, che non è di “nessuno” ad appannaggio di pochi furbetti, ma che è “di tutti”.
Insomma siamo di fronte a qualcosa di nuovo, una specie di magma, per certi aspetti parente con quel che sta succedendo al di là del Meditteraneo.
Una cosa è certa: dopo tanti anni di delega quasi assoluta a capi carismatici nei quali riporre attese e speranze, la gente cercherà nuove figure di riferimento. Ma prima di innamorarsi chiederà qualche prova d’amore. Fatti, non chiacchiere.
di Giovanni Tonelli