Sono tante. Sono troppe. Sono un numero così elevato che riuscirlo a definire è pressoché impossibile. L’unica cosa certa è il dolore che portano. Spesso impossibile da sopportare. Perché quando vedi un bambino stare male, quando sai che il suo futuro è segnato, lo stomaco non può che attorcigliarsi. Eppure le malattie rare sono una realtà in continua evoluzione. Patologie talmente particolari che hanno bisogno di centri specializzati dove essere seguite e studiate. L’ospedale “Infermi” è uno di questi. Recentemente nell’ambito dell’aggiornamento della Rete dei centri per l’osservazione, la prevenzione, la diagnosi e la cura di queste patologie, l’Ausl è stata individuata come centro per ulteriori 49 malattie rare (vedi Ponte del 5 giugno). La Regione Emilia Romagna ha riconosciuto che «le strutture e i servizi aziendali hanno raggiunto un alto livello di competenza e un’alta specializzazione clinica, garantendo ai pazienti un percorso assistenziale organizzato e continuativo sia per quanto riguarda la fase diagnostica sia per quanto attiene al follow up».
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Loredana Ciacci, referente per le malattie rare dell’Ausl di Rimini.
Dottoressa, per prima cosa definiamo che cosa si debba intendere per malattia rara.
“La malattia rara è una patologia che ha bassa prevalenza nella popolazione. In Europa sono considerate rare le malattie che colpiscono non più di 5 persone su 10mila abitanti”.
È possibile stabilire un numero esatto di queste malattie?
“L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che ne esistono tra le 6mila e le 7mila, malattie che colpiscono nella sola Unione Europea, tra 27 e 36 milioni di persone. In Italia attualmente sono due milioni i pazienti seguiti, di questi il 70% è rappresentato da bambini”.
E in provincia quante sono?
“Questo è un dato che al momento è impossibile estrapolare perché solo da qualche tempo Rimini è stato riconosciuto come centro specializzato in un contesto più ampio di malattie rare, tra un anno sicuramente il quadro della situazione sarà molto più delineato. Per capirci: gli ultimi numeri riferiti a giugno dello scorso anno parlano di 258 riminesi affetti da una malattia rara, ma è un numero che non corrisponde al vero, sono molti di più. Prendiamo i casi di pubertà precoce: secondo questi dati, in provincia, non ci sarebbero casi, in realtà ne abbiamo diversi. Ma fino a poche settimane fa questo tipo di patologia non ci veniva riconosciuta e quindi non rientrava nella casistica. Specificato questo, quello che posso dire è che a livello nazionale è stata istituita la rete per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia di queste malattie. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità dell’assistenza e realizzare la raccolta di dati epidemiologici per la programmazione di interventi attraverso l’attivazione, presso l’Istituto Superiore di Sanità, del Registro Nazionale Malattie Rare”.
Chi è colpito da queste patologie avrà bisogno di cure specifiche con costi elevati. È previsto un aiuto alle famiglie?
“Chi ha una malattia rara che rientra nel Registro di cui parlavo prima ha l’esenzione dalle prestazioni sanitarie e la possibilità di avere gratuitamente determinati farmaci. Ma attenzione, questo è un elenco che non viene aggiornato da circa dieci anni, attualmente ci sono 104 malattie che sono ancora in attesa di essere autorizzate, poi ce ne sono tante altre che sono talmente rare da correre il rischio di non essere mai riconosciute. Questo comporta non avere la famosa esenzione dal ticket. Però ci sono altri modi per riuscire ad averla: se la malattia, per esempio, è invalidante c’è la legge sull’invalidità che copre tutto. Su quest’aspetto, però, c’è da sottolineare una cosa di grande importanza. Capita molto spesso, soprattutto con i bambini, che il paziente vada a fare la visita, che gli vengano riconosciuti tutti i benefici di legge ma che il verbale che attesta la sua invalidità non venga portato all’Ufficio esenzione ticket per la registrazione. Questo comporta l’impossibilità da parte nostra di escluderlo da certe spese”.
Il che significa avere ancora più problemi di quelli che la malattia già comporta.
Francesco Barone