L’indice è sempre puntato su di loro. Il calcio fatica? Colpa loro. La pallacanestro è alla canna del gas? Colpa loro. La pallavolo e la pallamano sono costrette a rinunciare al campionato? Colpa loro. Colpa di imprenditori e albergatori. Colpa di chi “ha i soldi e non li caccia fuori neppure a pregarli in ginocchio”.
La cosa è ciclica.
Se c’è qualche moribondo con una palla in mano (o nei piedi), al capezzale dovrebbero accorrere sempre i soliti noti: vale a dire i vari Valentini, i vari Maggioli oppure gli albergatori “che sono tanti e che sono ricchi: basterebbe che ognuno di loro versasse una quota minima e saremmo tutti a posto”.
Peccato, però, che a ragionare con i soldi degli altri si faccia sempre molto presto. E di soldi, in questo periodo non è che ne girino tanti. “Ma dai, che si fa presto! Cosa vuoi che siano per gente come questa 20mila o 50mila euro?”.
Il no secco
di Valentini
“Io non seguo lo sport, non sono un appassionato e non pratico nessuna disciplina – sottolinea con grande onestà Luigi Valentini – quindi non vedo il perché dovrei espormi. E alla gente che pensa che sia un dovere da parte mia dare una mano rispondo che facciamo altro. Il nostro aiuto è rivolto ad altre problematiche, ad altre situazioni sicuramente più urgenti che mantenere in vita una squadra di pallone o di qualsiasi altro tipo di sport. Ma lo sanno queste persone che gli imprenditori italiani sono i più vessati d’Europa? Non lo dice Luigi Valentini, lo dicono le statistiche. Quindi prima di accusare qualcuno sarebbe meglio conoscere la realtà. Poi sia chiaro, la disciplina sportiva ricopre un aspetto fondamentale nella nostra società, ma una cosa è dare una mano in questo senso, un’altra è esporsi per aiutare una squadra a sopravvivere. A che pro, poi? Pubblicitario? No, guardi, sarebbe solo uno spendere soldi senza avere alcun ritorno e di questi tempi, di soldi, ce ne sono pochi”.
Maggioli: i tifosi
siano numerosi
L’altro grande riminese a finire spesso sul banco degli imputati è Manlio Maggioli. A differenza di Valentini lui è uno sportivo, è stato anche nella Rimini calcio ai tempi che furono, ma oggi è fuori da tutto. E non ha nessuna intenzione di tornare indietro.
“Questo non significa che non sia attento a ciò che accade – sottolinea – per esempio, il fatto che a Rimini ci siano ragazzi come Amati e Pretelli a capo di due realtà diverse, io non la vedo come una cosa negativa ma come una cosa che può far solo del bene alla città. Sto seguendo anche le vicissitudini della pallacanestro e ultimamente quelle della pallavolo: insomma, come si può ben capire mi tengo aggiornato su tutto. Dirò di più, ritengo lo sport importantissimo perché permette a molti ragazzi di stare lontano da tanti pericoli e crescere in modo sano. Detto questo, però, con altrettanta franchezza dico anche che non spetta agli imprenditori risolvere le problematiche delle società sportive. Gli imprenditori, in questo periodo di grossa crisi, è giusto che indirizzino tutte le loro risorse verso la propria azienda, perché questo è il loro compito”.
Poi lancia una provocazione.
“Leggo e sento spesso che i riminesi vorrebbero che il sottoscritto e altri personaggi dessero una mano, che allargassimo i cordoni della borsa. Dico a queste persone che sono molto brave a inserirsi nelle polemiche. Ma se la domenica stadi e palazzetti fossero belli pieni i soldi arriverebbero e ne arriverebbero tanti perché ci sarebbe un ritorno. Invece di cercare il solito colpevole, si rifletta su questo”.
La proposta
degli albergatori
Da due imprenditori a una serie di persone, gli albergatori, che in un modo o nell’altro vengono sempre tirati in ballo.
“Ancora con questa storia! Basta, non se ne può più – attacca il presidente dell’AIA riminese, Patrizia Rinaldis – ma la gente lo vuole capire o no che gli albergatori, in un contesto come questo, possono fare poco o nulla! Ci spiace se le società sono in crisi ma non è chiedendo un abbonamento ad ognuno di noi che si mettono a posto le cose. Qui serve altro. Lo sport ha bisogno di altro. Noi lo abbiamo sempre detto: è un segmento fondamentale per il nostro tessuto, ma serve un progetto capace di creare indotto per noi, per le società e per la città, altrimenti si buttano via solo dei gran soldi”.
E qui la Rinaldis apre un’altra pagina tristissima per Rimini.
“Diciamoci la verità, senza tanti peli sulla lingua: Rimini ha strutture sportive che definire fatiscenti è poco. Basta pensare solamente alla piscina. Provate ad andare a Riccione, chiedete cosa significhi per la città, sotto forma di indotto, quello splendido impianto che si ritrovano. Per non parlare delle palestre, quante ne abbiamo di belle e funzionali a Rimini? Poche, pochissime. E mi fermo qui, ma l’elenco sarebbe ancora lungo. Con strutture all’avanguardia, competitive, saremo i primi a darci da fare per organizzare eventi e quindi portare indotto. Ma serve la buona volontà perché continuando di questo passo si arriverà a un punto senza ritorno e per una città come Rimini che ha mille possibilità sarebbe un peccato imperdonabile”.
Un peccato senza assoluzione.
Francesco Barone