La formazione dei laici per una Chiesa missionaria è stato il tema della Tre giorni del Presbiterio diocesano che si è svolta presso il Seminario don Oreste Benzi dal 6 all’8 giugno. Un solo intervento esterno previsto, quello di don Luciano Paolucci, pastoralista e Rettore del seminario maggiore delle Marche. Il confronto si è sviluppato soprattutto all’interno del Presbiterio riminese, con gruppi di studio, laboratori, racconto di esperienze. Ha aperto i lavori la relazione introduttiva di don Tarcisio Giungi, Vicario per la pastorale.
Tre le domande alla base del lavoro comune: quale formazione, per quali operatori pastorali, per quale Chiesa?
Per definire il volto della Chiesa don Tarcisio ha indicato le linee fondamentali del Concilio Vaticano II. Le 4 costituzioni conciliari sono altrettanti poli per comprendere l’identità e la missione della Chiesa: una Chiesa che è comunione ed è tutta ministeriale (Lumen gentium); convocata dalla Parola (Dei Verbum); riunita intorno all’Eucaristia (Sacrosanctum concilium) e che dialoga col mondo (Gaudium et spes).
La Chiesa è chiamata a guardare il mondo e la storia con simpatia, anche se non con ingenuità, nella consapevolezza che lo Spirito soffia dove vuole e che quindi essa è chiamata a cogliere i “semina Verbi” ovunque presenti. Una Chiesa dunque che si percepisce missionaria e che con coraggio e gioia annuncia il Vangelo ed edifica la comunità, consapevole che il fine non è la Chiesa ma il Regno e che esso è più grande della Chiesa stessa anche se esiste un rapporto stretto tra Chiesa e Regno.
Dopo aver indicato le caratteristiche degli operatori pastorali (vedi riquadro a fianco) don Tarcisio, facendo il punto sulla situazione attuale, ha sottolineato la ricca tradizione di formazione degli operatori pastorali nella nostra diocesi. Per alcuni decenni è stato attivo il Corso per Operatori Pastorali (COP), che ha aiutato a far crescere una mentalità di corresponsabilità per molte migliaia di fedeli.
Per anni poi, e ancora oggi, la punta di diamante del progetto formativo in Diocesi è stata la Scuola di teologia, ora Istituto superiore di scienze religiose, con numeri di partecipazione sconosciuti a comunità ben più grandi della riminese.
Dopo il convegno di Verona, e dopo un’attenta verifica del COP, si è dato vita da due anni ad un nuovo e globale progetto diocesano di formazione, con la nascita della Scuola diocesana per operatori pastorali (SDOP), che si sviluppa in un biennio. Su questo progetto, complesso e articolato, è ora necessaria un’attenta verifica.
Don Tarcisio poi ha elencato gli elementi emersi negli incontri di vicariato, che meritano di essere elencati in un secondo articolo. Certo quello che trova d’accordo tutti è che i preti sono ormai oberati e rischiano di essere sommersi dalle cose da fare. La complessità della situazione provoca affanno e talvolta frustrazione. Appare sempre più evidente a tutti che una pastorale imperniata solo sul prete, anche se carismatico, non regge più. Bisogna puntare sulla formazione del laicato, combattendo la tentazione del clericalismo, e sulle unità pastorali o comunque sulla pastorale integrata. Il clericalismo è di ostacolo alla formazione e valorizzazione dei laici. Al contrario, puntare sul laicato è vitale per l’evangelizzazione. Ne riparleremo. (GvT)