Nell’agenda di don Gualtiero Bondi al primo posto degli impegni pastorali c’è la nascita della scuola media salesiana. Su questa incombenza il direttore-parroco di Maria Ausiliatrice ha ricevuto dall’Ispettoria adriatica precise sollecitazioni. Rimini è considerata una “piazza” interessante sotto il profilo scolastico; ma la realizzazione dell’impresa ovviamente non è semplice. Tra le maggiori difficoltà c’è, innanzi tutto, l’ambiente: l’istituto danneggiato dalla guerra è stato solo rattoppato alla meglio. Le esigenze di una scuola, con relativo “internato”, necessitano di un riassetto totale dell’edificio; che va trasformato, ingrandito e reso funzionale alla didattica. Poi ci sono gli insegnanti: dove reperirli? Tra i laici? È necessario procedere con cautela. Infine il grosso ostacolo rappresentato dalla “politica”. Rimini, si è visto nelle elezioni del 18 aprile 1948, è una città “rossa” e in questo momento qualsiasi iniziativa cattolica è osteggiata duramente.
«Don Bosco ci assista e faccia prosperare la nostra scuola»
Nonostante le difficoltà don Bondi va avanti nel progetto a testa bassa, come è nel suo stile. Sulla “Cronaca della Casa” si accenna ad una serie di «lotte» sostenute «per il buon nome della scuola» e a «soprusi» ricevuti da parte di un preside delle medie di città. Bazzecole, che non rallentano i propositi del direttore-parroco. Predisposti gli ambienti, acquistati i banchi e la mobilia necessaria, a settembre il salesiano pubblicizza le iscrizioni presso tutte le parrocchie della diocesi e chiede aiuto e collaborazione a tutti i parroci del circondario. La sua vitalità incontra delusioni e momenti di sconforto. Ma il 18 ottobre 1948, seppure con diversi giorni di ritardo rispetto alla data preventivata, la scuola media dei salesiani di piazza Tripoli apre i battenti. Il numero degli iscritti è irrisorio: «dieci scolari in piena regola e tre fuori corso». Il debutto non corrisponde alle attese, ma la fiducia che sorregge l’azione di don Bondi è grande. «Gli inizi – troviamo scritto sulla “Cronaca” – sono sempre penosi. Don Bosco ci assista e faccia prosperare la nostra scuola».
Il corpo docente di quel primo sparuto gruppetto di studenti è formato da Wladimiro Silvagni, un exallievo di don Bosco fresco di laurea in lettere, da sempre vicino all’ambiente cattolico riminese; da don Celso Masper, insegnante di matematica e catechismo e da due laici per le materie di disegno e ginnastica, che saranno reperiti solo nel mese di dicembre. Preside è don Gualtiero Bondi.
Un inizio faticoso e sofferto che procederà a stenti per alcuni anni. Ma a partire dall’ottobre del 1953, con l’avvenuto riconoscimento legale dell’intero corso di studi da parte del ministero della pubblica istruzione, le iscrizioni alla scuola media “Don Bosco” aumentano vertiginosamente di anno in anno fino a raggiungere la vetta, nel 1958, di 200 alunni. Una cifra, questa, che per l’istituzione del “numero chiuso” delle immatricolazioni rimarrà più o meno costante fino alla metà degli anni Sessanta.
Così Fabio Zavatta, un allievo della “Don Bosco” di quegli “eroici” anni Cinquanta – che sarebbe diventato preside del Liceo classico “Giulio Cesare” di Rimini -, rievoca i suoi tre anni di scuola media: «Anni preziosi per la mia preparazione complessiva. Mattino, lezioni; pomeriggio, studio obbligatorio. Tante ore passate insieme ai compagni e agli educatori; anche giocando e in allegria. E poi il Coro, importante, impegnativo, gratificante; con un Maestro di prim’ordine: quel don Masper che all’insegnamento della matematica alternava, con grande passione ed entusiasmo, la musica e la direzione del Coro, di cui orgogliosamente facevo parte. Di quel periodo mi mancano tanti nomi, sepolti negli strati profondi della memoria; ma i volti li rivedo tutti ancora nella mente ed ogni tanto li riscopro in questo o quel passante, camuffati dal tempo. Da allora gli anni si sono affastellati uno sull’altro ad un ritmo impressionante, ma il dono prezioso della scuola media ai Salesiani, ha segnato profondamente tutta la mia vita, ponendo le premesse fondamentali dei miei impegni futuri sia nel campo sociale che professionale».
La crisi della scuola salesiana
Con l’anno scolastico 1956-’57, gli alunni della “Don Bosco” si insediano nel nuovo Palazzo degli studi, voluto da don Gualtiero Bondi e portato a compimento da don Angelo Garbarino. Aule grandi, luminose, pulite e … tanto spazio per tutti. L’organigramma della scuola prevede: due prime medie, due seconde medie e due terze medie. L’orario scolastico è scandito da tre ore di lezione al mattino e due al pomeriggio, cui seguono le attività ricreative e parascolastiche con doposcuola assistito dagli stessi insegnanti del mattino fino alle ore 19 (1).
Tutto bene fino al 1965. A partire da quell’anno la “Scuola di piazza Tripoli” inverte la rotta ed entra in crisi e nel calo annuale delle immatricolazioni si cela il dramma del disfacimento dell’istituzione scolastica salesiana. Nel 1966-67 la “Don Bosco” registra 185 alunni; nel 1967-’68, 172; nel 1968-’69, 146; nel 1969-’70, 96; nel 1970-’71, 64. Tenuto conto dell’inarrestabile discesa delle iscrizioni, nella primavera del 1970 la comunità salesiana riminese comincia a ipotizzare l’interruzione dell’insegnamento. Varie le cause della ostile congiuntura; tra queste la riforma della scuola media, che ha determinato un curriculum di studi decisamente più agevole; il criterio consolidato della non selettività dello studio e la conseguente promozione generalizzata; la moltiplicazione delle scuole statali e non ultime le inquietudini del mondo studentesco che con i loro riflessi ideologici e populisti minano la legittimità delle scuole private gestite dai preti.
Nel settembre del 1971 il declino tocca il fondo: i salesiani stentano a racimolare i ragazzi per la composizione di una nuova prima; riescono a costituirla in “formato ridotto” unicamente per evitare di spezzare la completezza del corso nelle sue tre classi. Decidono, tuttavia, di sigillare l’ultimo anno di insegnamento. Nel settembre del 1972 non vengono aperte le immatricolazioni e gli alunni di seconda e terza sono “ceduti” alla giurisdizione della Scuola media statale n. 4. In base ad accordi presi con il preside della statale, gli ex allievi dei salesiani mantengono sia l’integrità della classe che il luogo delle lezioni, che continua ad essere l’istituto salesiano. E questo ambiente, a partire da quell’anno e per vari lustri, sarà la “succursale di marina” della Scuola media n. 4. I salesiani manterranno un contatto con la scuola attraverso l’insegnamento della religione, compito che spetterà di diritto al direttore dell’oratorio.
Il vescovo di Rimini, mons. Luigi Santa, celebra la messa dell’oratorio femminile
Torniamo al 1948. L’8 dicembre, giorno di Maria Santissima Immacolata, si festeggia il XXV della venuta delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Rimini. La ricorrenza, annunciata da manifesti e locandine e da articoli sui giornali, inizia con un ciclo di conferenze tenuto da don Antonio Coiazzi direttore della “Rivista dei Giovani” nei giorni 6 e 7 dicembre. L’8 mons. Luigi Santa, vescovo di Rimini, celebra la messa dell’oratorio femminile; don Marino Travaglini, il salesiano che per primo vide la casa delle suore distrutta dai bombardamenti, quella delle 10, delle exallieve; don Antonio Gavinelli, primo direttore e parroco dell’Opera salesiana riminese, nonché artefice della presenza sul lido di Rimini delle Figlie di Maria Ausiliatrice, quella cantata delle 11.
Alle 16 e 30, dopo la benedizione eucaristica impartita dal vescovo, l’on. Raimondo Manzini, direttore dell’ “Avvenire d’Italia”, tiene la commemorazione del Venticinquesimo nel teatro dei salesiani. Il salone è pieno di oratoriane e di exallieve. Non un posto libero. Al centro della prima fila il vescovo Santa e la madre ispettrice. Tante le autorità. Sul palco, adornato di fiori, troneggia «la bella statua dell’Immacolata del Duomo di Rimini, illuminata da fortissime lampade». L’oratore è introdotto da don Coiazzi. «Il discorso dell’on. Manzini – è scritto sulla “Cronaca della Casa” delle Figlie di Maria Ausiliatrice – è un capolavoro letterario di semplicità sulla vita salesiana». Dopo l’intervento, applauditissimo, del conferenziere è il vescovo che proferisce qualche parola. Il suo è un attestato di ringraziamento rivolto alle Figlie di Maria Ausiliatrice per l’opera meritoria che svolgono in diocesi. Terminata la cerimonia evocativa, le autorità si trasferiscono nella casa delle suore per il rinfresco e per la visita ai locali. Alle 20.30, a chiusura della giornata, «riuscitissima nonostante la neve e il freddo», c’è lo spettacolo teatrale della “Filodrammatica Don Bosco”: “Il povero, l’ozioso, il vagabondo”.
Note
1) Per alcuni anni i salesiani dettero vita anche a una IV e a una V elementare.