L’Università vive un momento particolare: da un lato la Riforma Gelmini, dall’altro la Riforma dello Statuto di Ateneo dell’Alma Mater. Cosa accadrà?
“Entro il 29 luglio 2011 dovrà essere approvato dall’Università di Bologna il nuovo Statuto di Ateneo dell’Alma Mater Studiorum, adeguato alle indicazioni della Legge Gelmini, approvata dal Parlamento italiano lo scorso dicembre. La Legge Gelmini si prefigge essenzialmente alcuni obiettivi strategici: un più efficiente governo delle università, con strumenti più snelli; un rapporto più dinamico tra sistema produttivo e università, saldando la ricerca scientifica con la didattica; una riduzione significativa dei tanti corsi nati dalla precedente Riforma.
In questo quadro si innesta il tema del disegno strategico che può essere assolto dal Multicampus romagnolo: l’Art.1 Comma 2 della Legge permette la stipula di un Accordo di Programma tra MIUR, Ateneo e Realtà Locali Romagnole che consentirebbe di portare a compimento il ventennale percorso di radicamento del Multicampus in Romagna”.
Quali conseguenze avrà questo accordo?
“Almeno tre. La valorizzazione delle identità di ciascuna sede, attraverso l’individuazione di un numero di strutture di primo livello compatibile con le vocazioni di ogni singola realtà territoriale. Poi il perseguimento di una «ragionevole» autonomia gestionale e finanziaria a livello locale: in particolare andranno garantiti eguali standard nell’erogazione dei servizi agli studenti, nonché una autonoma capacità di relazione e iniziativa nei confronti degli Enti di Sostegno e delle articolazioni del territorio. Infine, la garanzia del radicamento del corpo docente e del personale tecnico amministrativo presso le sedi di servizio e di lavoro, affinché si possano creare le condizioni di sviluppo delle carriere dei docenti e dei ricercatori in sintonia con le eccellenze del territorio”.
In sostanza, che cosa chiede il Polo di Rimini all’Alma Mater?
“Qualunque sia la forma organizzativa e amministrativa che potranno assumere gli insediamenti universitari in Romagna, è necessario valorizzare le esperienze positive sin qui fatte. Rimini chiede una ragionevole autonomia nella gestione delle risorse, nella programmazione e nella ricerca, che renda attraente la sede riminese per docenti che vi sono e vi saranno incardinati, nella prospettiva di un radicamento reale. Un fatto che dipende dalla chiara riaffermazione della scelta policentrica; dalla conseguente realizzazione di strutture (dipartimenti o loro articolazioni) conformi alle diverse realtà di didattica e ricerca presenti a Rimini nei settori ritenuti strategici; dalla definizione del problema dell’incardinamento (diritti e doveri dei docenti impegnati a Rimini)”.
Su quali direttrici si potrà sviluppare il Polo di Rimini?
“Sono tre le principali aree scientifico-culturali e operative che potrebbero costituire punti di aggregazione organizzativa delle attuali numerose iniziative, e che potrebbero anche rappresentare aree di investimento strategico in grado di connotare l’insediamento riminese sul piano scientifico, didattico e del trasferimento tecnologico: area scientifica relativa al benessere; area economica legata al turismo; area della moda”.
Nel dibattito che lei ricordava, si è alzata qualche voce che ha chiesto altre Facoltà, altri Corsi per Rimini. È una strada percorribile?
“Direi di no, in questo momento è decisamente impraticabile: in primis per un blocco generalizzato dello sviluppo dei corsi universitari, anzi: la Legge Gelmini spinge nella direzione opposta, verso una riduzione del numero dei corsi. Dall’altro lato, invece, c’è una ragione storica: Rimini ha sviluppato temi in armonia con il tessuto economico del territorio e, secondariamente, non era possibile creare doppioni di Facoltà o Corsi già esistenti negli altri Poli della Romagna che erano sorti prima”.
Sulla stampa in queste settimane si è letto tutto e il contrario di tutto. Come vi sentite rispetto al territorio per il quale state lavorando?
“Mi piace sottolineare che in questi anni il lavoro di Uni.Rimini S.p.A. è stato accompagnato da un dialogo aperto con le istituzioni della nostra città – Comune, Provincia, Camera di commercio, Fondazione – ma anche con tutta la società civile e la business community. Mi è sembrato molto significativo, per esempio, che le Associazioni di Categoria di Rimini, il Presidente di Confindustria Rimini, le più importanti griffe delle aziende moda del territorio (Aeffe, Fuzzi, Francoise Girbaud, Virginia, Jo No Fui, Gilmar) e lo stesso Vescovo abbiano indirizzato una serie di lettere al Rettore Ivano Dionigi con il desiderio di rafforzare la posizione del Polo Universitario di Bologna a Rimini, entrando in dialogo con le istituzioni centrali bolognesi”.
Un’accelerazione notevole allo sviluppo del Polo è stata data anche dall’internazionalizzazione della sede di Rimini.
“Oltre all’attività di RCEA – The Rimini Centre for Economic Analysis, che dal 2007 svolge attività di ricerca scientifica indipendente nell’ambito dell’economia applicata, della teoria economica e dei connessi campi di ricerca, voglio evidenziare tre punti: la partecipazione dei nostri studenti al programma Erasmus, alla vita e alle dinamiche dei corsi di laurea stranieri; il protocollo d’intesa con la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Mosca; la recente partecipazione di dieci studenti del corso di Laurea in Economia ad un incontro interuniversitario a Friburgo: un workshop di dieci giorni, un progetto finanziato dall’Unione Europea, e che ha visto assieme il Polo Scientifico-Didattico di Rimini, il Birbeck College dell’Università di Londra, l’Università di Vilnius e l’Università di Friburgo”.
Quale obiettivo desiderate traguardare?
“La nostra aspirazione è che, alla luce della Riforma Gelmini, la Didattica sia sempre accompagnata dalla Ricerca, perché sono complementari. Vogliamo rafforzare il quadro esistente, cercando di fare in modo che Rimini sia sede di Didattica e di Ricerca attraverso strumenti diversi. Penso in primis ai Dipartimenti, ma non in maniera esclusiva. Ci sono le Scuole a fini Speciali come quella riservata all’area Moda, oppure anche altre ipotesi di Dipartimento che nascono da collaborazioni interterritoriali come quello di Economia tra Rimini e Forlì o di Tecniche Ambientali tra Rimini e Ravenna. La dimensione fondamentale che in ogni caso andrà salvaguardata è la compresenza nel nostro Polo tanto della Didattica quanto della Ricerca. La vecchia riforma, negli anni ’80, aveva separato le due aree – le Facoltà impegnate nella Didattica, i Dipartimenti nella Ricerca – ora invece sono nuovamente riunite nel Dipartimento, che può essere a mono sede o con sedi sparse sull’intero territorio dei Poli della Romagna”.
Quali aspettative ha sui prossimi tre anni di mandato?
“Dovremo finalizzare tutto il lavoro fatto in questi anni, puntando a risultati importanti, promuovendo l’unità tra gli attori pubblici e privati che possono contribuire a costruire questo progetto. In questo modo, nonostante il passaggio difficile ma necessario che l’Università italiana sta attraversando, potremo aprire nuovi ed importanti scenari”.