È questione di una “o” e di una “u”, Molini o Mulini. Il parroco mi spiega.
“San Martino dei Molini, con la «o», indica la parrocchia, mentre San Marino dei Mulini, con la «u», è la località, frazione del comune di Santarcangelo di Romagna”.
Qui il parroco è don Paolo Lelli, 48 anni, già parroco a Gemmano, ed ora a servizio di questa comunità di circa 1.700 abitanti, stretta fra il fiume Marecchia e la via Marecchiese.
“Sono arrivato in questa parrocchia tre anni fa e ancora ringrazio il vescovo Francesco per aver accolto la mia richiesta di poter vivere in fraternità con un amico sacerdote. Tale fraternità è stata possibile col parroco viciniore, don Giuseppe Maioli, col quale condivido l’abitazione, momenti di preghiera e di convivialità, la riflessione e le iniziative pastorali, gli incontri ed il confronto con altri presbiteri. Come ha ricordato il Papa un mese fa «La vita comune (…) esprime un aiuto che Cristo dà alla nostra esistenza, chiamandoci, attraverso la presenza dei fratelli, ad una configurazione sempre più profonda alla sua persona» (discorso alla Fraternità san Carlo Borromeo 12/2/2011)”.
Da Gemmano a San Martino: come ti trovi?
“Molto bene, con tutti i vantaggi che offre una parrocchia con pochi abitanti: poter avere tempo per la preghiera, lo studio, la meditazione personale, senza l’affanno di dover correre ovunque… Ho più spazio per l’ascolto della gente e la visita alle famiglie… Sì, ringrazio il Signore ed il Vescovo perché questa situazione mi permette di vivere serenamente il mio sacerdozio”.
Entrando nel vivo del nostro colloquio, illustraci qualche dettaglio della tua parrocchia.
“Vedo e constato in questa parrocchia un clima sereno di fede e di carità fattiva, attenta ai poveri, ai malati, a chi si trova in difficoltà. Non mancano a volte momenti di tensione, ma fino ad ora tutto si è sempre ricomposto fraternamente”.
Come definiresti il tuo modo di fare pastorale.
“Ho cercato di mettere al centro di ogni mia attività l’amore a Cristo e alla sua Chiesa declinandolo in ogni ambito della pastorale. Sono convinto che lo Spirito Santo sia continuamente all’opera e a me è chiesto di riconoscere quello che Lui compie sia attraverso di me, sia indipendentemente da me. Non credo che la pastorale abbia bisogno di un «piano». C’è già la realtà che indica il cammino attraverso i tempi liturgici, i fatti che accadono, le indicazioni del Papa e del Vescovo”.
Proviamo ad approfondire qualche ambito specifico. Per esempio il lavoro con le famiglie.
“Preparo personalmente le coppie che desiderano sposarsi, anche perché sono talmente poche che tale impegno non risulta gravoso ed è occasione per un rapporto personale coi fidanzati. Per le famiglie in generale ho organizzato alcuni incontri mensili al fine di approfondire il tema dell’emergenza educativa e ho intenzione di renderli stabili per tutto l’anno pastorale”.
Anche perché l’impegno educativo ci accompagnerà per il prossimo decennio…
“E, ancora di più, ci stimola il prossimo Convegno Diocesano sull’educazione. Così sono impegnato, insieme al Consiglio Pastorale Parrocchiale, a verificare gli itinerari formativi esistenti e a consolidare le pratiche educative in atto, aiutato anche dal materiale che sarà prodotto dal Convegno stesso”.
Spesso, parlando di educazione, la nostra attenzione si rivolge solo ai bambini e ai giovani, ma, coi tempi che corrono, non sarà necessario prestare attenzione anche agli adulti?
“Ne sono convinto, perché senza adulti non si educano neanche i giovani. In questi anni ho fatto diversi tentativi proponendo catechesi e incontri sull’enciclica Deus caritas est, sulle letture della liturgia domenicale, su temi legati all’educazione dei figli, ma purtroppo la risposta non è stata molto incoraggiante. Comunque non smetterò di tentare strade sempre nuove per aiutare i miei parrocchiani ad essere adulti nella fede e missionari in tutti gli ambiti di vita.
Desidero ricordare anche i Centri di Ascolto del Vangelo che si tengono ogni anno in diversi luoghi della parrocchia fin dal 1998 nel tempo quaresimale”.
Un capitolo sempre problematico e di cruciale importanza è quello dei giovani …
“Seguo con molta attenzione e con grande investimento di tempo e di energie la catechesi ed il ritrovarsi dei giovani, perché ritengo che essi siano la speranza della parrocchia e non mi voglio rassegnare al fatto che dopo la Cresima spariscano dalla chiesa. Attualmente ci sono tre piccoli gruppi: il post-cresima, il biennio delle superiori ed il triennio con qualche universitario. Alcuni di questi giovani ci danno un prezioso contributo nell’animazione dei gruppi di catechismo”.
Hai qualcuno che ti aiuta?
“Purtroppo no. In effetti faccio fatica a seguire questi gruppetti che, pur essendo piccoli, chiedono comunque tanta energia, pazienza, amore per sostenerli nei loro rispettivi cammini. Sto chiedendo agli adulti più affezionati alla parrocchia di aiutarmi e qualcuno comincia a farsi avanti”.
Parrocchie come la tua hanno la fortuna di poter godere di grandi spazi all’aperto per l’aggregazione ed il gioco dei bambini. Anche qui vedo campi da gioco a fianco della chiesa. Li usate molto?
“Quando il tempo lo permette, sono sempre pieni di ragazzi. Poi, come vedi, essendo aperti, sono sempre accessibili a tutti. Del resto, nella nostra frazione, ci sono poche strutture sportive, per cui molti vengono a giocare qui.”
Ci sono altri ambiti aggregativi?
“Abbiamo il Circolo ACLI, collocato proprio qui, di fronte alla chiesa, che raccoglie persone di tutte le età e collabora, in diverse occasioni, alle iniziative della parrocchia.”
Già che parliamo di gioco, ho notato, passando di qui in estate, che c’è gran fermento per una “Festa delle Contrade”. Di che si tratta?
“È una iniziativa che da vent’anni esatti, nel cuore dell’estate, richiama un migliaio di persone in parrocchia. A tale scopo è stata costituita un’Associazione chiamata «Club Araba Fenice». Nata per ricordare alcuni giovani defunti, la festa è arricchita da competizioni fra le quattro Contrade in cui è stata idealmente suddivisa la parrocchia. Sorprende come ci siano tanti giovani e adulti disposti a mettersi in gioco, a scendere in piazza, a coinvolgersi in gare e spettacoli. Lo scopo della festa è quello di unire tutti, al di là delle diversità politiche o ideologiche, ed è occasione per incontrare tantissime persone. Gran parte del denaro che viene raccolto è devoluto per opere benefiche”.
Una storia di quattro secoli, quella della parrocchia di San Martino dei Molini; secoli contrassegnati da figure di parroci di grande spessore umano e spirituale, come don Serafino Tamagnini, la cui memoria è ancora viva nel cuore di tanti parrocchiani.
E il presente capitolo ha appena iniziato a scriverlo don Paolo. Gli auguriamo che sia un capitolo lungo e fecondo.
Egidio Brigliadori
Nella foto, la chiesa di San Martino dei Molini