Un fiume di storia scorre su questa collina di Covignano, fra San Fortunato e San Lorenzo a Monte. Storia civile e storia religiosa, antica e meno antica: storia di Pieve (S. Lorenzo) e quindi di popolazioni rurali; storia di monaci (S. Fortunato) raccolti nel monastero di S. Maria di Scolca.
“Erede” di questa storia, almeno dal punto di vista ecclesiale, è don Renzo Rossi, già abituato all’antichità, per essere stato parroco alla Pieve di San Salvatore fino al 1998.
San Lorenzo e San Fortunato: due storie diverse nel passato, una storia più simile nel presente. Una storia però, quella antica, che ti impegna dal punto di vista tecnico-conservativo e culturale.
“L’ubicazione della parrocchia in un territorio denso di storia e di spiritualità è motivo di orgoglio e di responsabilità. Le azioni che qui si generano non possono prescindere dallo spirito del luogo; i segni e i simboli abbondantemente presenti nella chiesa di San Fortunato, nel museo di Scolca e la tradizione Olivetana sono fonte di ispirazione e di approfondimento e vengono coniugati con lo spirito del nostro tempo”.
Così i tuoi compiti li possiamo collocare su tre piani: quello pastorale, innanzitutto, per essere stato inviato qui per la cura spirituale di questa popolazione.
“Certamente. Ma come ti dicevo, senza prescindere dal passato e dalla tradizione. Il tema che guida la nostra comunità è: «Riappropriamoci della Tradizione». Dobbiamo riprendere in mano e fare nostro tutto quel patrimonio umano, storico, artistico e spirituale che ha caratterizzato la storia della chiesa di San Fortunato, sede dell’antica Abbazia di Santa Maria Annunziata Nuova di Scolca e della Pieve di San Lorenzo. Riprendiamo in mano e facciamo nostri quei valori che hanno caratterizzato le nostre famiglie e hanno dato loro un volto cristiano. Ridiciamoci, e ridiciamo agli altri, la nostra fede, motivando le ragioni di essa e sentendoci «missionari». Riprendiamo in mano e facciamo nostri i rapporti con i vicini di casa, superando le nostre belle «siepi» e diventiamo visibili gli uni gli altri, per vivere rapporti veri di solidarietà, di amicizia e di comunione. E non per ultimo abbiamo bisogno di dare un volto unico di parrocchia alle due comunità, che in passato si sono sentite lontane tra loro e un po’ abbandonate”.
E come può essere tradotto in atto questo programma ideale?
“Mettiamo in primo piano le relazioni e la famiglia. È un punto di forza la conoscenza delle famiglie con la visita annuale per la benedizione pasquale, la visita agli anziani e ai malati, cogliere ogni occasione, lieta o triste, per essere vicino alle famiglie. E poi quali occasioni migliori di incontro tra i parrocchiani delle feste tradizionali? Il 10 agosto per la festa di San Lorenzo, diacono e martire; l’ultima domenica di maggio per la festa della Madonna e delle famiglie e la prima domenica di ottobre per la festa di San Fortunato vescovo”.
La famiglia è un nodo decisivo, anche se problematico, nella pastorale di oggi.
“Certamente le famiglie costituiscono la realtà portante della parrocchia. Si cerca di aiutarle a prendere sempre più coscienza della loro identità: «Famiglia, diventa ciò che sei», e ad essere oggetto e soggetto di evangelizzazione. Gli incontri di catechesi e formazione, la santa Messa festiva, i campeggi, le feste, consumare i pasti insieme in alcune particolari circostanze, stabilire rapporti di amicizia, favorire gli incontri anche nelle proprie case, servono a far crescere nella consapevolezza di camminare insieme in una significativa e belle esperienza di fede e di Chiesa. Anche la catechesi dei bambini è occasione per cercare di coinvolgere i loro genitori”.
Oltre agli “strumenti” tradizionali della pastorale, come ci hai appena descritto, alla luce dello slogan “Riappropriamoci della tradizione” stai cercando di valorizzare anche gli aspetti artistici e storici ai fini della crescita spirituale.
“Sicuramente questo è un valore aggiunto che non possiamo e non vogliamo trascurare. Prima di diventare la parrocchia di San Fortunato, dobbiamo ricordare che per circa quattro secoli questa struttura e questa chiesa sono state abbazia e chiesa benedettine degli Olivetani (così detti dalla loro sede principale a Monte Oliveto Maggiore – Siena). E i Benedettini, lo sappiamo bene, hanno sempre amato e curato la Liturgia più di ogni altra cosa, perché è la vera «Opus Dei», l’opera di Dio. La lode e il culto a Dio sono fondamentali nella vita dei monaci, ma anche di noi cristiani. Per questo nella nostra chiesa ogni celebrazione è sempre molto curata nei gesti e nei segni. Chi entra in chiesa deve cogliere in essa l’armonia, l’ordine, la bellezza … che sono opera di Dio. Ogni celebrazione deve esprimere la gloria e la maestà di Dio e tutti i nostri sensi devono aprirsi a cogliere il Mistero. È da questa idea di Liturgia che è nato il Coro parrocchiale (1998), il restauro dell’Organo di G. Callido del ’700 e, ultimamente (2009) la Cappella Strumentale di Scolca, con l’intento di riportare in auge la musica antica all’interno delle celebrazioni e delle cerimonie sacre legate all’Abbazia stessa”.
Fare riferimento ai Benedettini significa non solo spiritualità, ma anche cultura.
“In ossequio al prezioso e tangibile patrimonio storico e artistico benedettino, abbiamo recuperato un collegamento proficuo con l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, con visite, incontri e celebrazioni nella nostra chiesa con l’Abate Generale, per tenere viva e coltivare la dimensione contemplativa della vita. Dal 2001 al 2005 il Centro culturale di spiritualità monastica «Benedetto e Scolastica»ha promosso una serie di incontri e conferenze sulle forme storiche, culturali e spirituali del monachesimo, ripensate nelle loro molteplici implicazioni nel tempo presente. Degna di nota, nella prospettiva culturale, è l’Accademia di Scolca, gruppo di ricerca e approfondimento delle tematiche cristiane. Le sacre rappresentazioni de I Venerdì di Scolca riflettono due suoi valori fondamentali: il recupero della tradizione spirituale e artistica del luogo e la valorizzazione dell’uomo nella varietà del suo essere”.
Ed è sorto anche un Museo e diverse pubblicazioni.
“Sì, dal materiale prodotto sono state fatte anche diverse pubblicazioni. In particolare, dalla ricerca storica, è nato il volume Santa Maria di Scolca, Abbazia Olivetana di Rimini, curato dal Centro Storico Benedettino Italiano con sede alla Badia di Santa Maria del Monte a Cesena.
L’idea del Museo, ove raccogliere e custodire i molti oggetti antichi e preziosi, che ho trovato quando sono venuto a San Fortunato, è realtà dal 25 ottobre 2008”.
Abbiamo parlato molto di San Fortunato, ma merita spendere qualche parola anche per San Lorenzo a Monte.
“Ciò che si fa per San Fortunato lo si fa anche per San Lorenzo. Queste due parrocchie ormai sono una sola comunità.
San Lorenzo ha una storia diversa, più antica di San Fortunato, ma anche più difficile da recuperare, per mancanza di documenti scritti. Per questo abbiamo effettuato una serie di scavi all’interno della chiesa per andare alle origini, studiando le pietre. Purtroppo al momento non abbiamo più soldi per andare avanti con gli scavi, per cui la chiesa di San Fortunato è diventata l’unica chiesa accessibile”.
Abbiamo presentato con abbondanza di dettagli gli aspetti pastorali, culturali, storici di queste due chiese. Per concludere possiamo dire due parole sulla conformazione sociale di questo territorio?
“Il territorio è molto vasto: San Fortunato si estende prevalentemente sul colle di Covignano (collis vinearum), mentre San Lorenzo è più adagiato sul piano. A parte due antichi e piccoli agglomerati, e due di recente costruzione, entrambi ubicati nel territorio di San Lorenzo, il resto delle abitazioni è distribuito sul territorio in modo disorganico. San Fortunato conta 225 famiglie per un totale di 625 abitanti, mentre San Lorenzo conta 345 famiglie per un totale di 950 abitanti.
Va detto che da quando la chiesa di San Lorenzo a Monte è chiusa per restauri (1994), i servizi religiosi e le attività pastorali si svolgono a San Fortunato”.
Dal “colle delle vigne” dell’antichità, al “colle delle ville” dei tempi di oggi, la storia ha sempre qualcosa da insegnarci perché rimane pur sempre “maestra di vita”.
Egidio Brigliadori
Nella foto, l’Abbazia di Scolca di Covignano