I giovani, ci dice l’ultima indagine del “Rapporto Italia 2011” dell’Eurispes, mostrano il più alto tasso di sfiducia verso le istituzioni degli ultimi 7 anni. Non si fida infatti delle istituzioni il 69,7% dei giovani tra i 18 e i 24 anni e il 71% degli intervistati tra quelli che hanno tra i 25 e i 35 anni di età.
Appare così una presa di distanza soprattutto delle nuove generazioni verso la politica che si vede distante dai problemi che quotidianamente si affrontano per costruire il proprio futuro. Una dichiarazione dell’Eurispes commenta che risulta “difficile non collegare la sfiducia espressa dai più giovani con il disagio crescente espresso in forme intense nel corso di questi ultimi mesi. Sono proprio i giovani che subiscono l’incertezza e vivono la difficoltà di trovare un’occupazione e progettare il proprio futuro e attribuiscono alle Istituzioni e al Governo in generale l’incapacità di costruire opportunità”.
Si possono rintracciare due cause di questa distanza: la prima riguarda l’incapacità di affrontare i problemi reali con una visione che guardi al futuro; la seconda tocca invece alla scarsa comunicazione tra cittadini e loro governanti.
Per quanto riguarda la prima causa in particolare la mancanza di chance per costruire la propria vita sicuramente è fonte di grave incertezza per i giovani. Si aggiunga poi la difficoltà a vedere prospettive, quando si osserva un Paese fermo, più interessato a mantenere un suo equilibrio traballante che ad investire per il futuro.
Per quanto riguarda la seconda causa occorrerebbe invertire un trend iniziando un processo inverso e lungo che porti a recuperare la relazione tra eletti ed elettori, contrastando invece quel processo di mediatizzazione della politica, nel quale i leader delle forze parlamentari gareggiano per guadagnarsi spazi in tv per perdere poi il rapporto con i cittadini e con esso il polso dei problemi reali che essi affrontano nella quotidianità.
La mediatizzazione ha finito per alimentare a dismisura la distanza della società in carne e ossa da una “casta” come è stata chiamata tempo fa da un libro di successo. I componenti di questa casta poi coltivano illusioni di onnipotenza, perdendo il senso della realtà, finendo poi per cadere vittime della stessa realtà mediatica di cui si nutrono. E gli eventi descritti dalla cronaca che mostrano i segnali di un “disastro morale” certamente non aiutano a recuperare una relazione.
Il superamento del disagio morale, più volte ripreso dai nostri vescovi e sottolineato anche nelle conclusioni del recente Consiglio permanente della Cei, appare così come un primo passo per costruire un nuovo volto della politica e richiede una presa di coscienza condivisa e collettiva, perché sia possibile cambiare strada.
I politici dovrebbero scendere dal piedistallo dei media e tornare nei luoghi delle relazioni faccia a faccia o non riusciranno a ricucire lo strappo, con conseguenze non prevedibili.
Andrea Casavecchia