Gianni ha 40 anni suonati e più di metà della sua vita l’ha spesa tra illegalità, tossicodipendenza e carcere. Proprio la sua lunga lista di reati legati alla droga lo ha condotto tra le sbarre. Quando la sua esistenza sembrava senza speranza, costretta all’abruttimento, Gianni ha intravisto una possibilità: entrare in comunità, almeno per sfuggire alla realtà della galera. L’adesione piena alla proposta incontrata nella Papa Giovanni XXIII gli ha fatto rialzare la testa e battere il cuore al ritmo del desiderio di una nuova vita. Nel mezzo del cammin, Gianni non è più stato solo, sostenuto dagli amici della comunità.
Angela è più giovane, i 30 anni sono ancora lontani. Gli abusi di sostanze però sono una lunga lista, contrappuntata da delusioni, cadute e lacerazioni per un tessuto familiare quanto meno disastrato. Genitori separati, nuovi conviventi, e fratelli nati dalle successive unioni, e Angela incapace di raccapezzarsi. Una confusione non solo affettiva, per una ragazza che aveva bisogno di ricostruire una famiglia che unita come la desiderava lei non esisteva più. Per fortuna ha preso in mano la sua vita bussando alla comunità di recupero e i risultati sono alla luce del sole. Non c’è lacerazione che non consenta una resurrezione.
Angela e Gianni sono due dei 112 ragazzi che sono usciti dal tunnel. Ed ora fanno giustamente festa insieme ad amici, parenti e familiari. Fanno festa fuori dalla dipendenza, per affrontare la vita a viso aperto e con la gioia nel cuore. Persone ritornate alla luce, dopo aver vissuto per troppo tempo il dramma della schiavitù. Per 112 ragazzi quella alla parrocchia riminese della Grotta Rossa è stata festa doppia. Un nuovo inizio.
Secondo la tradizione iniziata più di vent’anni fa dal fondatore don Oreste Benzi, il 26 dicembre si celebra la “festa del Riconoscimento”, una messa solenne con cui la comunità gioisce alla mensa di Cristo per i ragazzi, le ragazze e gli uomini che hanno terminato i tre anni del percorso di recupero dalla dipendenza.
Il Riconoscimento è stato celebrato per 112 persone, tra cui una ventina provenienti dalle comunità in Bolivia, Brasile, Cile e Croazia. Gli altri arrivano da tutt’Italia, compresi qualche riminese e diversi romagnoli. In gran parte sono uomini, una ventina le donne. Il più giovane è un ragazzo di appena 18 anni, il più maturo ne ha 52, arrivato alla Grotta Rossa dopo aver cercato per una vita rifugio negli stupefacenti. Storie di ordinaria disperazione.
A presiedere la messa c’era mons. Giovanni Tonucci, arcivescovo di Loreto. Accanto a lui i “don” storici della comunità Papa Giovanni XXIII, don Elio Piccari e don Nevio Faitanini, insieme a don Aldo Buonaiuto. Mons. Tonucci si è ripetutamente rivolto direttamente ai ragazzi, ai genitori e ai familiari: “per voi è una nuova nascita”, “il vostro è un ritorno in famiglia e nella società, perché il vostro progetto di vita prosegua e si realizzi”. La carica dei 112 è proseguita con la recita della formula con la quale si impegnano a essere fedeli a verità e giustizia e alle relazioni sincere con le persone. Ciascuno di loro poi ha ricevuto dalle mani dell’arcivescovo di Loreto il rosario e il vangelo, segni concreti della loro promessa di nuova vita.
La carica dei 112 prosegue ora in maniera differente: dove è possibile, i ragazzi ritornano in famiglia, altri restano in comunità per un tempo di volontariato, qualcuno parte per le zone di missione. E c’è anche chi prosegue gli studi. “Molti ragazzi riprendono a studiare – assicura Meo Barberis, uno dei responsabili delle strutture di recupero riminesi – e noi cerchiamo di favorirli, alneno per acquisire la licenza media inferiore o per portare a termine il percorso scolastico interrotto.”
Con o senza libri o titoli di studio sottobraccio, l’obiettivo della Papa Giovanni è che ogni persona raggiunga l’autonomia. Una rinascita per uomini e donne segnati da “disgregazione e alcol – è l’analisi di Giovanni Salina, responsabile storico delle comunità terapeutiche – cocaina e psicofarmaci, mix di sostanze e persino la dipendenza da gioco, internet e shopping compulsivo, tutti elementi che determinano come i giovani siano sempre più allo sbando e alla ricerca dello sballo.”
“Don Oreste Benzi ci teneva moltissimo a questo momento, ed era sempre presente. – ricorda l’attuale responsabile della comunità, Giovanni Paolo Ramonda – Il don guida ogni nostra azione e anche questa volta non sono mancati la fiducia e l’invito a essere fedeli testimoni della vita vera.” Fuori dal tunnel, con l’esistenza davanti.
Paolo Guiducci
Nella foto, l’arcivescovo di Loreto Tonucci mentre consegna i segni della nuova vita ai ragazzi (foto Ghinelli)