Tre giorni al Cairo per un nuovo inizio. 200 volontari mussulmani e cristiani. Un’esperienza che si tramanda come per osmosi, in riva al Nilo. Quattro incontri, due mostre, due spettacoli. È il Meeting, che nasce nel deserto.
“Qualcosa di impensabile, che sembrava impossibile e che invece è successo.” Così Emilia Guarnieri ha commentato l’evento del Meeting Cairo che è stato raccontato lunedì sera a San Giuseppe al Porto perché “è una storia da raccontare, un evento che segna la storia del Meeting e che apre orizzonti che ancora nemmeno noi sappiamo immaginare.” 200 volontari musulmani e cristiani, quattro incontri, due mostre, due spettacoli. Tutto tra 28 e il 29 ottobre, dall’idea di quattro amici musulmani che da qualche anno frequentano il Meeting. “Dobbiamo organizzare il Meeting al Cairo.” Sembrava una battuta, ma invece si è realizzata. Wael Farouq, professore al Cairo, Tahani al-Jibaldy, prima donna ad essere eletta alla corte costituzionale, Abdel – Ghafar Henish, imprenditore, Hossam Mekawi, giudice. Arabi, musulmani, tanto colpiti dal Meeting da realizzarne uno nella loro terra, suscitando una curiosità inaspettata. Quasi 1500 persone alla serata inaugurale, presso la Cairo University, la stessa sala in cui Obama aveva lanciato il suo appello al mondo arabo, con il vice rettore che ha premiato il Meeting di Rimini con una targa, con la presenza di due ministri del governo egiziano, del decano della facoltà di Teologia di al-Azhar Abdel Moaty Bayoumi che ha omaggiato il gesuita Van Nispen, come figura simbolo del primo Meeting del Cairo ed infine a nome del ministro della cultura, il Viceministro Samir Gharib che ha ringraziato i volontari per il loro impegno.
E nella giornata seguente la sala sempre piena dell’Opera House, altro luogo simbolo del Cairo, in cui si sono alternati incontri dedicati alla storia del Meeting, alla bellezza delle stelle, al desiderio dell’uomo e in conclusione alla “Bellezza, lo spazio del dialogo”, il tema di questo Meeting nato in riva al Nilo. A gestire tutto, come a Rimini, quasi 200 volontari, egiziani musulmani e cristiani, studenti e lavoratori, che hanno aderito di slancio a questa proposta di collaborare attivamente e gratuitamente alla realizzazione di questo evento. Come Sahar Diaaeddin, 16 anni, che al giornale Al Ahram Weekly ha raccontato che ha saputo di questa occasione dalla mamma di un amico che era fra gli organizzatori. Da lì la decisione di partecipare per non rimanere in una società in cui “c’è chi vuole tenere la religione come motivo di divisione e non è disposto a imparare cose nuove, ci sarò anche il prossimo anno e vogliamo portare ancora più persone.” Il patriarca cattolico Naugib, presente alla serata inaugurale ha commentato con stupore: “Per noi è molto importante un dialogo di questo genere. Direi che potrà diventare l’inizio di un dialogo a livello intellettuale e di vita che potrà avanzare e dare molti frutti.” È necessaria un’occasione, ha spiegato il religioso, che possa consentire a cristiani e mussulmani “un vero incontro” facendo capire “che differenza non vuole dire altro che accettazione reciproca, nella quale ci si trova in campi comuni.” La presidente del Meeting Cairo, Tahani al-Jibaldy, donna come la presidente del Meeting di casa nostra, ha spiegato bene l’obbiettivo di quest’opera: “L’incontro con il Meeting di Rimini aveva lasciato una promessa, nell’incontro con il Meeting ci siamo arricchiti. Facciamo questo perché la bellezza è uno scudo contro l’intolleranza, diffondere il bene è bellezza. Nel nostro paese, luogo di incontro di civiltà, noi abbiamo preso l’iniziativa con questo Meeting perchè abbia efficacia nel tempo, in un momento in cui lo stato stava per infiammarsi per i conflitti religiosi. Dobbiamo collaborare con chi crede che la religione sia per la vita, e non per una rinuncia alla vita.” Non appena un incontro multi confessionale, ma un confronto vero, sulla base che il cuore dell’uomo è lo stesso per tutti. La presentazione del Meeting di Rimini con Tareq, egiziano, cristiano ortodosso, volontario al Meeting di quest’anno, che ha sorpreso tutti perché ha raccontato di fronte a 350 conterranei quello che ha imparato a Rimini: “C’era l’idea di fare qualcosa di utile. Tutti eravamo uniti anche se la lingua era diversa; ho capito che cos’è il servizio, che si può dare la propria vita per gli altri. Ho iniziato ad essere puntuale e a fare qualcosa senza volere nulla in cambio. Per noi egiziani il lavoro è qualcosa di faticoso, invece ho imparato una nuova esperienza, che ogni tipo di lavoro deve essere apprezzato e che si sono persone che mi possono apprezzare anche senza conoscere la mia cultura e la mia provenienza.” Gli egiziani hanno applaudito come se tutto questo fosse desiderabile per tutti.
E poi l’astrofisico Bersanelli. Un italiano che ha raccontato le stelle agli arabi, fino a stupire il suo traduttore, un ex deputato dei Fratelli Mussulmani. Ed è stato don Ambrogio Pisoni, colui che dieci anni fa ha fatto conoscere al Meeting Farouq Wael, a sintetizzare le giornate del Meeting Cairo: “Il nostro incontro, oggi, ha il sapore delle cose nuove, delle cose mai viste prima. È la curiosità per questa novità che ci raduna qui oggi: curiosi come dei bambini che non si accontentano di quello che hanno già visto e che perciò continuano ad attendere e a cercare una novità di cui non possono fare a meno (…) Un dialogo che è tra uomini appassionati della verità della propria vita e certi che essa possa essere vissuta con gusto. Per questo abbiamo cercato spazio e tempo. La verità cerca la ragione dell’uomo, cerca la sua libertà, la sua carne ed il suo sangue. La verità crea le forme della bellezza per farsi desiderare ed incontrare e perciò riconoscere e finalmente conoscere. Nell’unico luogo che ci è dato per vivere l’irrepetibile avventura dell’esistenza: la realtà. Siamo qui perché non vogliamo perdere questa occasione per diventare più uomini nell’avventura di questo incontro impensabile solo fino ad alcuni mesi fa. Siamo qui perché Giussani ci ha testimoniato ed insegnato che «E’ disumanità il non vivere questo stupore, questa gratitudine, il non lasciarsi afferrare da questo senso della bellezza, da questa bellezza.» Siamo qui perché la Bellezza si è fatta carne e ci ha posto questa domanda: «Che cosa state cercando?». Non possiamo fuggire la semplice imponenza di questa domanda. Accettarla significa cominciare l’avventura di una vera amicizia. È la nostra ragionevole speranza.”
“È stato come vivere il Meeting, con i volontari che l’ultima sera festeggiavano, proprio come a Rimini. E poi l’ultima sera, l’immagine più bella di questo Meeting del Cairo, con il giudice ebreo Weiler, che dovendo tornare a piedi all’albergo perché era venerdì sera, è stato accompagnato da un cattolico – Andrea Simoncini – e da un musulmano – Wael Farouq- . Tre uomini, tre persone appassionate l’una dell’umanità dell’altro. Che cos’è questa se non la vera amicizia fra i popoli?”, ha concluso Emilia Guarnieri la serata, raccontando quello che continua a succedere in Egitto, con i volontari che si stanno incontrando per pensare già al prossimo Meeting Cairo.
Gabriele Alessi