Sono trascorsi quasi duecento anni dai primi studi compiuti dal Dott. James Parkinson che, nel 1817, etichettò come “Paralisi agitante” il ben noto morbo. Oggi le malattie neurovegetative sembrano avere più chances di cura, in positivo. Se ne è parlato al Convegno sulla Rieducazione Complementare nella Malattia di Parkinson tenutosi nei giorni scorsi a Rimini e organizzato da Aip (Associazione Italiana Parkinsoniani), sezione di Rimini
Una giornata di studi dalla quale emerge soprattutto che al centro c’è il paziente.
“Quando il paziente si sente fare la diagnosi – dice il Dott. Alessandro Ravasio, Direttore di U.O Neurologia Infermi Rimini- ha bisogno di sostegno e attenzioni ed è importantissima anche la gestione della malattia. Il malato si deve sentire seguito, rassicurato, sapere di essere in carico al S.Sanitario per decidere, insieme al medico, il programma di cure. Spesso è il Caregiver (un familiare, un parente o la badante) la persona che gestisce il malato in tutti i suoi bisogni, che si prende cura di lui e della sua malattia”.
Il futuro sarà l’A.F.A.
Il tema si sposta sulla rieducazione motoria e sui riscontri positivi dell’A.F.A (Attività Fisica Adattata), il nuovo sistema di riabilitazione che verrà intrapreso, tramite corsi di formazione mirati, da fisioterapisti specializzati. Proprio su questo tema si esprime il Dott. Riccardo Galassi, Dirigente Fisiatria Rimini: “Ci siamo accorti che i percorsi classici di trattamento riabilitativo non riescono a dare delle risposte valide se non si fanno ulteriori percorsi di completamento.Tutta l’attività motoria ha impatto positivo sulla patologia cronica; all’inizio si notano miglioramenti e il ripristino di alcune attività motorie, ma dopo le 10/20 sedute classiche i benefici sfumano se il malato riprende lo stile di vita precedente. Occorre stimolarlo, dunque, a fare attività motoria anche fuori dell’ambiente sanitario, con protocolli controllati. È necessario toglierlo dalla sedentarietà che determina ed accellera il processo di disabilità, ma bisogna ricordare che il paziente diventa spesso terapista-dipendente”
Una curiosità: anche le Paralimpiadi sono nate da A.F.A tenendo presente che il principio è quello per il quale non si valuta più la persona per quello che non riesce a fare, ma ci si basa su quello che la persona è in grado di fare.
Alcuni numeri
In Italia sono 150.000 i malati affetti dal morbo di Parkinson e 200.000 quelli con parkinsonismi (hanno manifestazioni tipiche della malattia ma non sono malati) 15.000 i casi nuovi all’anno. L’età di insorgenza è tra i 55-60 anni anche se i neurologi hanno notato un’anticipazione nell’esordio anche a 35-40 anni. Dai 5.000 ai 40.000 euro all’anno è il costo di un paziente affetto da tale malattia. A Rimini i malati in cura sono oltre 600.
Come ci si ammala?
Non se ne conosce ancora il motivo, ma alcune cellule nervose, situate in una zona profonda del cervello, chiamata “sostanza nera” degenerano e smettono di produrre dopamina, sostanza coinvolta nel controllo dei movimenti; si finisce per subire un completo scardinamento nei movimenti. Risultato: rigidità muscolare, instabilità nell’equilibrio, lentezza dei movimenti, tremore, movimenti involontari, fluttuazioni motorie, in seguito difficoltà nella parola, nel deglutire, nel respirare.
La sintomatologia
Il morbo di Parkinson è una malattia cronica degenerativa del sistema nervoso e si manifesta in tre diversi modi: tremore, aumento del tono muscolare, difficoltà a compiere movimenti volontari. Il tremore è il primo sintomo e porta a movimenti ritmici e ripetitivi, lenti ed ampi, agli arti e al capo, indipendenti dalla volontà. Con il tempo il tremore si estende alla mascella, le labbra, la lingua pur essendo il malato in una situazione di riposo muscolare.
La malattia aggravandosi porta ad una crescente difficoltà nel compiere atti motori volontari (rallentamento o perdita dei movimenti, disturbi della mimica, della parola, della scrittura, dell’equilibrio, ecc.). Ai sintomi degenerativi della malattia si accompagnano disturbi neurovegetativi e psichici come stati ansiosi o depressivi; più raramente compaiono idee deliranti o stati confusionali. L’ultimo stadio della malattia è la perdita completa dell’autonomia ed il malato va incontro alle problematiche tipiche dell’immobilizzazione.
Le cure
La terapia prevede un farmaco (levodopa) la cui assunzione viene calibrata in base alle singole esigente del paziente (anche 20 pillole al giorno); esiste anche un cerotto di dimensioni variabili adattabile alla gravità della malattia. La terapia di Parkinson è complessa perché gli obiettivi sono molteplici; migliorare la sintomatologia, mantenere il miglioramento nel tempo, valutare con attenzione gli effetti collaterali più gravi come il sonno diurno, la confusione e la comparsa dei sintomi psichiatrici.
Laura Carboni Prelati