“…Oltre la scuola cento cose devo far: inglese, pallavolo e perfino latin-dance…” Quante volte insieme ai nostri figli, abbiamo ascoltato i versi di questa canzone, una delle più note dello Zecchino d’oro. Lo sfogo di una bambina “stressata” così come i suoi amici “per il troppo lavorar” che altro non chiede che un piatto di tagliatelle (quelle appunto di nonna Pina) per ricaricare le energie e, soprattutto, di “star con mamma e papà”.
Uno sfogo simbolico dei nostri tempi considerando le numerose attività pomeridiane che vedono riempire il doposcuola: compiti che non finiscono mai (e magari, in aggiunta, pure un corso di inglese), sport, musica per i più “talentuosi” e catechismo. Attività, quest’ultima, che alcuni parroci del territorio si sono pure trovati costretti a spostare alla domenica mattina, per evitare accavallamenti con altri impegni da parte dei ragazzi.
Al di là dell’esperienza e delle esigenze che si presentano di famiglia in famiglia, anche contestualmente ai turni lavorativi di mamma e papà, come vivono oggi i giovanissimi il loro tempo libero? Quand’è che le proposte pomeridiane di intrattenimento ed educazione diventano “eccessive”? È giusto dire oggi che i nostri figli sono “troppo stressati”? E, soprattutto, quanto tempo resta al bambino per fare quello che vuole senza che qualcuno gli organizzi la giornata?
Non sono poche le mamme che si lamentano di non avere un minuto libero a forza di “assecondare le esigenze dei propri figli”. Anna, due figli (Giacomo di 11 e Marco di 8) risiede a Scacciano: “Entrambi hanno il corso di tennis a Riccione due volte a settimana – racconta – in più una volta Marco ha il rientro alla scuola primaria e coincide proprio con il pomeriggio che devo portare il più grande a nuoto”.
In poche settimane Giacomo, Marco e tanti loro amici si troveranno il diario riempito di impegni. A volte poi la frequentazione di un corso può anche venire incontro alle esigenze di tante mamme che scegliendo una palestra vicina, possono sfruttare quell’oretta per occuparsi della casa. Chi guarda la situazione da un’altra ottica è la titolare di una scuola di danza riminese: “Capita che ci portino le bambine anche mezz’ora prima dell’inizio della lezione – racconta -. Io e la mia socia ci ritroviamo così a fare pure da baby parking!”.
Storie di ordinaria amministrazione. Ma sono i genitori “al servizio” dei figli o piuttosto questi ultimi a trovarsi piombati in una serie di attività che “fanno bene al fisico, alla mente e alla crescita?”.
“Effettivamente c’è una rincorsa anche abbastanza precoce nel ricercare attività ludico-didattiche pomeridiane per i propri figli” osserva Sara Savoretti, coordinatrice pedagogica della cooperativa Millepiedi. Di genitori e di bambini, Savoretti ne incontra tanti a scuola, dal nido alla materna. E come ci racconta, accade spesso che mamme e papà si sentano quasi “in difetto se il proprio figlio non fa certe cose. Spesso mi sento chiedere: è giusto mandarlo a un corso di pc o di inglese? Io rispondo che c’è tempo per tutto e che non bisogna dimenticare l’importanza del gioco e della relazione”. Qualche esempio? “Se ad un genitore piace la musica e la ascolta di frequente, il figlio la respirerà spontaneamente anche senza frequentare un corso a lui imposto”.
A proposito di corsi, non di rado le famiglie si vedono “bombardate” da proposte che, ad un primo sguardo, possono anche lasciare sbigottiti. “Ci sono corsi per tutte le fasce d’età – continua Savoretti – e non di rado a scuola riceviamo depliant che propongono corsi di inglese già per bambini di due anni. Un genitore, di conseguenza, si sente smarrito, si chiede cosa debba fare ed è colto quasi dall’ansia se non riesce ad offrire al figlio certe esperienze”. Dunque vietato colpevolizzare troppo mamma e papà se i figli sono sommersi in un tour de force che può arrivare a comprendere, in qualche caso, anche quattro o cinque diverse attività. “Tutto parte dalla società in cui ci troviamo. Ovvio, è il genitore che deve filtrare le varie proposte che arrivano dall’esterno, ma è anche facile che venga il dubbio quando vedi che tutti fanno così”.
Attenzione però a non esagerare. “Spesso sono i bambini a chiedere di stare a casa per giocare o anche solo per perdere tempo. Forse noi come adulti, oggi, non sopportiamo più la noia, il non far niente, eppure è in questi momenti che il bambino, dotato di una fantasia eccezionale, conosce e sperimenta il mondo. Di tempo per fare cose e dedicarsi ad attività ne avrà in futuro. Nel caso dei più piccoli, sotto i 6 anni, esperienze come toccare la legna, manipolare la farina o la terra e stare all’aria aperta, sono più importanti”.
La riscoperta delle cose semplici che ci circondano, dunque, ma anche della lentezza, “della ripetitività dei gesti, quei riti che sono fondamentali nell’infanzia perché è attraverso la loro ripetizione che si conosce la realtà”. Savoretti riporta anche un confronto significativo: “Di recente sono stata in Danimarca e lì ho potuto vedere un comportamento nei bambini sotto i 6 anni completamente diverso da quello dei nostri: sembrano quasi immersi in una dimensione ovattata, quando gli parli stanno fermi, ti guardano con attenzione. Da noi invece entri in una scuola e ti rendi conto che hanno sempre bisogno di fare qualcosa, non stanno mai fermi e si concentrano difficilmente”. Iperattivi e stressati, e non si tratta solo di bambini.
Alessandra Leardini