“Io, poi, sono un amante sviscerato della libertà.” Così rispondeva don Giancarlo Ugolini, per quasi cinquant’anni guida del movimento di Comunione e Liberazione a Rimini, nel lontano 1985 ad una domanda di Luciano Nigro che lo interrogava per il settimanale comunista Settepiù. Non si riferiva semplicemente alla libertà sociale o politica, ma alla libertà come dimensione fondamentale della persona, che lui amava, valorizzava, educava, nel senso etimologico del termine, cioè aiutava a venir fuori. Ne sanno qualcosa i giovani che l’hanno incontrato sui banchi di scuola, all’appuntamento coi quali è rimasto fedele fino a quando la malattia non gliel’ha impedito. Ricorda Elena Ugolini, oggi preside del Liceo Malpighi di Bologna: “Non ci ha mai detto cosa dovevamo fare, lui ha sempre sfidato la nostra libertà e ci ha sempre suggerito di capire qual era il criterio più adeguato per la nostra vita, cos’era più corrispondente alla natura del nostro cuore. Non si è mai sostituito a noi. È stato un grande educatore perché non si è messo al nostro posto ma si è messo dietro di noi e con un forcone ci ha sempre mandato avanti, ci ha sfidato, ci ha sempre fatto chiedere il perché.” Un altro ex alunno, Gianmarco Bernabei, oggi docente al liceo classico della Karis Foundation, tornato a Rimini da Milano proprio per il debito che sentiva verso don Giancarlo, ricorda la capacità del sacerdote di suscitare domande in classe e di “mettere il sale sulle ferite”.
La passione per l’educazione è una delle cifre con cui leggere l’avventura umana e sacerdotale di don Giancarlo Ugolini, tornato alla casa del Padre un anno fa, il 4 ottobre 2009, all’età di ottant’anni. Era uomo di grandi passioni umane: tifoso accanito del Bologna, amante del mare (quello della Sardegna, in particolare), affascinato da ogni forma di bellezza (dal canto al cinema), buongustaio che non perdeva occasione per gustare un piatto originale. Era un amante della vita, insomma. Ma quella passione che più esaltava la sua sensibilità era l’educazione dei giovani. Quante generazioni di riminesi si sono imbattute nella sua figura, restandone segnati per sempre. Un amico di Imola, Gianni Montroni, che lo ha visitato un mese prima che morisse, ricorda: “Per un’ora non ha fatto altro che parlare di quelli che secondo lui erano i bisogni dei giovani oggi e che cosa bisognava fare per rispondervi. Gli ho chiesto ma come fai a sapere queste cose, che sei nel letto, e allora ho capito che ascoltava la radio, vedeva persone, era informato. Era ad un mese dalla morte e mi parlava di un impegno a vivere. Per quest’uomo davvero la realtà è stata un anticipo dell’al di là. Sono rimasto impressionato dall’amore alla vita di un uomo che un mese dopo sarebbe morto. E lui lo sapeva…”
L’amore alla vita, alla realtà, traspare evidente anche dalle interviste che nell’arco di quasi trent’anni, dal 1982 al 2009, ha rilasciato ai quotidiani e periodici locali. In occasione del primo anniversario sono state raccolte in un volume dal titolo Il caldo abbraccio del Mistero. Sono interviste legate a circostanze particolari (un evento, un anniversario), eppure a distanza di anni conservano intatta la loro attualità e verità. Il filo rosso che le guida è proprio quel “caldo abbraccio del Mistero” da cui don Ugolini si è lasciato stringere seguendo il carisma di don Giussani “Ho incontrato qualcuno che speravo ci fosse”, disse nella già citata intervista a Settepiù. Questo “abbraccio” è diventato il criterio con cui affrontare ogni aspetto della realtà. “E il giudizio che ne derivava – osserva Carlo Rusconi nella Presentazione – “era sempre sorprendente, mai ovvio né comune, sovente sconcertante”.
Valerio Lessi