“Se non si può permettere un avvocato, gliene verrà assegnato uno d’ufficio”. Quante volte abbiamo sentito questa frase pronunciata in qualche serial televisivo? Tante, tantissime. Commettendo sempre lo stesso errore di fondo: pensare che questo tipo di avvocato non lo paghi il cliente, ma bensì lo Stato. In America, come in Italia. Ma non è così. Vedersi assegnare un avvocato d’ufficio significa che il soggetto non ne conosceva alcuno e quindi, lo Stato, gliene ha assegnato uno. Questi legali sono iscritti ad un’apposita lista e danno la loro disponibilità per prestare il servizio. Una volta iscritti, per loro è un dovere garantire la difesa al cittadino affidatogli, anche qualora questi non si facesse trovare, sparisse, si rifiutasse di pagare o altro. Da rimarcare che i giorni in cui un avvocato è «d’ufficio» vengono selezionati in automatico e inseriti in un apposito calendario.
Gratuito Patrocinio
Ma se una persona non può permettersi l’avvocato (anche d’ufficio) perché indigente? Allora in quel caso lo Stato mette a disposizione il Gratuito Patrocinio, cioè mette a disposizione un legale che lui stesso provvederà a pagare. Anche in questo caso esistono delle apposite liste in cui i difensori si possono iscrivere in base alla competenza delle materie. Ma attenzione, non tutti possono usufruire del Gratuito Patrocinio: il richiedente, infatti, deve essere titolare di un reddito annuo imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a 9.723,84 euro. Se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso il richiedente. Nel solo ambito dei procedimenti penali, la regola che impone la somma di tutti i redditi prodotti dai componenti della famiglia è temperata dalla previsione di un aumento del limite di reddito che è elevato a 1.032,91 euro per ognuno dei familiari conviventi.
Questo diritto, garantito dall’articolo 24 della Costituzione, e che permette alle persone non abbienti di poter usufruire di una difesa altrimenti difficile da ottenere, rischia però di rimanere lettera morta, perché lo Stato sta scaricando, sulle spalle dei legali, tutto l’onere. Ci spiega i motivi l’avvocato Paola Urbinati, penalista iscritta alle liste del Gratuito Patrocinio.
“Quando una persona chiede di essere ammessa al Gratuito Patrocinio a spese dello Stato, come prima cosa deve recuperare i certificati e i fogli necessari. Una volta che la domanda è stata ammessa, a quel punto il cittadino è a posto. L’avvocato, infatti, non può più chiedere denaro al cliente e anche tutti gli atti da presentare sono esenti da marche e bolli. Il problema a quel punto diventa del legale, perché dal 2008 lo Stato ha cambiato la procedura di pagamento”.
Da quell’anno, infatti, i pagamenti delle pratiche di Gratuito Patrocinio cominciarono a diminuire, spesso fermandosi per mesi. Nel luglio del 2009 intervenne anche l’Organismo Unitario dell’Avvocatura che accusò il Ministro della Giustizia «di far cassa sulla pelle dei più deboli sfruttando il senso di responsabilità degli avvocati».
“Nel 2008 la situazione è radicalmente mutata. Fino a quel momento, infatti, lo Stato aveva una convenzione con le Poste Italiane che pagavano gli avvocati per poi rifarsi sullo Stato stesso. Da gennaio, invece, la convenzione è venuta meno e le richieste di pagamento arrivano direttamente al Ministero che paga attraverso la Banca d’Italia. Questo costringe lo Stato ad inserire un progetto di spesa in Finanziaria e a bloccare i pagamenti quando esaurisce i fondi stanziati”.
I pagamenti mai
Il rischio è evidente. A lungo andare gli avvocati iscritti nelle liste perdono l’interesse a prestare questo servizio lasciando così sguarnito un istituto importante per la democrazia e l’uguaglianza dei cittadini. A fine 2009, per esempio, lo Stato ha terminato di pagare le note spese del 2008, ma all’inizio del 2010 il problema si è presentato uguale. A fronte poi di queste difficoltà, lo Stato si fa bello davanti ai cittadini dichiarando di fornire il Gratuito Patrocinio a tutte le vittime di reati.
“Se poi si considera che una nota spese viene redatta e consegnata al giudice solo alla fine del primo grado di processo, quindi dopo un lavoro che a volte può durare anche un paio di anni, allora il ritardo diventa davvero lungo”.
E a Rimini?
C’è un altro problema, poi, tutto riminese, che si aggiunge alla carenza di fondi dello Stato italiano. Il cancelliere deputato al controllo delle domande, incaricato di spedirle a Bologna per il controllo definitivo, è assente, causa malattia, da alcuni mesi. Per un problema di organico nessuno lo sostituisce e quindi le domande si accumulano nel suo ufficio e rimangono lì, inerti. Ma non solo, anche a regime normale, l’ufficio è oberato di lavoro e le pratiche avanzano a fatica. La situazione, poi, è ancora più grottesca per quanto riguarda le pratiche di Gratuito Patrocinio relative al Giudice di Pace (per cause quindi minori). Il cancelliere che seguiva le pratiche è andato in pensione nel 2006 e non è ancora stato sostituito. Nonostante questo, il giudice continua ad ammettere le domande di Gratuito Patrocinio, perché obbligato a farlo, che verranno probabilmente stipate in qualche magazzino in attesa che qualcuno si ricordi di loro. L’avvocato Cristiano Basile è membro del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Rimini e si occupa di vagliare le domande di Gratuito Patrocinio in ambito civile.
“L’istituto del Patrocinio a spese dello Stato è una grande conquista. Come spesso accade, però, nei principi il legislatore è illuminato, ma nella pratica non riesce ad affrontare tutte le difficoltà. In effetti c’è un problema relativo ai pagamenti. I tempi sono lunghissimi, e anche lo smistamento delle domande richiede tempo e forza lavoro”.
A Rimini in un anno vengono presentate circa 600 domande di ammissione al Gratuito Patrocinio in ambito civile e più del doppio in quello penale e c’è solo un cancelliere per evaderle tutte. Ma non è finita. Ai ritardi nel pagamento si somma anche un altro problema.
“Non sono rari i tentativi di abuso – conclude Basile – persone che hanno un reddito molto più alto di quello dichiarato, o qualche avvocato che cerca di approfittare di un Gratuito Patrocinio per gonfiare le pratiche e spillare qualche soldo in più allo Stato. Per me è importante ricordare ai colleghi che quello del Gratuito Patrocinio è una conquista che non va persa. È vero che i pagamenti arrivano in ritardo, ma questo non deve ledere un diritto inalienabile, né causare un servizio di qualità minore”.
La situazione riminese è destinata a ristabilirsi, pur con tempi e modi che è difficile prevedere al momento. Il problema più grave è quello dello Stato che, in momenti di difficoltà, tagli i fondi rischiando di lasciare senza difesa proprio le persone che ne hanno più bisogno, quelli che non possono permettersi un avvocato e che sono spesso vittime di soprusi e angherie. Proprio quelli che dovrebbero essere difesi con più attenzione.
Stefano Rossini