Un finale così grottesco nemmeno Fellini l’avrebbe mai immaginato. Un colpo di scena alla rovescia. Rimini era pronta ad “incoronare” Giuliano Montaldo quale erede di Pupi Avati alla presidenza della tormentata Fondazione Fellini, quando il regista invece dei saluti iniziali ha srotolato i titoli di coda. “Ho un film da girare – ha spiegato Montaldo, tra lo supore degli intervenuti alla conferenza stampa che doveva sancire ufficialmente il suo ingresso – e la Fondazione ha bisogno di un lavoro a tempo pieno che non sono in grado ora di garantire. Ora devo pensare al mio film, altrimenti finirei per far male entrambi i lavori.”
La sua nomina era data praticamente per certa e invece il regista ha rifiutato improvvisamente Con qualche stilettata. La questione anagrafica è un sassolino che Montaldo si toglie volentieri. “Ci avete dipinto a me e al mio amico Olmi (che avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di presidente onorario, ma anch’egli ha detto no, ndr), come due venerandi. – ha detto – Fa lo stesso, siamo ancora qui e pensiamo a stare bene in salute, a fare film e a voler bene a Federico che ho avuto anche l’onore di conoscere.”
Il tormentone della Fondazione Fellini ancora va, come la nave di Federico, cercando di solcare mari tempestosi. Oltre al buco di bilancio che supera i 500 mila euro e le lotte politiche, ora è arrivato il gran rifiuto di Montaldo, e si dovrà cercare un altro presidenza.
Nata nel 1995 per espressa volontà della sorella del regista, Maddalena Fellini e del Comune di Rimini, la Fondazione intitolata al grande regista è in mezzo alla tempesta. I conti sono in rosso (e da tempo), e c’è in atto un tutti contro tutti.
Investito da una raffica di critiche e dall’entrata a gamba tesa dell’assessore alla Cultura del Comune di Rimini Antonella Beltrami e dal presidente della provincia Stefano Vitali che ne chiedevano l’allontanamento, Vittorio Boarini il 16 agosto ha detto bye bye ma senza pacche sulle spalle. In una lettera aperta, Boarini ha spiegato le ragioni dell’addio. “Chiesi a Montaldo e Olmi (il quale ora ringrazia ma non ritiene di accettare l’incarico) di diventare rispettivamente presidente e presidente onorario della Fondazione. Naturalmente – spiega – li ho informati di tutti i nostri problemi, dovuti ai tagli feroci dei contributi, senza nulla nascondere, ma ho assicurato che la soluzione di essi era vicina.”
Il dietrofront del regista ha fatto precipitare una situazione già delicata. “Posso allontanarmi da questa situazione schizofrenica con la certezza di interpretare la volontà generale.”
Dimissioni accettate “senza acredine” dal sindaco di Rimini Alberto Ravaioli, il quale non rinuncia a replicare. “Avrei preferito comunque anche da te come Direttore – ha scritto Ravaioli – un ruolo più riservato e più attento al futuro della Fondazione stessa. Le persone passano, ma pur sempre devono rimanere le idee, i progetti e le grandi cose che uomini importanti come Fellini hanno lasciato.”
Adesso tutti ci vanno giù pesanti. Il Presidente della Provincia, Stefano Vitali: “La commedia all’italiana poteva essere risparmiata alla Fondazione. Non ha giovato, ed è un eufemismo, il tentativo di mettere figure nobili del cinema italiano in mezzo a un pressapochismo gestionale dell’Associazione che non è più in alcun modo difendibile. Produrre voragini finanziarie in nome della cultura non ha davvero nulla di nobile o di etico.”
Eppure, per Vitali, la Fondazione ha le condizioni per potere ripartire “a patto di risanare strutturalmente i conti, recuperare i rapporti con la famiglia Fellini e restituire al Comune di Rimini il ruolo di protagonista che gli compete.”
Sul tappeto resta l’investimento consistente di Rimini sul progetto della casa del cinema (ex Fulgor), i debiti, la voce grossa – ma tardiva – della politica.
Massimo Pasquinelli, neopresidente della Fondazione Carim e socio della Fellini, si è buttato nell’impresa, dalla Regione promettono sostegno e vicinanza, che si tradurrebbero in 180mila euro in tre anni. Bei ciack, ma ancora insufficienti. A quando un piano culturale e finanziario degno di Fellini e della Fondazione?
Tommaso Cevoli