Difficile raccogliere in poche immagini la personalità poliedrica ed articolata di don Filippo Di Grazia che recentemente ci ha lasciato orfani. Troppi gli elementi che si accavallano e si integrano.
Non ho la gioia di conoscere nei dettagli la sua vita prima della sua decisione di entrare in seminario.
È nato a Catania nel 1924. È passato, per lavoro, in Toscana all’età di diciotto anni. Si è poi definitivamente trasferito a Rimini nel primissimo dopoguerra.
Quando è entrato in seminario io frequentavo ancora il Seminario Minore di Rimini. Di quel fatto ricordo la meraviglia. Lo dico perché, in contemporanea con lui ha fatto il suo ingresso in seminario mons. Fausto Lanfranchi. Ambedue adulti. Ambedue professionalmente sistemati (erano insegnanti di lettere alle medie statali). Ambedue ecclesialmente impegnati in maniera non solo seria, ma anche qualificata.
Sono così diventati “più preti” degli altri? Mi guardo bene dall’affermarlo…
Più avanti, da adulto, ho prima allacciato e poi approfondito il rapporto personale con lui.
Peccato però che sia stato settoriale. Spiego meglio cosa intendo dire con questa espressione non molto chiara.
Allora io avevo fondato e dirigevo il nostro settimanale il Ponte. Don Filippo non solo era entusiasta dell’iniziativa, ma pure convinto della sua necessità. Grazie a Dio poi collaborava anche in maniera regolare… senza necessità di estenuanti richieste. Prevalentemente seguiva due settori, nei quali era specialista: quello dell’Ecumenismo e l’altro della morale. Si muoveva in modo autonomo ed ha aiutato molti…
La sua vita personale però, era molto più ricca. È stato parroco a Santa Rita, assistente dei Laureati Cattolici, con l’aiuto della Tinarelli e della Tonti; insegnante di Ecumenismo e di Morale. Vicino all’Albania e al Medio Oriente.
Bravo è stato il Vescovo nel tracciare il profilo spirituale di don Filippo nell’omelia funebre.
Numerosa la presenza dei sacerdoti, oltre che della gente. Pur non essendo morto da parroco, ha lasciato molti orfani.
Più in particolare, ha lasciato orfana della sua presenza la Chiesa Diocesana Riminese.
Perché dico questo?
Provate, se ci riuscite, a mettere in ordine le cose. Ci ha lasciato don Oreste, noto a tutti. Ci ha lasciato don Giancarlo Ugolini, leader di CL a Rimini. Ci ha lasciato don Luigi Tiberti, segretario del vescovo Biancheri e fondatore sempre a Rimini della Gioc, Gioventù Operaia Cristiana.
Come ho scritto nel titolo… cadono anche i cedri del Libano e noi ci sentiamo più orfani!
A ben vedere però, il primo cedro che è caduto è stato lo stesso Gesù Cristo… che Grazie a Dio ha detto “Se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo. Se muore, porta molto frutto!”.
Mi piace chiudere con questo messaggio, tutto sommato, ottimista!
P.S. A questo punto sono spinto a scrivere qualche riga di Post Scriptum.
Sarebbe nostro desiderio rendere a don Filippo un piccolo omaggio pubblicando, a breve termine, un volume di testimonianze su di lui. Se abbiamo affermato che molti si sentono orfani di don Filippo, altrettanti desidereranno per quanto è loro possibile, rendere la loro testimonianza anche semplice e poco elaborata. Va bene lo stesso!
Quanti sono interessati al progetto (ci auguriamo molti!) possono rivolgersi direttamente al direttore, don Giovanni, oppure, anche a me.
Piergiorgio Terenzi