Un mattone dopo l’altro per costruire la felicità. “Dai ad un uomo un pesce e lo sfamerai per un giorno, dagli una canna da pesca e lo sfamerai per tutta la vita”. Queste parole di Confucio possono riassumere il desiderio delle missioni riminesi in Bangladesh e Tanzania: realizzare villaggi dove offrire una prima risposta d’aiuto ai ragazzi. Un’accoglienza da sviluppare anche attraverso un programma scolastico.
La missione di Kuhlna in Bangladesh, così come la missione di Guandumehhy in Tanzania (così come l‘Associazione Crescere Insieme di Rimini), si sostengono grazie alla buona volontà dei fondatori e al buon cuore di quanti hanno allacciato negli anni rapporti con queste realtà. Il presidente del Gruppo SGR Micaela Dionigi, Donatella Turci, assessore allo Sport del Comune di Rimini, e Loredana Dori, titolare dell’Agenzia di Comunicazione Company, da anni “apparecchiano” la cena di beneficenza Per il sorriso di un bambino il cui ricavato va a sostenere progetti di crescita umana e sociale. Durante l’ultima serata, con circa 400 convitati, ad esempio sono stati raccolti 13.372 euro. Una cifra maggiore rispetto agli anni scorsi, conferma la Dionigi.
E ci sono altre iniziative in programma, “come un’altra cena a Santarcangelo, ma l’appuntamento più importante è il gran Gala che si svolgerà al Grand Hotel di Rimini il 17 luglio” avverte Marzia Mecozzi, del’Agenzia Company. In questo caso il ricavato sarà devoluto al reparto oncologico dell’ospedale Infermi di Rimini “ma l’impegno per le missioni prosegue tutto l’anno”.
Il legame con le missioni è una tela che ha cominciato a dipanarsi sei anni fa, grazie a Rudy Bernabini, un laico riminese che ha vissuto come missionario per undici anni in Bangladesh. Insieme a Gilbert Mondol, il ragazzo bengalese che ha in affido, Rudy ha poi deciso di costituire l’Ong “Aste Aste”. In lingua bengalese significa piano-piano. È con questa prospettiva che il missionario si è posto l’obiettivo di dare aiuto ai bambini e ai ragazzi che quotidianamente sperano di poter vivere una vita più dignitosa.
“Rudy – continua Marzia – vive in Bangladesh e ritorna solo una, al massimo due, volte all’anno. L’impegno intrapreso è grande: con i fondi vengono costruite delle piccole casette che formeranno un villaggio con norme sanitarie e igieniche europee”.
L’impegno è a 360 gradi, come conferma Bernabini. “Recentemente abbiamo aperto una piccola scuola con 65 bambini. – rilancia Rudy – Con il ricavato della cena di beneficenza, invece, c’è l’intenzione di acquistare un pezzo di terra dove costruire una fattoria per animali affinché i bambini possano avere carne, latte, uova”.
L’idea insomma è quella di dar vita ad un villaggio con una scuola e case per ospitare i ragazzi, in particolare orfani: in poche parole, un centro diurno. “Per realizzare questi progetti servono i soldi – è pragmatico Rudy – quindi bisogna procedere per gradi”.
L’abbraccio con la missione di Guandumehhy, in Tanzania, è iniziato tre anni fa, grazie al dottor Roberto Piva dell’ospedale di Rimini. A Guandumehhy operano le suore francescane di S. Onofrio di Rimini, in particolare suor Annarosa Tiraferri di Viserba. “Quella in Tanzania è una giovane missione nata con l’aiuto della Protezione Civile, che si è recata là per costruire un dispensario e la casa delle suore. – spiega madre Gabriella Bertot, referente della missione in Italia – I primi passi li hanno compiuti le infermiere «armate» solo di farmaci. Dobbiamo pagarci interamente ogni medicinale, mentre i pazienti africani si accollano solo una piccola cifra simbolica”. L’ospedale gestito dalle suore riminesi si rivolge a bambini e anziani che dispongono di cure gratuite, anche se le più bisognose sarebbero le madri che però rinunciano, preferendo la salute dei loro figli.
L’ultima spedizione di medicinali è arrivata a destinazione ma non è sempre così. Lo ammette madre Gabriella: “Spesso, i carri vengono fermati e viene fatta razzia di tutto quello che contengono. Così i medicinali non arrivano e servono altri soldi per ricominciare tutto da capo”.
A questo impegno fuori dai confini riminesi, le suore di Sant’Onofrio aggiungono anche la missione nel nord dell’Etiopia, in una zona molto primitiva, i cui abitanti, i Gumuz (circa 200.00 persone), potrebbero essere definiti selvaggi, per quanto sono ai margini della civiltà. “I padri comboniani sono lì da cinque anni ed è già presente una casa per giovani studenti. Grazie al ricavato del Campo Lavoro di Rimini, speriamo di poter aiutare anche loro”.
Attualmente le religiose riminesi operano all’interno di un dispensario, ma il desiderio è di mettere in piedi una scuola materna dove poter accogliere i bambini che per il momento sono solo “parcheggiati” in una scuola svedese accanto alle suore. “A loro, basterebbero pochi passi per superare il nostro cancello e riuscire a cominciare un cammino educativo”.
Elisa Melosu