Nel 1421 Cleofe Malatesti sposa Teodoro Paleologo despota di Morea e figlio dell’imperatore bizantino Manuele II. Sul finire del 1427 o all’inizio del 1428 nasce la loro figlia Elena Paleologa. Nel 1433 Cleofe muore, forse vittima di un delitto politico. Elena è la prima erede diretta al trono di Costantinopoli oltre che di Mistra, perché i fratelli di suo padre non hanno e non avrebbero avuto figli. Nel 1442 sposa Giovanni III di Lusignano (1418-1458), re di Cipro (1432-1458), e muore l’11 aprile 1458. Elena è la seconda moglie di Giovanni III. La sua prima sposa, Amadea di Monferrato (1420-1440), è figlia di Giangiacomo (1395-1445) fratello di Sofia, unita in matrimonio con Giovanni VIII Paleologo e cognata di Cleofe. Le nozze di Sofia e Cleofe sono state celebrate il 19 gennaio 1421. Le due giovani erano partite assieme da Venezia per Costantinopoli nell’agosto 1420. Nell’agosto 1425 Sofia (+1434) scappa da Costantinopoli. La madre di Amadea di Monferrato è Giovanna di Savoia (1392-1460) figlia di Amedeo VII il Conte Rosso (1360-1391).
Si chiama Carlotta la primogenita di Elena Paleologa e Giovanni III. Carlotta (1442-1487) andrà a nozze dapprima (1456) con Giovanni di Portogallo (1433-1457) e poi (1459) con Luigi di Savoia conte di Genova (1436-1482). Il titolo di re di Cipro passa ai Savoia che lo conservano (puramente onorifico) sino al 1946. Luigi di Savoia è figlio di Ludovico (1413-1465) e di Anna di Lusignano, sorella di Giovanni III. Anche Luigi è alle seconde nozze, dopo quelle (1444) non consumate ed annullate (1458) con Annabella Stuart, figlia di Giacomo I di Scozia.
La secondogenita di Elena rinnova il nome della nonna Cleofe ed ha breve vita. Carlotta regna tra 1458 e 1460, prima di Giacomo II il Bastardo (nato nel 1418 da Marietta di Patrasso) che per legarsi a Venezia nel 1468 sposa Caterina Cornaro. Giacomo II uccide il ciambellano di Elena, Tommaso di Morea. Contro Carlotta nel 1459 cerca al Cairo l’aiuto del sultano Al-Achraf Saïd ad-Din Inal. Giacomo II muore il 7 luglio 1473. Il 28 agosto nasce l’erede Giacomo III che scompare il 26 agosto 1474. Caterina Cornaro (1454-1510) regna dal 1473 sino al 1489. Nel 1463 Carlotta è fuggita a Roma. Qui scompare nel 1487 (ed è sepolta in San Pietro).
Riprendiamo le due notizie relative ad altrettante fughe di spose italiane: Sofia da Costantinopoli (1425) e Carlotta da Cipro (1463). Anche per Cleofe è stato accreditato un inesistente ritorno in patria, associandolo a quello del fratello arcivescovo di Patrasso nel 1430, quando al dominio veneziano subentra il bizantino.
Tracce di Cleofe
Saltiamo al 1794: a Rimini appare un volume dedicato agli scritti di Basinio Parmense (1425-57), curato da due eruditi, i fratelli Francesco Gaetano ed Angelo Battaglini. Angelo è bibliotecario alla Vaticana. L’opera comprende nel primo tomo le Notizie intorno la vita e le opere di Basinio Basini (pp. 1-42) del padre Ireneo Affò dei Minori Osservanti (1741-97, dal 1785 alla morte prefetto della Biblioteca Palatina di Parma); un testo di Angelo Battaglini sulla “corte letteraria” di Sigismondo (pp. 43-255: esso riguarda i letterati forestieri alle pp. 43-160, e quelli riminesi, pp. 161-255). Nel secondo tomo c’è il lavoro di Francesco Gaetano, Della vita e fatti di Sigismondo Pandolfo Malatesta (pp. 257-698).
Battaglini spiega che tra le tante altre notizie che non avrebbe potuto elencare, c’è quella che Cleofe “infine tornasse a casa”. Lasciato il modo verbale della certezza usato in precedenza, ricorre al congiuntivo per indicare un’ipotesi. Battaglini non aggiunge altro, confidando nella capacità dei lettori di cogliere il senso di quello scarto stilistico, tanto discreto da poter passare anche inosservato. Sembra essersene accorto invece Luigi Tonini con l’acribia che gli era propria. Anche se non cita Battaglini, Tonini in una breve scheda su Cleofe annota: “Morì nel 1433, dicono in Pesaro”. Questo si legge a p. 334 del quarto volume, tomo primo della sua storia di Rimini. A p. 335, Tonini però aggiunge che Cleofe fu condotta in Italia dal fratello Pandolfo arcivescovo di Patrasso.
Tonini tralascia la drammatica situazione vissuta da Cleofe, e testimoniata nel 1427 da Battista di Montefeltro con la lettera a papa Martino V. Tonini (morto nel 1874) non poteva ignorare quella lettera in difesa di Cleofe, oltretutto riproposta a Londra nel 1851 dallo scozzese James Dennistoun (1803-1855) e da Filippo Ugolini in un testo edito ad Urbino nel 1859. Da queste omissioni di Tonini, nasce la leggenda del ritorno di Cleofe in Italia, durata sino al libro di Silvia Ronchey da cui siamo partiti (L’enigma di Piero, 2006).
1433, visita l’Italia l’imperatore Sigismondo, il protagonista del concilio di Costanza. A Roma è incoronato da papa Eugenio IV. Diretto al concilio di Basilea, sosta il 30 agosto ad Urbino ed a Rimini il 3 settembre. Ad Urbino gli rende omaggio un messo di Elisabetta Malatesti moglie di Piergentile Da Varano e figlia di Galeazzo di Pesaro e di Battista dei Montefeltro signori di Urbino. Piergentile è stato arrestato agli inizi di quell’agosto, e suo fratello Giovanni II ucciso poco dopo dai fratellastri Gentile IV Pandolfo e Berardo III (ammazzati poi nel 1434), figli della prima moglie Elisabetta Malatesti sorella di Malatesta I di Pesaro. Elisabetta nel 1441, alla morte dell’arcivescovo Pandolfo, è nominata sua erede.
La morte di Piergentile
Battista pronuncia davanti all’imperatore Sigismondo una commossa orazione latina per chiedere quanto anche sua figlia Elisabetta implorava per Piergentile, ovvero grazia e liberazione. Tutto è inutile, Sigismondo se ne lava le mani avendo ricevuto una diffida dal papa. Piergentile è decapitato il 6 settembre 1433. Battista aveva ricordato all’imperatore anche le sventure dei Malatesti. Ovvero, è immaginabile, pure la sorte di Cleofe oltre alla recente cacciata da Pesaro. Dove essi possono tornare nello stesso settembre 1433 grazie ad estensi e veneziani, e ad una rivolta popolare, quando Carlo devasta il contado ed assedia la città.
Rimini e la politica degli uomini
La sosta a Rimini dell’imperatore serve a Sigismondo Pandolfo ed al fratello Novello per fortificarsi, ricevendo un’investitura laica contrapposta a quella papale “in temporalibus”. Ispirati da una rigida Realpolitik, essi non hanno tempo per pensare a Cleofe ed a Mistra. Dove Sigismondo va per la crociata in Morea del 1464-1466 al soldo di Venezia. Francesco Gaetano Battaglini nel riproporre il poema Hesperis di Basinio Parmense in lode di Sigismondo (per i trionfi su Alfonso d’Aragona, 1448), annota: “quello che forse prima non si sapeva, s’intende” da certi suoi versi dove racconta di “quell’Elena figliuola di Cleofe” regina di Cipro che aveva “recato seco sfortunatamente l’erronea credenza del padre […] con ingiuria della Chiesa latina”.
Battaglini rimanda al brano di Basinio riassumibile con il titolo del libro settimo in cui è contenuto: Ad Cypri reginam agnatam suam navigare se velle simulat (il titolo inizia: “Dum Sigismundus meditatur Neapolim ne, an Iberiam invadat…”). Battaglini spiega: “quello che forse prima non si sapeva, s’intende da’ versi di Basinio in quel luogo del libro settimo, dove fa che Sigismondo imbarcandosi, finge che il suo navigare abbia ad essere a Cipro per visitare quella reina. La quale egualmente sarebbe piacciuto di ricordare, sendo quell’Elena figliuola di Cleofe”.
La vendetta di Elena
Di Elena nel 1647 Giovanni Francesco Loredano, ricorderà la vendetta consumata contro Marietta di Patrasso, amante del marito Giovanni III, con il taglio del naso e delle orecchie, nel tentativo forse di farla abortire della creatura che aveva in seno, il futuro re Giacomo II il Bastardo. Anche Elena era allora incinta. Della primogenita Carlotta.
Sigismondo non poteva essersi dimenticato di Cleofe, vissuta “per lo più” (Clementini) alla corte di Rimini, dove lui stesso era stato portato fanciullo da Brescia nel 1421, l’anno delle nozze della giovane pesarese. Di lei certamente aveva sentito parlare dai famigliari, con narrazioni che risalivano al concilio di Costanza. Navigando verso la Morea nel 1464, Sigismondo non poteva non avvertire il peso di una storia ormai lontana nel tempo e rimossa nella memoria politica, tuttavia sempre presente alla sua coscienza di principe indocile ma sapiente. Il suo sguardo era senza i sereni accenti immaginati dalla poesia di Basinio: la bella Cleofe aveva generato Elena “alle spiagge dolci di graziosa luce”. Anche Elena era già scomparsa, a trent’anni, nel 1458.
Basinio aggiunge che il glorioso Malatesti aveva concesso a Cleofe d’andare ad uno sposo greco, essendosi degnato d’imparentarsi con gli antichi Achei. Non un greco qualsiasi, però, bensì un grande re. Che la condusse alle patrie rive. Sotto la retorica encomiastica di Basinio, c’è una verità storica: il ricordo di Cleofe era presente nella corte riminese, anche se il poeta nulla dice della sua sorte.
Con Sigismondo Pandolfo i Malatesti svolgono un ruolo politico europeo che ha salde radici. Il nonno di Cleofe, Pandolfo II, nel 1357 è a Praga ed a Londra, non soltanto per sparlare dei Visconti dai quali era stato umiliato, ma per svolgere una missione da agente segreto al servizio della Chiesa. Con la quale la sua famiglia si era rappacificata l’8 luglio 1355.
(2 – continua)
Antonio Montanari
Nella foto Carlotta, primogenita di Elena Paleologa e nipote di Cleofe Malatesti