Separazioni e divorzi sono un problema attuale e sempre più diffuso. Quando i fiori d’arancio appassiscono arrivano dolore, difficoltà, senso di fallimento e per i cristiani che hanno celebrato il sacramento del Matrimonio con fede, il conflitto interiore si acuisce nel tentativo di vivere la realtà in coerenza con la propria scelta di fede.
Di questo si è parlato mercoledi 26 maggio al Museo della Città nel corso di un incontro organizzato dal centro culturale Paolo VI dal titolo “Con il cuore ferito. Il dolore della separazione, la luce della fede, l’aiuto della Chiesa”, cui hanno partecipato don Stefano Ottani, docente di teologia morale e Roberto Ferraro, membro del Direttivo Associazione Nazionale Famiglie separate cristiane.
Separazione, dal lutto alla pace
Roberto Ferraro, componente del Direttivo Associazione Nazionale Famiglie separate cristiane, ha raccontato la sua esperienza di coniuge separato e padre di due figli e di come la separazione vissuta in modo cristiano l’abbia portato alla riscoperta della fede.
Dopo 25 anni di ateismo, trova la fede grazie alla ragazza che sarebbe diventata sua moglie. Nel 1998 si sposa e per lui famiglia significa “sentirsi a proprio agio”, gli piacciono il calore, l’amore, le abitudini della famiglia, il progetto comune. Poi la separazione, che lui definisce “anomala”, perché durò 13 mesi in cui ben 2 furono i tentativi di riconciliazione. Dopo un anno vissuto nella speranza di un ripensamento, arriva un altro uomo e i sogni di ricomporre la famiglia si spezzano.
A quel punto il progetto è fallito e Roberto deve farci i conti. Lui racconta come proprio in quel momento di crisi famigliare, si consumarono anche gli ultimi mesi di vita del padre e ricorda come infinitamente più atroce la separazione dalla moglie rispetto alla morte del padre: “mentre immaginavo mio padre già tra gli angeli, la separazione era un lutto che si apriva sempre più e non si chiudeva”. Stare con una persona, racconta, è talmente naturale che la ferita della sua perdita è come un progetto naturale che viene meno e senza una spiegazione logica. E proprio in quei tre mesi tra Natale e Pasqua, che descrive come i peggiori della sua vita, Roberto scopre il Signore: ad un tratto vede chiaramente come “la figura dell’uomo separato è quella di Gesù dopo l’Ultima Cena: Gesù sanguina perché i suoi non sono stati con lui, l’hanno abbandonato, vilipeso e deriso”.
Da questa consapevolezza parte la ricerca della pace, che può realizzarsi nella fede portando avanti un atteggiamento costruttivo che parte dal presupposto che non esiste dis- grazia ma che tutto è grazia nella vita.
Ecco allora come dall’esperienza dolorosissima della separazione nasce la consapevolezza di potersi affidare al Signore per abbandonare la rabbia e vivere nell’amore e nella verità. Un atteggiamento di fede che porta il frutto più grande, la pace, perché “la fede se è vera fede è fatta di innamoramento e di separazione, così come il nostro cammino”