Terremoto in spiaggia. Prima il “no” della Corte costituzionale al rinnovo ventennale delle concessioni, poi la polemica sui canoni e successivamente la decisione dei sindaci della riviera di non aumentare la “tassa”. Il tutto condito dalle solite frecciatine politiche. Con ordine.
Il “no” della Corte
Tutto parte dalla Comunità Europea secondo la quale “il rinnovo delle concessioni balneari è in contrasto con il principio delle pari opportunità fra imprenditori”. Tradotto: “l’assegnazione deve avvenire tramite regolare bando”. Apriti cielo, i bagnini fanno fuoco e fiamme, tanto che la Regione dice: “ok, il titolare può rinnovare la propria concessione non più per sei ma per 20 anni, a patto, però, che intervenga sulla spiaggia rinnovandola”. Una scappatoia che non piace al ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto che presenta ricorso alla Corte costituzionale. Che, con la sentenza di pochi giorni fa, sbugiarda l’Emilia Romagna: “la decisione è illegittima”. E spiega il perché: “la norma regionale consente il rinnovo automatico della concessione e questo determina una disparità di trattamento fra operatori economici, dal momento che coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo non hanno la possibilità alla scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio gestore se non in caso in cui questi non chieda la proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti”.
Proprio quest’ultima sottolineatura chiude in faccia alla Regione anche la “carta riqualificazione”.
“Un argomento che avrebbe senso solo se la norma impugnata avesse lo scopo di ripristinare la durata originaria della concessione. Nel caso in esame si tratta della proroga di una concessione già scaduta e pertanto non vi è alcun affidamento da tutelare con riguardo alla esigenza di disporre del tempo necessario all’ammortamento delle spese sostenute, perché il titolare già conosceva l’arco temporale sul quale poteva contare per ammortizzare gli investimenti”.
Insomma, una legge bocciata su tutta la linea.
“Pensavo fosse una legge utile – sottolinea Guido Pasi, ex assessore bolognese ed estensore della legge – con questa decisione la Corte costituzionale costringerà i bagnini a non fare più nessun tipo d’investimenti, il rischio sarebbe troppo alto”.
Commento che i bagnini sposano in pieno.
“Ora è tutto da rifare – dicono Giorgio Mussoni, presidente di Oasi Confartigianato e Romeo Nardi del Consorzio marina riminese – apprezziamo comunque lo sforzo messo in campo dalla Regione. Certo, adesso nessuno si deve aspettare nuovi interventi, del resto chi li farebbe sapendo che il proprio futuro è un punto interrogativo?”.
L’unica certezza in tutto questo bailamme è la decisione del Governo di prorogare fino al 2015 le concessioni.
“Lo ripetevamo da tempo, questa era una legge truffa, una legge dal sapore elettorale – sottolinea l’onorevole Sergio Pizzolante (PdL) – meno male che grazie al Governo abbiamo ottenuto la proroga, altrimenti adesso i bagnini si ritroverebbero senza spiaggia”.
Ma adesso cosa accadrà? Lo spiega l’assessore al Demanio del Comune di Rimini, Antonio Gamberini.
“Accadrà che dal 2015 le concessioni verranno date attraverso il meccanismo delle aste”.
Ma non solo, probabilmente verranno rivisti anche tutti i progetti di accorpamento o di miglioramento già messi in atto.
I canoni
Dalle concessioni ai canoni il passo è breve. La trasmissione “Report” di Rai3, nella puntata di due settimane fa, ha portato alla ribalta ciò che accade negli stabilimenti del litorale romano: entrate da capogiro per canoni ridicoli. Un po’ quello che succede anche sulle spiagge di casa. Perché dati alla mano, i 241 stabilimenti balneari della riviera pagheranno (quest’anno) una media di 6.221 euro e 50 centesimi. Ancora meno sborseranno i 75 chioschi che sorgono sui beni demaniali: 425 euro.
“Sono cifre ridicole – interviene Gioenzo Renzi (PdL) intervistato dal «Corriere» – ma vi rendete conto quanto guadagnano ogni stagione i bagnini? Vogliamo veramente credere che il reddito sia di soli 8mila euro? Basta fare un piccolo conto. Poniamo che ogni bagnino abbia 100 ombrelloni, versando di media 6mila e poco più euro all’anno allo Stato significa che ognuno di quegli ombrelloni ne costa al bagnino 60, ma gli frutta, secondo i prezzi correnti, circa 500 euro al mese. E questo lo sanno tutti”. Quindi “credo che sia immorale guadagnare tanti soldi sfruttando un bene pubblico e pagandolo un’inezia”. Da qui la soluzione. “Basterebbe aumentare i canoni”. Cosa che, però, a quanto sembra, i primi cittadini, da Cattolica a Bellaria, non sembrano intenzionati a fare. “Il canone – sottolinea per esempio Alberto Ravaioli, sindaco di Rimini – potrebbe essere rivisto, ma in accordo con gli operatori, garantendo all’imprenditore la possibilità di lavorare. Qui il problema è conciliare la sentenza della Corte costituzionale e la legge regionale senza perdere di vista i bagnini”.
Parole che hanno fatto andare su tutte le furie Renzi.
“Il problema è che i bagnini spaventano chi è seduto sulle sedie del comando, la paura è quella di perdere consenso elettorale. Ma questi signori dimenticano un piccolo particolare: stanno facendo l’interesse della collettività? Perché con gli introiti delle spiagge si potrebbero fare fogne, ciclabili e tanto altro”.
A correggere le cifre, però, ci pensa Mussoni.
“Renzi si sbaglia, noi paghiamo 10mila euro a bagnino più altri 20mila per costo di salvamento e pulizia della battigia”.
Francesco Barone