Strano mondo quello del calcio. Sorrisi per un gol fatto, gioia di massa per la vittoria della propria squadra, “ultima rappresentazione sacra del nostro tempo” secondo la profezia di Pier Paolo Pasolini. Di pallone si scrive di tutto, di più: dalle moviole ai retroscena di spogliatoio, dal passaggio sbagliato finanche al gossip. La morte e la malattia, loro no, se ne devono stare lontane, sono troppo in contrasto con i riflettori del successo e dei contratti milionari. Eppure il calcio può essere anche foriero di lutto. Attacchi di celerini e curve scalmanate non c’entrano: è la malattia questa volta a tenere banco. In gergo medico si chiama Gherig. Massimiliano Castellani, giornalista di Avvenire, la chiama Morbo del Pallone (Selene edizioni, 2009, pp. 140, euro 14.50). Coraggioso il cronista del quotidiano della Cei: scava laddove in tanti hanno occhi ma pochi (forse nessuno) vogliono vedere. Eppure i dati sono lì, silenziosi, a parlare da soli: nel calcio i malati di Sla sono quasi sette volte superiori a quelli della “normale” popolazione. Nessuno ne parla, girarsi dall’altra parte fa più comodo. Salvo vedere sgorgare qualche lacrima nei momenti topici dell’emozione, magari dopo aver visto un Gianluca Signorini (morto nel 2002) in carrozzina nel mezzo dello stadio “Marassi”, o uno Stefano Borgonovo al “Franchi” di Firenze trainato dall’amico Roberto Baggio. Di studi e analisi mediche nel mondo del calcio però non se ne parla.
“Il mondo del calcio è il più omertoso che abbia mai trovato”, ha dichiarato il procuratore Raffaele Guariniello. C’è da capirlo: discutere sui centimetri di un fuorigioco ci sta, mettere in discussione un sistema dove girano tanti soldi è più difficile. Meglio accontentarsi del comunicato della Figc che “esclude possibili relazioni tra l’attività calcistica e la Sla”. Eppure i numeri fanno pensare il contrario. Come altre strane coincidenze: i più colpiti risultano i centrocampisti, così come alcune squadre (Como, Fiorentina, Sampdoria, Torino, Genoa e Cesena). Alcuni giocatori sono passati anche dalle parti di Rimini. Come Antonio Lombardi, elegante capitano di Como e Avellino. Solo una stagione con i biancorossi (1994/1995), da allenatore, molto prima che in un San Valentino di sette anni fa gli diagnosticassero la Sla. Dopo avere visto in televisione Signorini i primi dubbi, poi l’attestazione dei medici. Poco prima di morire (30 novembre 2007) racconterà: “Ho fatto un sogno questa notte: c’era tanta gente che mi guardava stupita, perché a un tratto mi alzavo dalla sedia a rotelle e incominciavo a camminare con le mie gambe. Era solo un sogno. Un bel sogno, però…”.
Filippo Fabbri