Quando e perché la finanza è diventata gioco d’azzardo? Come ha potuto generare una crisi economica mondiale? Cosa fare adesso per rimediare? Proviamo ad orientarci tra i meandri della finanza con l’aiuto di Vera Negri Zamagni, docente universitaria di storia, intervenuta nel convegno organizzato dalla fondazione Igino Righetti di Rimini, dal titolo Come e perché la finanza è diventata un gioco d’azzardo.
Il ruolo della finanza
“La finanza deve servire all’impresa, è un intermediario tra chi risparmia e chi ha bisogno di capitali. Per garantire questo ruolo di servizio, la finanza è stata sempre regolamentata più di ogni altro settore dell’economia. A cominciare dal dibattito secolare sull’usura, legato al problema che siccome il denaro non ha riferimento reale, chi lo dà in prestito può pretendere tasso di profitto illimitato”.
Ma è il mercato a stabilire il costo del denaro?
“Non è proprio così. Mentre l’oggetto prodotto da un imprenditore sul mercato ha un prezzo mai infinito, che dipende dal costo delle materie prime, dalla manodopera, dai competitori, un prestito non costa nulla: ecco perché si registra la tendenza a mettere tassi di profitto elevatissimi”.
A prescindere da tutto. Cambia qualcosa rispetto a chi si fa credito?
“Questo è un altro aspetto importante: ossia a chi fare credito. Il credito lo chiedono imprenditore e consumatore. La differenza è che l’impresa con quel prestito produrrà profitto e ripagherà il credito, mentre il consumatore, per definizione, tenderà a distruggerlo e non a moltiplicarlo”.
Imparare dalla storia
La regolamentazione finanziaria occidentale non impedì al sistema bancario e finanziario di affrontare pesanti crisi, è la storia ad insegnarlo.
Nel 1636 arrivò in Olanda dalla Turchia il tulipano e con esso la prima speculazione: si speculava sui bulbi e sulle società che li vendevano. Per cui tutti pagavano per un bulbo, da rivendere, prima di ottenerlo. Fu un disastro tale da spingere l’ente pubblico a invalidare tutti i contratti.
Una data importante è quella del 1970, quando due fatti sconvolsero la tradizione storica che legava l’economia occidentale all’aspetto reale e solo in parte a quello speculativo: l’abolizione del gold standard e la deregolamentazione finanziaria negli Stati Uniti”.
Che cos’è il gold standard?
“Si tratta di un sistema di cambi fissi per cui i cambi delle monete non variavano mai (il dollaro valeva sempre 625 lire, per esempio). Questo sistema manteneva bassa la speculazione ed evitava che ci fosse hot money, cioè moneta calda che trae vantaggio dalle differenze temporanee per guadagnare sul breve periodo.
Quando comincia l’era dei tassi di cambio flessibili, questi possono variare moltiplicando la moneta calda.
Negli Usa, da sempre protagonisti, cosa accadde?
“Nel 1933 venne introdotta un’altra regolamentazione. Vennero divise le banche commerciali da quelle di investimento, e tolta alle commerciali qualsiasi facoltà di speculazione”.
Cosa succede a questo punto?
“Nel 1970 arriva l’euro-dollaro. A questo punto gli Usa temono di essere tagliati fuori dalla finanza, sono insoddisfatti dell’economia reale e, forse sperando in una nuova Eldorado, iniziano la deregolamentazione del sistema finanziario. In 20 anni nascono i colossi della finanza internazionale che però non avevano legami con le imprese e trovarono più semplice fare credito al consumo. Per conquistare in fretta i mercati, si inventano l’innovazione finanziaria”.
Innovazione finanziaria
Si basa, in primo luogo, sull’idea che per moltiplicare i profitti, chi dà credito deve accelerare il giro del capitale.
Accelerare il giro di capitale? Di cosa si tratta?
“Le banche pensarono di mettere il credito in un titolo (cartolarizzazione) e venderlo per ricavare liquidità con cui fare altro credito (mentre il titolo avrà una storia separata). A quel punto, però, successe che i titoli migliori si vendevano mentre gli altri stagnavano”.
Presumo che a questo punto ci si sia inventati qualcos’altro…
“Già, ci si inventò un altro titolo (derivato), costituito da titoli più e meno buoni. A questo punto però risalire all’origine dei derivati risultava impossibile e l’ultimo acquirente si ritrovava proprietario di qualcosa che non conosceva più”.
Ci sono elementi che hanno ulteriormente complicato questa situazione?
“Ci sono i fondi di copertura. Quando il rischio aumenta, i soggetti comprano un titolo assicurativo (che pagherà il rischio). A loro volta, le assicurazioni mettono sul mercato altri titoli per avere disponibilità di liquidi. Aggiungiamo a ciò, chi specula vendendoli e comprandoli e il sistema si complica irrimediabilmente. Tutti questi titoli, poi, non trovano corrispettivo di regolazione, per cui la prassi diventa: comprare titoli allo scoperto. Quando la bolla speculativa scoppia e i prezzi scendono, quel soggetto non ha più soldi per pagare, comincia la corsa per vendere e i prezzi crollano ancora di più. È una valanga”.
Un castello di carta
Nel 1990 si eliminano i controlli sui mercati di capitali e la speculazione mondiale può puntare su un singolo obiettivo.
Cosa comportò questo cambiamento per l’Italia?
“L’Italia ne fece le spese nel 1992, quando tutti decisero che la Lira era sopravvalutata e vennero portati via dall’Italia 60mila miliardi di Lire. Per tamponare la falla, il Ministro Amato tolse dalle tasche degli italiani 100mila miliardi di Lire in 1 giorno”.
Una grande speculazione, allora…
“Nel 1999 vennero separate le banche commerciali dalle banche da investimento, gli Stati Uniti moltiplicarono la disponibilità speculativa. La leva finanziaria (credito fornito senza base esistente) arrivò a 60 (1 reale per 60 allo scoperto) con mutui forniti a milioni di persone che non potevano restituirli, cominciò il tentativo di vendita e il prezzo dei titoli crollò.
Il tutto complicato dal fatto che nei bilanci delle banche americane questi affari non comparivano dal momento che era possibile dirottarli su società veicolari. Sono i famosi titoli tossici, così chiamati perché nessuno sa cosa c’è dentro, nessuno li vuole e i prezzi crollano.
Pensate che la Lehman Brothers, per avere un bilancio accettabile aveva venduto 50 miliardi di titoli il giorno prima della scadenza del bilancio a una società veicolo per ricomprarli il giorno dopo!”.
Implicazioni
Il mondo non si è ancora ripreso da tutto questo “sfacelo” ci saranno altre implicazioni?
“In primo luogo il mondo del lavoro e dei lavoratori è rimasto sconvolto, non solo dal crollo ma dalla tendenza che si sviluppò prima. Gli studenti andavano a lavorare alla borsa di New York o di Londra, dove gli addetti alla finanza arrivarono a 6 milioni. Le imprese in difficoltà si mettevano a speculare e nessuno faceva più l’ingegnere pensando che il futuro dell’economia derivasse dalla finanza, cosa impossibile”.
I consumi sono stati drogati da questo sistema?
“Ovviamente. Le banche non hanno finanziato il benessere ma un eccessivo consumo privo di fondamenta. Lo slogan diamo casa a tutti gli americani è splendido ma non va alimentato con il credito”.
Cosa differenzia, allora, finanza e gioco d’azzardo?
“Il coinvolgimento globale: tutti ne fanno le spese, non solo chi si è divertito a giocare. Ma in finanza chi gioca non sempre perde. È raro che le crisi economiche comincino dal sistema finanziario. Ma la mancanza di fiducia negli affari e di credito alle imprese rallentano l’economia”.
In tutto questo gli Stati non vivono bene, cosa possiamo dire in merito?
“La diminuzione delle entrate, l’aumento della spesa per gli ammortizzatori sociali, l’esborso statale per salvare le banche (gli Usa da soli hanno speso subito 700 miliardi di dollari) hanno causato la crisi fiscale degli Stati. Ora, poi, la speculazione se la prende paradossalmente con gli Stati più fragili. L’America è uno di quelli: i conti pubblici sono più sballati dei nostri, ha un deficit in bilancio del 10% (Italia: 5%) e un deficit nella bilancia dei pagamenti”.
Che fare?
“Occorre regolamentare la finanza: togliere munizioni al fuoco speculativo imponendo trasparenza nei bilanci e quindi una leva più bassa, eliminando operazioni allo scoperto e società veicolo.
Un’altra possibilità è tornare a separare banche commerciali e da investimento. Si può tassare la finanza e impedire ai risparmiatori di acquistare i titoli.
La società civile, dal canto suo, può privilegiare la finanza etica e le banche che non speculano. E soprattutto, ricordare che tutti dobbiamo lavorare e che la prosperità viene dal lavoro: ora et labora!”.
Romina Balducci