Il Settecento per il porto di Rimini si concluse con l’episodio burrascoso del complotto che vide vincitore il medico Giovanni Bianchi contro Ruggero Boscovich e Serafino Calindri come abbiamo visto in un articolo precedente Il triangolo del complotto (il Ponte n. 46, 13 dicembre 2009). Bianchi vinse per i lavori al porto con la teoria del prolungamento dei moli “alla maniera degli antichi” contro l’escavazione del canale portuale rimedio consigliato da Boscovich e da tutti gli altri matematici, ordinato dal Papa Clemente XIII, voluta dalla Congregazione del Porto e praticata da Calindri con macchine da lui finanziate (prototipo e macchina). Escavazione praticata poco e male per le avversità atmosferiche e la contrarietà degli avversari che la osteggiarono in tutti i modi e con ogni mezzo senza escludere la calunnia. Sui lavori al porto riminese si scontrarono due correnti, da una parte chi era fautore del metodo all’antica, dall’altra chi praticava metodi nuovi e scientifici.
L’empirismo e la nuova scienza
L’empirismo contro la nuova scienza. Ma non fu proprio così semplice. In gioco entrarono anche altri fattori: le alleanze politiche interne allo Stato della Chiesa, alcune questioni economiche ed altre teologiche, in un coacervo di alleanze e dissidi interni. Gran parte dei protagonisti principali, oramai anziani, uscirono di scena quasi tutti negli anni successivi, Papa Clemente XIV morì il 22 settembre 1774, Bianchi il 3 dicembre 1775, Boscovich il 13 febbraio 1787. Il Settecento finì ma non finì l’escavazione e il prolungamento del canale del porto, il solo rimedio di prolungare i moli non aveva sortito l’effetto risolutivo. Gaetano Moroni nel Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica 1852 vol. LVII p. 253, riporta importanti notizie del porto di Rimini «Nelle Memorie del porto di Pesaro, di Olivieri, questi sostenne ch’era maggiore di quel di Rimino, ma nell’Effemeridi letterarie di Roma del 1774, p. 221, si dice che il porto di Rimino è in tutto più largo, più lungo e più comodo, come posto su un fiume più grande, più copioso d’acque e più impetuoso, qual è il fiume Arimino oggi Marecchia, di quello che non è l’Isauro oggi Foglia, così detto per avventura da una certa donna riminese. Non di meno si confessa, che il porto di Rimino pei gran detrimenti sofferti, in qualche tempo può essere stato più cattivo e imbarazzato di quel di Pesaro, tuttochè questo sia posto su d’un fiume minore. Riferisce il Castellano, che in mezzo a’ campi si vedono gli avanzi dell’antico faro del suo celebre porto; e che un artificioso canale serve ora di porto assai più lungi per le piccole navi mercantili e per le barche peschereccie che oltremodo vi abbondano, facendosi del pesce copiosa esportazione pe’ luoghi montani».
Studi idrometrici con scandagli
L’Ingegnere Idrostatico Serafino Calindri fu il primo ad annotare puntualmente l’andamento delle correnti marine a misurare i fondali con scandagli tra la fine del 1763 e il 1768 del porto di Rimini e della costa. Osservò “le altezze delle grandi, e mezzane burrasche di mare…” e i movimenti di ghiaie e arene con la formazione e progressione dei banchi, rilevò i fondali e le loro variazioni “…tanto nel canale che in mare a notabili distanze ha rilevate le variazioni seguite nei rispettivi fondi, per scoprire la natura, e riconoscere le leggi, che ella osserva nello sbocco dei fiumi in mare…le quali ridotte in tante mappe…”. Osservazioni “reiterate in diversi tempi per più giorni dal fiume Potenza ai lidi di Ravenna”, misure prese allo sbocco del porto di Rimini con la riproduzione in mappe e osservazioni al litorale Adriatico da Porto Recanati a Ravenna per oltre cento miglia romane (148 km c.a.), in Del Porto di Rimino, Lettera di un Riminese.
Il metodo dello studio e della conoscenza del fenomeno, per formulare una soluzione scientifica al problema reale, era ampiamente praticato nell’insegnamento delle discipline scientifiche. L’insegnamento della matematica, della geometria, della fisica nei ginnasi e università sancì l’evoluzione della scienza nella soluzione di problemi pratici. Il primo a misurare i fondali del porto con scandagli a distanze regolari e a rappresentarli graficamente in sezioni fu l’ingegner Serafino Calindri, il merito riconosciuto nella Memoria del porto dal Padre Ruggiero Giuseppe Boscovich, pag. 2 «così ho giudicato mio particolar dovere di ricercare le suddette osservazioni, e prendere da esso tutti quei lumi, che la lunga, ed attenta serie delle medesime tante, tanto penose, e precise osservazioni gli ha copiosamente suggeriti… Questi scandagli sono espressi in una carta delineata colla sua solita diligenza dal Sig. Calindri insieme colli scandagli presi in faccia alla bocca e dentro il canale a due lati, e in mezzo… ma nel passato non si è usata alcuna di somiglianti diligenze».
La scienza e i problemi pratici
Nei documenti sulla vicenda è emerso definitivamente un aspetto estremamente interessante: l’evoluzione illuminista dell’approccio del metodo scientifico per la soluzione di problemi reali è oramai definitiva. Le resistenze delle correnti e dei governi conservatori contro le idee della evoluzione della scienza e della ragione illuminista, mai sopite nel Settecento, nel secolo successivo si infransero contro i moti sociali del ’48, idee rallentate dalla Restaurazione ma non più arrestate. Le radici del metodo scientifico, basato sull’analisi del problema reale, originate storicamente nel Seicento, affondano nell’Illuminismo. Fu la fase storica di passaggio nell’evoluzione del pensiero umano che abbandonò l’empirismo. In questa ottica la contesa o complotto settecentesco sul porto riminese è un evento eccezionale dove tutti questi elementi emergono in concomitanza alla cultura scientifica europea. In un’ Italia divisa per stati il fermento scientifico era attivo più che mai «fin dal 1750 la rivista enciclopedica Storia Letteraria d’Italia si trovò al centro delle controversie…la rivista, che dava ampia trattazione ed incoraggiamento ai lavori di Giambattista Morgagni, Giovanni Targioni Tozzetti, Vincenzo Riccati, Ruggiero Giuseppe Boscoviched altri, sciegliendo i contributi migliori e mantenendo il livello di qualità che gli scienziati più innovatori stabilivano per se stessi, arricchì in modo considerevole la cultura scientifica italiana nel periodo che va da Antonio Vallisneri a quello di Galvani e Volta» (Brendan Dooley. Rivista storica italiana, anno CVII, fascicolo 1, 1995, pag. 289-290).
La vicenda del porto riminese nel ’700, ampiamente documentata, è permeata delle contraddizioni e dello sviluppo della cultura italiana e europea dell’epoca. Testimonia anche nella remota provincia dello Stato l’inizio di una fase storica dove la scienza e il metodo scientifico, il ragionamento, il pensiero, l’intelligenza unite ed applicate alla scienza entrano nella vita degli uomini. Allo stesso tempo testimonia che il cambio al soglio Pontificio e l’avvicendamento di gran parte dei vertici dello Stato della Chiesa al governo determinarono una sterzata verso la conservazione in anticipo di un trentennio sui fatti storici di fine settecento.
Il successore
L’ing. Brighenti proseguì gli studi di idrostatica dell’ing. Calindri.
Studi ripresi nel secolo successivo da Maurizio Brighenti professore, ingegnere, idrostatico di nota fama. Brighenti nacque nel 1793, si laureò nella facoltà di matematica di Bologna, conseguì la specializzazione in ingegneria e occupò la cattedra di geometria descrittiva a Roma. Nel 1826 lascia la cattedra di geometria descrittiva per motivi di salute ritornando a Rimini, sua città natale. Di lui era nota la pubblicazione Ricerche geometriche ed idrometriche per la scuola degli ingegneri. Pisa 1862 (tipografia Nistri). In questa sua pubblicazione scientifica riportò le ricerche che eseguì su tutti i porti dell’alto Adriatico. Gli studi dell’Ing. Brighenti riguardarono la natura della foce dei fiumi, i loro percorsi e la causa delle inondazioni cagionate “dalle ghiaie e dalle terre che ivi trascinano le piene dei torrenti, da cui sono alimentati”. Approfondì gli studi sulle correnti marine che arrecano danni nelle stagioni più piovose, quando le piogge gonfiavano i fiumi e le piene scaricavano i detriti nei porti. Studiò il moto ondoso delle burrasche e gli sbocchi dei torrenti sottovento. L’Ing. Brighenti iniziò i suoi studi sul Marecchia sin dal 1821 analizzandone la velocità delle acque superficiali, la portata, la pendenza negli ultimi chilometri dalla foce, la velocità media dello scorrimento dell’acqua.
Ancora, nei dati ufficiali del traffico portuale del 1913 risultano N. 10 navigli per l’escavazione del porto
Loreto Giovannone (1 – continua)