Un braccio di ferro tra sindacati e rappresentanti di categoria in un settore come quello della pesca è raro da vedersi ma, magia della “crisi”, è successo pure questo. Negli studi della trasmissione Tutto Rimini Economia (Icaro Tv) si è discusso, nella consueta serata del giovedì, del settore ittico e dei problemi che i lavoratori del mare stanno attraversando da anni e in modo particolare negli ultimi dodici mesi. Il caro gasolio è solo la punta di un iceberg che riaffiora, più o meno, in superficie in linea con l’oscillazione del prezzo del barile nei mercati internazionali. Ma la base del ghiacciaio è ben più ampia e si compatta intorno al calo dei consumi, alla rigidità del pacchetto norme legato alla sicurezza e alla tirchieria del mare che, bontà sua, di tanto in tanto ha bisogno di riposarsi per far “crescere” in modo adeguato le sue ricchezze. Morale della favola, per i lavoratori arriva la cassa integrazione anche in un settore che storicamente non ne ha mai fatto ricorso.
Per il bene di…
Ma il braccio di ferro? Presto detto. Tutti vogliono il bene dei lavoratori, riconoscendo la durezza del lavoro di mare. Tutti vogliono il bene del mare che si deve preservare in quanto risorsa. Il punto è che il modo in cui raggiungere questi obiettivi non avvicina le parti. Non del tutto, almeno.
Se da una parte Giancarlo Cevoli, Presidente della Coperativa Lavoratori del Mare, punta sul fermo biologico più lungo permettendo alla fauna di “ingrandirsi” di più, dall’altra la parte sindacale propone la diminuzione delle giornate lavorative e quindi delle ore di pesca da distribuire su tutto l’anno.
“C’è una legge dello Stato – commenta Rinaldi della Flai Cgil, settore pesca – che stabilisce che l’equipaggio non può stare a bordo per più di 72 ore a settimana, mentre i marinai di Rimini ne lavorano 100”.
“Non si può applicare – tuona Cevoli – e poi sono poche le imbarcazioni che fanno le 100 ore”.
Si può fare o non si può fare? Certo è che, così di primo acchito, sembrerebbe quantomeno ragionevole la soluzione di una diminuzione delle ore di pesca ma, a detta di Cevoli, si creerebbe uno squilibrio nel mercato.
In poche parole: “Va bene, Rimini stoppa un giorno prima, ma i nostri vicini? Noi stiamo chiedendo come marineria di Rimini di fermare il venerdì (ora è il sabato il giorno in cui si ferma, ndr). Purtroppo non possiamo solo essere noi, è un fatto di mercato, di competizione. Sono quelle cose che devono essere supportate da una legge, un regolamento, un decreto. Se a noi a Rimini ci imponessero di fermare la pesca al venerdì noi saremmo felicissimi. Per noi la soluzione sarebbe l’incremento delle giornate del fermo tecnico”.
Andiamo a vedere, quindi, su quali punti si incardina la “medicina” Cevoli.
I trenta giorni di stop, che da un paio di anni vengono fatti, sono troppo pochi. “Noi lo ribadiamo da tantissimo tempo, da quando è entrata in vigore questa soluzione”.
Prima si facevano 45 giorni, anche due mesi e i risultati non mancavano. “Non dobbiamo dimenticare una cosa: la ricchezza che ha il mare Adriatico, specialmente da Ancona in su non ha uguali, aggiungo, in nessuna parte del mondo”. Sono cose che ci dicono i ricercatori, i biologi, etc…I fiumi che ci sono al nord del mare, garantiscono, infatti, una riproduzione unica. Lo dimostra anche il fatto che in pochissimo tempo, in un mese per esempio – come lo scorso anno ha dimostrato- si registra un grande incremento in termini di quantità rispetto a certe qualità di pesce, per esempio le triglie da 4 cm di luglio possono diventare lunghe 12cm a settembre.
Stop tecnico in “bianco”
Ricetta data, ma i lavoratori del mare non possono certo dire di essere contenti di questa soluzione, soprattutto se quest’anno (come sembra) le cose prenderanno lo stesso piede del 2009, con i pescatori costretti allo stop tecnico e non retribuiti dallo Stato. È successo per la prima volta nella storia proprio quest’anno: obbligati a lasciare le barche al porto in cambio di un contributo pari a zero. Non può, di certo, dirsi un affare.
È stata questa la “goccia” che ha permesso di introdurre la soluzione della cassa integrazione nell’ittico. “Anche se – continua Rinaldi – non è stato dato ai lavoratori il minimo garantito (mille euro, ndr) ma appena 650 euro”.
Per questo e tutta un’altra serie di problemi, recentemente, il sindacato ha mandato una lettera alle istituzioni, alla Provincia in particolare, per organizzare un tavolo sui problemi della pesca e dei lavoratori del mare.
“In quel documento siamo partiti dall’ammortizzatore sociale. Ma bisogna dire che la pesca è colpita, negli ultimi anni, da queste leggi che vengono decise a Bruxelles e che limitano molto il settore. È l’Unione Europea che le inpone per evitare che il prelievo di risorse sia eccessivo, con l’obiettivo di mantenere vivo l’intero settore”.
Un problema, questo delle decisioni prese in “alta” Europa che gli armatori, in particolare, lamentano da tempo soprattutto per quel che riguarda le norme di sicurezza. Non sempre le cose che sono decise per i mari atlantici vanno bene per il mare Adriatico.
Dai banchi della politica
Jamil Sadegholvaad, assessore provinciale con delega per la pesca, poggia il tassello istituzionale alla discussione. “Gli impegni sono importanti perché ci rendiamo conto dell’importanza di questo settore dell’economia. Posto che, per la pesca marittima, le prerogative principali sono in mano alla Regione. Mentre sulla pesca «acque interne» la Provincia ha più potere programmatorio. Abbiamo per esempio approvato da poco un piano ittico provinciale. Ma poi vi è tutto un impegno che riguarda, per esempio, il «Tavolo blu» che è un tavolo di concertazione sulla pesca marittima”.
Le novità
E dal primo giugno arrivano reti a maglie più larghe e lo stop alle deroghe per la pesca a strascico entro le tre miglia dalla costa. Quali saranno gli effetti di tutto questo?
Il timore dei palati più fini è quello di vedere scomparire dai banchi del mercato alcune specie di taglia piccola come i bianchetti. Una possibilità che a detta di Cevoli pare scongiurata, visto che per alcune specie e in particolari periodi dell’anno si troveranno delle deroghe. “Ne ho parlato in Regione e su questo siamo tutti d’accordo”. E cosa temono, invece, i lavoratori?
Nessun timore particolare, del resto si fa tutto pur di rispettare papà mare.
Angela De Rubeis