Editoria: un settore da leggere

    Italiani popolo di poeti, santi e di navigatori. Riminesi popolo di editori e di stampatori. Questo per lo meno dicono i numeri del Rapporto Economico 2008-2009 della Provincia di Rimini che, nella sezione dedicata all’industria manifatturiera segnala la categoria “Editoria, stampa, e riproduzione di supporti registrati” e le sue 212 aziende in attivo, quale uno dei settori più stabili e costanti dell’ultimo quinquennio. Appena due in meno nel 2003.
    Una macro area che accorpa al suo interno 104 aziende di “Altre stampe e arti grafiche”, 21 aziende di “Edizioni di libri, opuscoli, libri di musica e altre pubblicazioni”, 19 aziende di “Rilegatura e finitura libri”, 17 di “Editoria”, 15 di “Edizione di supporti sonori”, 14 di “Edizione di riviste e periodici”, 12 di “Rilegatura e finitura di libri” e infine 10 di “Composizione e fotoincisione”.
    Un settore che vola sopra la crisi economica?
    Certo è che la filiera “Editoria” intesa in questo, largo, modo è assai composita. L’attegiamento di un editore puro che investe sulla cultura e un prodotto editoriale avrà sicuramente “storia” diversa rispetto a quello di uno stampatore che oltre a stampare libri può muoversi su mercati diversi, quali quello della stampa pubblicitaria, delle locandine, dei manifesti, etc…
    Dal punto di vista delle “case editrici” Rimini e provincia può dirsi una realtà vivace con una tradizione ben radicata sul territorio e con linee editoriali ben precise. Sempre nel 2008 Pazzini ha pubblicato 30 titoli, con una tiratura di 1000 copie dedicate sostanzialmente al genere della fotografia e della religione. Raffaelli pur pubblicando lo stesso numero di titoli ha messo in circolazione 3000 volumi dedicati per di più alla poesia. Panozzo ha pubblicato la metà dei titoli ma con una tiratura di 27mila copie prevalentemente dedicate alle tematiche della cucina. 10 i titoli pubblicati da Capitani con 1500 copie riservate in primis al settore della poesia dialettale. E infine la parte del leone spetta alla Maggioli con oltre due milioni di copie distribuite sui 1300 titoli dedicati sostanzialmente alla giurisprudenza e alle normative.

    Ma non è tutto rose e fiori
    “A partire dall’ultimo trimestre del 2008 le cose sono cambiate”. A parlare è Alberto Azzolini titolare della storica Ramberti Arti Grafiche (ex Arti Grafiche Ramberti), 80 anni sul mercato, che dall’inizio dell’anno ha subito una ristrutturazione che l’ha portata anche al cambio del nome. E non solo. Su una rivista immobiliare, infatti, è apparso un annuncio di vendita del capannone di Viserba di proprietà dell’azienda. L’idea sarebbe quella di restare all’interno, ma in affitto.
    Quando si è avvertito il calo di lavoro?
    “Il calo è stato progressivo sia per volumi sia per valori. Dall’ultimo trimestre del 2008 ad un progressivo peggioramento nel 2009”.
    È possibile quantificarlo?
    “Intanto dobbiamo dire che nel nostro settore, nell’area che va da Bologna ad Ancona su 100 aziende 98 hanno risentito della crisi con cali che vanno dal 25% al 40%. La Ramberti ha perso un 38% dal 2008 al 2009”.
    Che cosa ha comportato questo?
    “Sicuramente ho dovuto ripensare e riorganizzare la produzione. Abbiamo inserito la novità, per noi, della stampa digitale (il settore si sposterà a giorni a pochi metri dall’attuale sede, ndr) e dovuto dislocare ad altra azienda altre aree di lavoro, come la stampa di grande formato. Praticamente è stata dismessa una parte produttiva dell’azienda”.
    E i lavoratori?
    “Attualmente 5-6 persone sono state inserite nella nuova società (quella ristrutturata, ndr) che si è formalmente costituita a inizio di quest’anno, mentre circa una dozzina di persone sono in cassa integrazione. Di questi circa la metà vengono in azienda con una certa regolarità per smaltire del lavoro”.
    L’azienta con la quale vi siete aggregati è riminese?
    “Si tratta di un grande gruppo, Logo, che ha tante aziende ma il cuore operativo è a Padova”.
    Quanto riuscite a risparmiare attraverso l’esternalizzazione?
    “Circa il 20%. Se prima un manifesto mi costava 100, ora mi costa 80”.

    Riorganizzare è la cura?
    Riorganizzare, esternalizzare sono queste le strategie giuste?
    Di certo il panorama non può dirsi roseo. Pierluigi Festagalli segretario della Uil com conferma il periodo di “disagio”.
    “Complessivamente hanno tenuto le aziende che operano per il settore pubblico”. Stando alle situazioni note al sindacalista, solo nel settore grafico lavorano 700 addetti, il 10% dei quali sono stati investiti dalla crisi. Mentre per quel che riguarda la cassa integrazione in deroga (non prevista dalla legge e destinata al mondo dell’artigianato) essa è stata richiesta da una quindicina di aziende.
    “Ad ogni modo sono le piccole tipografie ad aver sofferto maggiormente. Stiamo parlando di aziende con due, tre addetti ai quali venivano subappaltati i lavori di aziende più grandi o che comunque si muovevano sul mercato con una loro specificità”.
    A conti fatti, insomma, il settore si “industria”, rinnovandosi dove può o puntando sulla storicità del marchio quando serve.

    Angela De Rubeis