Parmigiano free: impossibile saperlo

    Ogm e prodotti tipici. Un matrimonio che stando al carattere “artificioso” del geneticamente modificato e agli intenti nobili e “puristi” del tipico enogastronomico, dovrebbe fallire già in partenza. Eppure, come riportato da il Ponte sul numero della scorsa settimana (Prodotti Ogm, se li conosci…, n. 21/2010, pag. 6) anche nella diatriba tra favorevoli e contrari al biotech, c’è un fatto su cui tutti sembrano d’accordo: gli ogm, sebbene la coltivazione ne sia vietata in Italia e sebbene sia la Regione Emilia Romagna sia la Provincia di Rimini siano dichiaratamente ogm free, sono importati dall’estero e utilizzati come mangime (soia, colza, semi oleaginosi) per gli animali da allevamento compresi i suini da cui ricaviamo il prosciutto dop e le mucche da cui proviene il Parmigiano Reggiano.
    Torniamo sull’argomento con il giornalista e scrittore Michele Marziani, esperto di enogastronomia e autore di diverse inchieste sull’argomento.

    Marziani, è vero che gli ogm sono tra di noi?
    “Diciamo che è una realtà con la quale da diversi anni dobbiamo fare i conti. È vero, la maggior parte dei pannelli di soia e di mais che diamo da mangiare ai nostri maiali e alle nostre vacche, è di tipo ogm. Non ci sono alternative concrete sul mercato ai mangimi provenienti da oltre oceano. Soia e mais ogm hanno prezzi altamente convenienti: scegliere altri prodotti per un grosso allevamento significa andare fuori mercato”.
    Non c’è dunque nessuna via di uscita per chi vuole allevare e ottenere prodotti ogm free?
    “Ci sono piccoli allevatori che scelgono mangimi sicuramente non ogm o che lavorano a filiera chiusa, cioè producono anche sementi e mais per i propri animali. Ma si tratta comunque di piccole realtà, quasi delle eccezioni”.
    Nel Riminese qual è la situazione?
    “Sulle produzioni tipiche locali ci sono delle realtà virtuose e questo fa ben sperare”.
    Resta il fatto che anche sulle nostre tavole arriva il Parmigiano Reggiano, “bandiera” della naturalità e della tradizione, ma non esente da ogm…
    “Già, il Consorzio che in televisione non fa entrare le mucche del prato vicino, nella realtà, da anni, fa entrare mangimi a base di soia e mais geneticamente modificati. Tra i primi ad ammettere la gravità della situazione è stato l’ex ministro delle politiche agricole Gianni Alemanno: il 92% dei pannelli di soia in commercio contengono organismi geneticamente modificati. L’aveva già detto il suo predecessore nel governo D’Alema, il professor Paolo De Castro, che in un articolo pubblicato sull’Informatore Agrario agli inizi del 2004 spiegava che in Italia la soia e il mais per i mangimi vengono importati da paesi che coltivano ogm. «Non vi è prodotto – scriveva De Castro – di origine animale, sia esso latte, formaggio o carne, prodotto tipico e non tipico, prodotto dop e non dop che non sia stato ottenuto come mangimi contenenti ogm». Come confermò anni fa lo stesso presidente del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano, Andrea Bonati, per i mangimi non vale la prescrizione sull’origine delle materie prime, e quindi, poiché le aziende sono costrette a procurarsi soia dai paesi extra Cee, utilizzano anche soia e mais transgenici. Con buona pace anche di quella grande distribuzione – come Coop – che fa vanto di non avere ogm tra i propri prodotti”.
    Ci sono eccezioni?
    “Diciamo che su oltre cinquecento caseifici, ce ne saranno più o meno una ventina, sparsi tra Parma, Modena e Reggio Emilia, che producono parmigiano biologico rispettando oltre al disciplinare del Consorzio, anche le procedure che vietano gli ogm nell’alimentazione degli animali. Ma chi conosce il parmigiano ogm-free? Nessuno, perché non è scritto, e non si può scrivere, sull’etichetta”.
    Dobbiamo temere?
    “Non ne farei un problema principalmente di tipo salutistico. Un ogm in più o in meno non credo faccia poi differenza con le abitudini alimentari che abbiamo oggi e tutta la schifezza che troviamo in commercio… Il vero problema è legato al business e alla dipendenza eccessiva che si viene a creare rispetto a certi paesi e alle grandi multinazionali. Il problema è che con gli ogm il cibo diventa proprietà di qualcuno, le sementi sono di chi le brevetta e quindi, se vuoi coltivare, o compri i semi dalle multinazionali proprietarie del seme o muori di fame. Sarebbe come se fossimo costretti a comprare l’aria! È una questione di potere, di controllo sulla nutrizione dei popoli, di libertà, prima ancora che di salute”.
    C’è chi sostiene che gli ogm siano indispensabili per nutrire una popolazione mondiale in continuo aumento…
    “Già, dietro a questa affermazione si cela però un altro problema: tutti ci vogliono far credere che abbiamo bisogno di produrre tanto e, di conseguenza, che abbiamo bisogno di tanto mangime anche per i nostri animali da allevamento. In realtà nessuno ti fa sapere quanto dell’enorme quantità di cibo prodotta nel mondo viene buttato via. Non avremmo bisogno degli ogm se tornassimo a dare il giusto valore e il giusto peso a quanto mangiamo. Nel mondo c’è già da mangiare per tutti, ma nonostante questo si muore di fame, con gli ogm le cose non cambierebbero”.

    Alessandra Leardini