Come sarà il futuro? Bella domanda

    Come sarà il futuro? Domanda dal fatidico milione di dollari che ha tolto il sonno alle generazioni dei nostri padri e anche oggi, pur avendo consapevolezza dello spazio, del tempo, di tutto quello che ci circonda e (l’illusione) di tutto quello che non ci circonda. Ebbene il domandone esercita ancora il suo fascino ed è riuscito a riempire il Centro Congressi Europeo di Bellaria di sabato mattina (20 marzo). Parterre delle grandi occasioni – per l’evento organizzato da Romagna Est Tra cent’anni…prospettive sul futuro: una mano per la ripresa – partendo dal giornalista ed economista Oscar Giannino, alla giornalista del Tg1 Monica Maggioni passando per Luca de Biase, giornalista de Il sole 24 ore e scrittore. A coordinare i lavori, Giuseppe Cruciani, giornalista pure lui (Radio 24).
    Dall’economia del Paese, alla spesa pubblica, passando per la collocazione dell’Italia nel mercato europeo. Valutando, poi, il ruolo dell’informazione, della formazione dei giovani studenti e della forza politica e non della classe sociale dei “giovani”.

    Una cosa è certa…
    “Mantenere stabili i costi della «cosa» pubblica per rimanere competitivi in Europa”. È questo un aspetto fondamentale secondo Oscar Giannino che le sue idee sulla questione crisi e prospettive di futuro non le manda certo a dire. Da uomo che mangia numeri a colazione tuona: “Una cosa è certa: qualsiasi sia stato il colore politico dei governi, sono decenni che la macchina pubblica ha dei costi altissimi. Abbiamo assistito a un piccolo ridimensionamento nell’anno dell’entrata in vigore della moneta unica europea. Per il resto i numeri sono chiari”.
    Perché è così importante rimanere competitivi in Europa?
    Semplice. Non si può fare affidamento solo, o per lo meno principalmente, sul mercato nazionale. “Ci muoviamo dentro logiche globali. – continua l’economista – Le scelte di politica economica non hanno conseguenze solo nel nostro orticello ma agiscono su scala globale”.
    Puntare in alto, puntare in largo, quindi. E poi?
    Sergio Gatti si gioca la carta del risparmio. “Incoraggiamo il risparmio. La crisi ci ha insegnato che la raccolta del risparmio fa bene e rafforza le banche. Perché non abbassare le aliquote sul risparmio, per esempio”?

    Non solo economia
    Nella logica dell’Italia “globale” non contano solamente le regole politiche ed economiche ma conta anche l’immagine. Certo che a guardare la rassegna stampa delle più importanti testate europee non c’è da dormire tranquilli: l’immagine è tutt’altro che positiva. Complice lo scandalo che ha coinvolto il Presidente del Consiglio e le presunte candidate-veline e poi l’affaire D’Addario e ora le intercettazioni Berlusconi-Ag Com, etc…
    “L’immagine dell’Italia all’estero. – esordisce la Maggioni – Su quali standard possiamo valutare? Dovremmo chiederci più che altro che tipi di effetti ha sul turismo questo tipo di «pubblicità» è poi chi scrive di noi. Le grandi firme dei grandi giornali stranieri altro non sono che una quindicina di giornalisti – corrispondenti che vivono a Roma. Spesso cavalcano l’onda. Vivono in Italia e conprano i giornali, si fanno delle idee sul nostro Paee, sugli italiani, la politica, etc… Hanno idee e prendono posizioni. Io, se fosse possibile, abbasserei un attimo i toni rispetto a questa questione del «cosa dicono di noi»”.

    E veniamo al futuro…
    A parlare è Luca De Biase che cerca di spiegare cosa e perché, a suo dire, rende quello di “futuro” un concetto problematico per i giovani di questo tempo. Il De Biase pensiero gira intorno ad una considerazione: negli anni ’50, ’60 e ’70 i genitori sapevano, avevano la certezza, che i loro figli sarebbero vissuti in un posto e in un modo migliore rispetto a quello che avevano vissuto loro. Anche le famiglie protagoniste del fenomeno dell’immigrazione interna: erano consapevoli dei sacrifici che avrebbero fatto, delle sofferenze che avrebbero attraversato le loro vite ma sentivano che era la cosa giusta da fare e che quella scelta avrebbe comportato per i loro figli un futuro migliore, appunto. Oggi si può dire lo stesso? “No non possiamo farlo. Se negli anni del Baby boom l’evoluzione verso il futuro veniva identificata linearmente nel processo di industrializzazione oggi come viene raccontato, narrato questo lancio verso il domani? Non è cosa da poco”.
    Puntare sulle infrastrutture, in ultimo e poi investire nelle menti e nella creatività dei singoli, creare le condizioni perché si freni quella che passerà alla storia del nostro tempo come la sindrome della «fuga di cervelli».
    Domanda da un milione di dollari, quella sul futuro. Le risposte date vacillano sulle loro gambe ma se fosse il contrario che domanda da un milione di dollari sarebbe? E poi un milione di dollari in tempo di crisi!

    Angela De Rubeis