Fuori nevica. Le strade sono tagliate da due righe nere parallele che corrono come binari. Ai lati si stagliano grandi montagne bianche. Dalle vetrate del suo negozio, le gocce di vapore scendono lasciando scie di malinconia. E in quelle scie, ci sono tante lacrime. Di dolore per una porta che si chiude, di gioia per un’altra che si apre. Perché dopo 17 anni vissuti con un fucile come migliore amico, dire basta non è facile. Arianna Perilli è al di là del bancone della sua piadineria: mattarello in mano, sta finendo di fare un impasto. Vederla con quell’arnese e non con il suo solito fucile, fa strano. Ma da adesso in avanti sarà questa la nuova Arianna.
È la tua decisione definitiva, l’accendiamo?
“Accendiamola pure. Poi, in futuro, chissà. Il tiro a volo è uno sport che non ha età, anzi, più vai avanti e più dovresti migliorare, quindi mai dire mai. Ma per il momento dico basta”.
Dì la verità, sei stanca di fare e disfare valigie.
“Sono stanca e basta. Non tanto dal punto di vista fisico, perché a 32 anni sono ancora giovane, quanto da quello mentale e sentimentale”.
Nel senso?
“Nel senso che mi manca la mia famiglia. Mio marito, mia figlia Martina che a 7 anni ha bisogno della sua mamma, i miei amici, quella routine che in questi 17 anni non ho mai avuto. E poi, ora, con questa attività ho poco tempo a disposizione”.
Senza volerti far immalinconire: ti ricordi come è iniziato tutto? Perché di solito a 14 anni si pensa più ad altri sport che ad imbracciare un fucile.
“Se non hai un babbo campione italiano di tiro a volo, sì, altrimenti è un rischio (ride) che corri. A parte gli scherzi, in casa ho sempre respirato questa passione, per farti un esempio: nella mia camera avevo appeso un poster di Luciano Giovannetti (nella specialità Fossa Olimpica ha vinto la medaglia d’oro a Mosca nel 1980 e a Los Angeles nel 1984) mentre le mie amiche avevano Eros Ramazzotti e Luca Carboni. Il tiro a volo è sempre stata la mia passione e se ho deciso di praticarlo, molto lo devo anche al fatto che mio padre non mi ha mai forzato la mano, è stato un amore nato giorno dopo giorno”.
Ma è vero che dopo un anno dal tuo inizio eri già in Nazionale?
“Verissimo. Ho iniziato a sparare nel 1993 a Torriana sotto la guida di Mauro Marchi e l’anno successivo è arrivata la prima convocazione e da lì è partita la mia carriera”.
Che in bacheca ha un titolo mondiale a squadre conquistato a Lima nel 1997, due titoli Europei, tre prove di coppa del Mondo, una montagna di medaglie e una collezione di maglie Azzurre. Tra tanti successi, però, c’è anche un grande rimpianto, giusto?
“Veramente di rimpianti ce ne sono più di uno. Però se ti riferisci a quanto è accaduto a Pechino, sì. Ero riserva olimpica, o almeno, lo sono stata fino a dieci giorni prima della partenza. Poi mi è arrivata una telefonata dove mi si comunicava che non sarei andata in Cina. Lì mi è caduto un po’ il mondo addosso perché ci credevo ed ero sicura di partecipare a un evento che nella vita di un atleta è qualcosa di assolutamente straordinario. L’altra grossa delusione, poi, è arrivata nella prova di coppa del Mondo dello scorso anno che si è svolta a San Marino. In allenamento avevo fatto 74/75, ci tenevo un sacco a fare bene a casa mia, invece in gara è andata malissimo. Somma una, somma l’altra, è arrivata la decisione di appendere il fucile al chiodo”.
per il momento.
“Ripeto, adesso è così ma chissà che fra cinque o dieci anni non ci ripensi. Il tiro a volo è uno sport che non ha età, più una donna è adulta, più è matura per affrontare certe competizioni. Penso tanto per non fare nomi alla canadese Susan Nattrass, è del 1950 ed è ancora una delle migliori tiratrici del mondo. Del resto, dal di fuori può sembrare anche una cosa semplice, ma lo stress mentale che si prova è altissimo. Quando vai in pedana sei sola con il tuo fucile e con quei piattelli che devi assolutamente colpire. Non ti puoi distrarre, devi essere sempre lì, al mille per mille”.
Quindi, addio tiro a volo.
“Assolutamente no, continuerò a seguirlo anche perché mia sorella Alessandra (22enne) continua a sparare e proprio di recente è entrata nelle migliori top ten del mondo. Quello che è certo è che adesso farò la mamma, la moglie e l’imprenditrice”.
Qualcuno spalanca la porta. La scia corre veloce lungo la vetrata e scompare sul pavimento. Domani è un altro giorno. Diverso, ma sempre bellissimo.
Francesco Barone