Quando il card. Joseph Ratzinger durante la Via crucis del Venerdì santo del 2005, alla nona stazione in cui si medita la terza caduta di Gesù sotto la croce, parlò di “sporcizia nella Chiesa”, molti di noi preti ci sentimmo delusi e in qualche modo traditi, come se avessimo subito un’offesa al nostro impegno, spesso dimenticato, e alla nostra dignità presbiterale. Il cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, che sarebbe divenuto papa a distanza di pochi giorni, doveva avere gravi ragioni per confessare, in diretta televisiva trasmessa in mondo visione, quella dichiarazione di autoaccusa. Disse esattamente: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui!”. Capimmo poi, sempre più chiaramente, che quel grido di angoscia si poneva nel solco della giornata di richiesta del perdono per i peccati dei figli della Chiesa, commessi oggi e nei secoli passati, fatta con lealtà e coraggio da Giovanni Paolo II durante il Grande Giubileo del 2000.
Forse anche per questo la bagarre mediatica di questi giorni sembra piuttosto strumentale, ponendo l’accento sulle colpe dei preti piuttosto che sulla sofferenza delle vittime, non riuscendo neppure a percepire che tra queste c’è proprio anche la Chiesa. Chi ha subito violenze e soprusi deve essere risarcito del danno psicologico e morale, senza, peraltro, cedere a ricatti di speculatori che non mancano mai di intrufolarsi in tali controverse situazioni, prodottesi nell’arco di lunghi decenni. La Chiesa ha già pagato e sta pagando ed è disposta a pagare mettendo a disposizione i beni e le risorse degli onesti per le colpe dei trasgressori. E la Chiesa? La gravissima ferita sarà risanata dal Signore attraverso la testimonianza delle centinaia di migliaia di preti, della loro vita spesa per e tra la propria gente. La Chiesa sa di essere insieme peccatrice, in stato di continua conversione. Sa anche di essere forte pur nella debolezza e di essere portatrice di una parola di speranza e salvezza. C’è tanta gente che conosce e ama i suoi preti di cui apprezza la fatica e la disponibilità, sperimenta la fedeltà e la vicinanza, coglie la sincerità e la trasparenza e la sincera carica di umanità senza riserve. (el.br.)