24 FEBBRAIO 2010: l’Assemblea della Camera dei Deputati, nell’ambito del Decreto Milleproroghe approva un emendamento in base al quale le imprese radiofoniche e televisive locali, a decorrere dall’anno 2009, non potranno più usufruire delle provvidenze all’editoria.
Ossia nella riduzione del 50% dei costi delle utenze telefoniche; rimborso del 40% dei costi delle utenze elettriche e dei costi dei collegamenti satellitari.
Detta in parole povere: arrivano dei tagli per le emittenti locali. Se è vero che i tagli non sono mai cosa semplice da digerire è altrettanto vero che questo non è di certo il momento giusto per mettere in atto un ridimensionamento dei capitali in ingresso, di qualsiasi natura e portata.
In agguato la crisi economica con gli inserzionisti pubblicitari che arrancano a posizionarsi sul mercato della promozione, e il passaggio al digitale terrestre che incombe e costringe le emittenti locali ad investimenti non sempre alla loro portata. E ora arriva pure la mannaia firmata dal Governo ad abrogare specifici articoli di legge, riferiti appunto alla sovvenzione all’editoria (art.11 della Legge n.67/68; art.8 della Legge n.250/90; art.23 della Legge n.422/93).
E dire che di lotta ne è stata fatta in Parlamento per evitare il crollo del settore editoriale italiano. Da quando la finanziaria targata Tremonti aveva annunciato di tagliare i fondi al momento del “passaggio” del Testo – con 264 voti favorevoli, 227 contrari, 3 astenuti – si è fatto di tutto per salvare una ottantina di testate che rischiavano di morire, comprese molte testate di partito.
Ma a tirare la coperta da un lato si finisce con i piedi scoperti dall’altro. Così con i piedi all’agghiaccio questa volta ci sono finite loro: televisioni e radio locali, giornali dei consumatori e stampa italiana all’estero.
Subitanea la protesta delle emittenti “tagliate”. In particolare, i rappresentanti di Aeranti-Corallo (l’associazione di categoria che rappresenta 607 imprese radiofoniche locali e 313 imprese televisive locali) hanno ribadito in una nota ufficiale che: “La soppressione delle provvidenze editoria mette a rischio le attività di informazione delle radio e tv locali, già in difficoltà per la crisi economica, con la conseguente perdita di molti posti di lavoro dei giornalisti ivi impiegati (si stima 1600 posti di lavoro, ndr)”. Auspichiamo – continua Marco Rossignoli, coordinatore di Aeranti – che il provvedimento adottato senza un adeguato confronto con le imprese del settore, possa essere ripensato, al fine di recuperare una forma di sostegno che non rappresenta, peraltro, un onere rilevante per lo Stato, mentre per le imprese radiotelevisive locali costituisce una misura di garanzia del pluralismo informativo dell’occupazione nel comparto”.
Il messaggio è chiaro
Sì, il messaggio è chiaro. I tagli sono mirati e vanno verso una precisa direzione: quella del contenuto informativo del prodotto offerto ai cittadini che, non bisogna dimenticarlo, nell’adempimento della piena cittadinanza hanno diritto di informarsi e di essere informati. Tagliare sulle agenzie di stampa, sui servizi telefonici, etc, non avrà che come risultato quello di rendere più “povero” il messaggio informativo. Si potrebbe definire l’altra faccia del bavaglio all’informazione, che pur non puntando ai grandi numeri e ai grandi conflitti d’interesse ottiene lo stesso risultato: il bavaglio.
Preoccupazione dalla sede riminese di IcaroTv. Simona Mulazzani, direttrice, confessa: “Non si tratta solamente di soldi. Noi come televisione e radio locale forniamo dei servizi ai cittadini. La nostra prossimità fisica ci permette di leggere dei fenomeni che in altro modo non verrebbero raccontati. Di dare voce a vicende che in altro modo rimarrebbero celate. Questo è preoccupante. Qui c’è in gioco la democrazia”. E come darle torto. Basti solo pensare che nei telegiornali Rai del circuito regionale dell’Emilia Romagna capita raramente, per non dire mai, di ascoltare una notizia riferita al territorio di Rimini e provincia. “Questo è poi un periodo non proprio felice. La crisi economica ha avuto un impatto devastante per radio e tv. Abbiamo registrato, nell’ultimo anno, un calo del 40% degli introiti pubblicitari cui si aggiungono degli investimenti, a dir poco sostanziosi per una realtà come la nostra, per passare al digitale terrestre”.
A questo “pacchetto problemi”, inoltre, si deve aggiungere il fatto che la soppressione delle provvidenze all’editoria hanno efficacia retroattiva a decorrere dal primo gennaio 2009.
Analoga la preoccupazione di Francesco Cavalli, Amministratore di IcaroTv, in linea con la protesta portata avanti da Aeranti-Corallo snocciola qualche dato. “In questo momento quel contributo influisce del 10% sul bilancio totale dell’emittente. Naturalmente questa valutazione è più sicura per i numeri della radio. Mentre per quel che riguarda la neonata televisione (a poco più di un anno dalla nascita, ndr) possiamo solo stimare e confermare le stesse valutazioni fatte per la radio. -10%, quindi”.
Che tagli?
Gran confusione, rispetto all’entità dei tagli. Un quotidiano nazionale, a caldo, ha parlato di 12 milioni di euro, mentre l’Ansa ha confermato 4 milioni di euro solo per le radio locali. Ad ogni modo poche sono le cifre che circolano e nessuno si sente di confermarle. Tutto è in movimento. Anche perché dopo l’annuncio della soppressione, Aeranti-Corallo si è massicciamente mobilitata con il proposito di mettere in onda più di centomila comunicati di dissenso. Alcune televisioni locali, inoltre, hanno rinunciato, per protesta, alla messa in onda degli spot pubblicitari dei candidati alle regionali del partito di maggiornaza. Un vero e proprio caos. Adesso non si può che attendere. In una nota ufficiale di Aeranti-Corallo diffusa qualche giorno fa si promette, però, battaglia: “La retroattività del provvedimento e la disparità del trattamento operata con le testate di partito, che conservano il diritto alle provvidenze, comporta l’incostituzionalità della norma. È pertanto auspicabile che il Presidente della Repubblica rinvii il provvedimento alle Camere ai sensi dell’art. 74 della Costituzione”. Intanto molti esponenti del mondo sindacale e della stessa Federazione Nazionale della Stampa Italiana si sono espresse a sostegno dell’emittenza locale e del valore del servizio che quotidianamente offrono ai cittadini.
Tanto rumore per nulla?
Un provvedimento, questo, che verrà attuato sino ai prossimi 12 mesi. Allo studio, infatti c’è una norma atta a regolarizzare l’intero settore editoriale. Attualmente, infatti, 27 sono le norme chiamate in causa nella gestione della “cosa” editoriale: 20 Leggi, 3 Decreti del Presidente del Consiglio, 2 Decreti Legislativi, 1 Direttiva e 1 circolare. In autunno dovrebbe arrivare la norma unificatrice. La speranza è che sopravviva la materia da normare.
Angela De Rubeis