L’ultima ricerca di Bankitalia sulla ricchezza degli italiani constata che il 20% delle famiglie più ricche detiene il 44% della ricchezza nazionale mentre il 50% delle famiglia italiane, quelle più povere, possiede il 9,8% della ricchezza complessiva.
Una frattura che non ha eguali in Europa. La povertà relativa colpisce oltre 8 milioni di persone, il 13,6% della popolazione italiana; il 4,9% si trova in condizioni di povertà assoluta.
La questione sociale non è un termine vuoto. Sono volti, nomi, persone vive e sofferenti. I nuovi poveri in giacca e cravatta non sono solo numeri e statistiche, sono una realtà disperata. Ci si nasconde dietro la crisi economica, si taglia dappertutto ci si inventa lo scudo fiscale, la vendita dei beni confiscati alla mafia, si taglia su scuola, polizia e giustizia. “Invece di cambiare direzione alla battaglia – diceva nei giorni scorsi don Luigi Ciotti – si approfondisce il solco delle disuguaglianze. È pura miopia e questa miopia genera paura”. Ma anche la paura è funzionale alla politica, perchè è proprio questa che “rende di più in termini di consenso, è diventato prodotto di mercato e di scambio politico”.
“Non stiamo vivendo solo una crisi economica, ma soprattutto una crisi politica, etica. È la crisi dei diritti, delle prospettive e delle speranze”.
Bisogna che la politica ritorni ad aver chiaro che occorre “fare strada” e non farsi strada per costruire un socialità nuova, dove ogni persona è riconosciuta nei suoi diritti, doveri e dignità e la politica non è l’occasione per fare i propri affari.
Un sogno? Un’utopia?
Usando le parole di Pier Paolo Pasolini, per tutti noi di questa generazione la sfida è quella di saper elaborare un “progetto” per fare “un paese pulito in un paese sporco, un paese onesto in un paese disonesto, un paese intelligente in un paese idiota, un paese colto in un paese ignorante, un paese umanistico in un paese consumistico”.
Accipicchia, viene il mal di testa solo a pensare da dove incominciare.