Celiachia, pronto un nuovo vaccino

    Si chiama celiachia. È un’intolleranza permanente al glutine, la sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale. Ogni anno, in Italia, vengono effettuate 5mila nuove diagnosi e nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento di circa il 10%. L’incidenza è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone. Quindi, i celiaci potenzialmente sarebbero all’incirca 400mila, ma ne sono stati diagnosticati ad oggi intorno agli 85mila. Anche perché non è sempre facile individuarla. Le sue forme cliniche, infatti, possono essere molteplici. La forma tipica ha come sintomatologia diarrea e arresto di crescita (dopo lo svezzamento), quella atipica si presenta tardivamente con sintomi prevalentemente extraintestinali (ad esempio anemia), quella silente ha come peculiarità l’assenza di sintomi eclatanti e quella potenziale (o latente) si evidenzia con esami sierologici positivi ma con biopsia intestinale normale. La celiachia, che può colpire qualsiasi fascia d’età, è però considerata tipica dell’età pediatrica.
    “I primi sintomi si presentano generalmente nella fase di svezzamento, tra il 6° e il 14° mese di vita – sottolinea il dottor Vico Vecchi, primario di Pediatria dell’Infermi di Rimini – in questo arco di tempo possiamo riscontrare diarrea, dolori addominali, vomito, inappetenza, perdita di peso. Dopo il traguardo dei 2-3 anni invece, se la malattia non è stata diagnosticata, si può notare un deficit nell’accrescimento dovuto al mancato assorbimento degli alimenti da parte dell’intestino”.
    A Rimini, attualmente, sono circa 400 le persone a cui è stata accertata l’intolleranza al glutine.

    In arrivo un vaccino?
    E per curarla, attualmente, occorre escludere dal proprio regime alimentare alcuni degli alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di farina da ogni piatto. Questo implica un forte impegno di educazione alimentare. Infatti l’assunzione di glutine, anche in piccole dosi, può procurare seri danni. Ma ora, tutto questo potrebbe cambiare. E potrebbe succedere grazie a un farmaco. È di questi giorni, infatti, l’annuncio della sperimentazione di questa medicina che sarebbe in grado di permettere ai celiaci l’assunzione del famigerato glutine.
    “Su questo punto dobbiamo essere molto chiari – sottolinea Adriano Pucci, presidente della Fondazione Celiachia – il farmaco è ancora in sperimentazione e non si può definire come risolutivo, anche se la ricerca, indirizzata verso varie direzioni, sta conseguendo ottimi risultati. La pillola anti-zonulina, è stata realizzata dall’italiano Alessio Fasano e dal suo staff a Baltimora e permetterebbe ai celiaci, in caso di risposta affermativa all’ultima fase di sperimentazione ancora in corso negli Stati Uniti, di consumare alimenti con glutine per un periodo di tempo limitato. La pillola, in studio da cinque anni, creerebbe impermeabilità, impedendo al glutine di filtrare nell’intestino. Tutto questo, però, ripeto, per un periodo di tempo limitato, consentendo, tuttavia, al celiaco di consumare alimenti con la presenza della famigerata sostanza proteica”.
    Oggi chi è affetto da questa intolleranza usa prodotti alimentari privi di glutine, con erogazione gratuita da parte del Servizio nazionale sanitario che, dal 2005 grazie alla Legge Quadro 123 che riconosce la celiachia come malattia sociale, impegna anche le Regioni nella specifica formazione dei medici e obbliga, nella ristorazione collettiva, la presenza di pietanze senza la famosa proteina.
    “La ricerca, tuttavia – precisa Pucci – prosegue con successo verso varie direzioni, ad esempio è in atto uno studio sulle micotossine, sostanze tossiche presenti nel mais, in passato soltanto in un certo limite, oggi in quantità superiore per i nuovi metodi di coltivazione. La ricerca ne studia l’eventuale tossicità nel celiaco che, per motivi di dieta alimentare, ne usa in quantità superiore rispetto alla media. Altri studi riguardano il tempo dello svezzamento dei figli nati da genitori affetti da celiachia, alcuni consigliano di anticiparne i tempi, cioè intorno ai quattro mesi, invece dei tradizionali sei, somministrando piccole dosi di glutine al neonato, in modo di abituarne l’organismo a questa sostanza. Altre ricerche indicano, invece, di spostare lo svezzamento a dodici mesi, confrontando in quale dei due casi l’intolleranza tenda alla diminuzione. Infine nuovi studi vertono sulla patologia refrattaria, sulla diagnostica e sulle varie complicazioni sanitarie”.
    Come dire: la nuova frontiera della celiachia ha appena iniziato il suo percorso.

    Francesco Barone