Molti momenti della nostra vita, in quest’epoca, sono vissuti con difficoltà e disagio. Non si tratta solo degli effetti della crisi economica.
Una crisi di senso
La crisi, infatti, è più profonda: è una crisi di senso. Molto spesso non sappiamo perché facciamo certe cose, non abbiamo chiaro l’orientamento di fondo che motiva il nostro agire. E così predomina una situazione quasi schizofrenica, che rischia di farsi mentalità comune. In essa convivono l’esaltazione delle differenze e l’indifferenza nei confronti, appunto, di queste differenze; la rivendicazione di una libertà assoluta e la richiesta di sempre più forti limitazioni a questa stessa libertà; la presenza di una razionalità tecnica, sempre più invadente e distaccata, e il proliferare di emozioni che risultano tanto più sporadiche quanto più sono intense.
Tutto ciò vale non solo per il mondo degli adulti, ma anche, e ancor di più, per le generazioni più giovani.
Anzi: proprio la difficoltà, da parte di molti adulti, d’individuare un senso condiviso impedisce loro di trasmetterlo ai loro figli. E così costoro rischiano di crescere senza punti di riferimento, senza qualcuno che li educhi davvero alla vita: sono in balia dei modelli veicolati dalla televisione; sono rinviati, tutt’al più, a un’istruzione che offre qualche nozione o qualche procedura di pronto uso.
Emergenza e sfida educativa
È una vera e propria emergenza educativa, a ben vedere, quella che stiamo vivendo. E quest’emergenza racchiude in sé una sfida che ciascuno di noi, per quanto gli spetta, è chiamato a raccogliere.
Quando infatti non sempre è chiaro chi siamo e che cosa vogliamo essere, risulta davvero difficile comunicare alle generazioni più giovani ciò in cui crediamo. Il malessere, la difficoltà che possiamo avvertire nel quotidiano rivelano dunque un disagio che si estende all’intera società: nella misura in cui essa non pare più in grado di salvaguardare quel legame fra le diverse generazioni che sta alla base di un’attività educativa.
Una Chiesa coinvolta
Di fronte a tutto questo la Chiesa italiana si sente da anni interpellata e coinvolta. Da tempo sta elaborando un vero e proprio «progetto culturale» per la nostra società, coinvolgendo, in periodiche occasioni di riflessione, intellettuali di varia estrazione e competenza.
Nel 2008 è nato poi, affiancandosi al Servizio nazionale che cura questo progetto, un Comitato, presieduto dal cardinale Camillo Ruini, che intende sviluppare la capacità della Chiesa d’interloquire a tutto campo con la società italiana, dibattendo questioni d’interesse comune. Il primo risultato di questo lavoro riguarda proprio il tema della formazione. Esso viene discusso nel volume, curato appunto dal Comitato per il progetto culturale, su La sfida educativa (Laterza, Roma-Bari 2009, pagine 224, euro 14).
Un rapporto/proposta per dieci ambiti
Si tratta di una ricerca a più voci nella quale vengono analizzate nei dettagli e poi affrontate in positivo le questioni relative all’educazione dei nostri ragazzi. Essa si configura più precisamente come un rapporto-proposta: rapporto, perché vuole prendere in esame i modi in cui i compiti educativi vengono svolti nei vari ambiti (educazione, famiglia, scuola, comunità cristiana, lavoro, impresa, consumo, mass media, spettacolo e sport); proposta, perché il libro intende offrire spunti di riflessione e fornire un contributo per far evolvere positivamente la situazione. In quanto proposta, insomma, il volume vuole individuare non solo alcune linee di orientamento, già presenti, sul tema dell’educazione, ma anche proporre una correzione di rotta.
Educare ai “fondamentali”
L’educare, infatti, non si risolve in un mero insieme di tecniche, volto al raggiungimento di un risultato – l’apprendimento – nella maniera più efficace ed efficiente. A essere qui in gioco non è un approccio quantitativo, né per quanto riguarda la gestione delle risorse umane, né per quel che concerne la valutazione di determinati processi formativi. Si tratta invece di cogliere e di recuperare i «fondamentali» dell’esistenza umana: la relazionalità che ci volge verso gli altri, la conoscenza che ci apre al futuro, una libertà responsabile. È su questo che bisogna fare chiarezza se si vuole che l’educazione – chiamata appunto a promuovere relazioni, conoscenza, libertà – possa configurarsi come un processo unitario e globale, e sia davvero in grado di realizzare quel fecondo legame tra generazioni che oggi rischia di venire meno.
A quale umanità educare?
Ma questo discorso presuppone che venga affrontata una sfida ancora più grande. Si tratta di ciò che possiamo chiamare la «questione antropologica». Ciò che è in gioco – alla base di questa e di altre problematiche, riguardanti tutte i fondamenti del nostro vivere – è infatti il concetto stesso di essere umano. Ed è appunto su questo versante che la Chiesa, legittimata dalla propria tradizione, intende dare il suo contributo: proponendo un’idea di persona capace di evitare quegli esiti unilaterali e riduttivi che rischiano oggi d’imporsi. La Chiesa intende farlo con impegno, disponibile per un confronto a tutto campo. Basta solo che i suoi interlocutori abbiano a cuore gli stessi temi e siano consapevoli che si tratta di questioni decisive per il futuro del nostro paese.
Adriano Fabris