Una disputa si innesca sulle vicende che interessarono il porto di Rimini tra la fine del 1764 e il 1768. Disputa che non sfociò in una baruffa locale su questioni tecniche, ma che toccò altri argomenti, in una complessa vicenda dai risvolti segreti, non svelati prima poichè non si conoscevano i documenti che la testimoniano.
Al centro di quella che oggi potremmo definire una “spy story” due personaggi, due tecnici, con punti di vista diversi sul prolungamento dei moli e l’escavazione del canale: Bianchi (Planco) e Boscovich. In mezzo una terza persona: Calindri, legato a quest’ultimo da un rapporto allievo-maestro condito da una grande stima e fiducia.
I carteggi (lettere di Bianchi e di Boscovich), che ho iniziato a studiare indicano che questa storia ebbe aspetti fino ad ora sconosciuti.
Nuova luce ai fatti
I documenti emersi di recente permettono di leggere i fatti con una luce nuova che vede protagonisti alcuni personaggi dello Stato centrale. Rimini, per una serie di circostanze non predeterminate, si trovò coinvolta nel secolare conflitto provocato dalle idee illuministe dell’ evoluzione della scienza e del pensiero umano e chi vi si opponeva. Infine nella lotta tra Clero e Gesuiti. Sullo sfondo la borghesia riminese, nobiliare e non, che ricopriva cariche amministrative cittadine e che a Roma era rappresentata in alcune cariche di rilievo del Clero romano.
Il Complotto
Papa Clemente XIII (Rezzonico), alcuni prelati, legati e autorità cittadine hanno avuto, in questa storia, una parte fondamentale. Il baricentro della vicenda del porto si spostò, ad un certo punto, dalle baruffe locali al conflitto storico ideologico interno allo Stato. Papa Clemente XIII intervenne nel 1764 rimuovendo d’autorità i congregati e nominando una nuova deputazione, la vecchia congregazione si era opposta al dettato della escavazione del canale portuale decretato direttamente da Papa Rezzonico. Il clima di trame e complotto che si respirava in città in quegli anni arroventati di polemiche era pesante, Calindri (che ne fu vittima) lo descrisse ampiamente nella stampa Del Porto di Rimino, Lettera ad un amico di Roma, al par. 11 riportò «… si formò un partito contrario, il quale di mano in mano si procurò di sostenere contro l’evidenza, e l’autorità col disperato ripiego di negar fatti… di inventare calunnie… di spargere zizzanie…» e prosegue al paragrafo 65 «…Io vorrei che tutte queste cose fossero così note… che la maggior parte dei Consiglieri, e dei Cittadini, e i Popolari medesimi resterebbero stomacati dalla niuna lealtà dei contraddittori…».
Carta canta
Fu un complotto in piena regola e l’organigramma dei partecipanti lo tracciò Bianchi (Planco) nella sua corrispondenza, finora inedita, ad Angiolo Maria Bandini (dotto ecclesiastico del settecento, di formazione umanista, bibliotecario Laurenziano). A favore di Planco si schierarono il Cardinale Ganganelli prima di essere nominato Papa, il Cardinale Borromeo Legato di Ravenna, il Segretario di Stato Salvini subentrato a Torrigiani, Mons. Cambiaso Vicelegato, il conte Vincenzo Buonamici di Lucca, Governatore di Rimini, l’Arciprete Fabbri e P. Agostino Fedeli Deputati dei Cleri, la Popolazione della Marineria (per il tumulto), il Brigante «Brugiaferro» (per le minacce di morte a Calindri).
Allo stato attuale delle conoscenze rimane da chiarire se a Roma ebbero un ruolo nella vicenda i due Cardinali: Pirelli (avv. Concistoriale così amico che Bianchi, ne scrisse il necrologio) e Perelli (tesoriere della Camera Apostolica). Che quest’ultimo fosse in conflitto per motivazioni contabili con il Segretario di Stato Torrigiani che approvò le soluzioni di Boscovich e l’opera del Calindri?
Una serie di coincidenze
Una serie di coincidenze giocarono a favore di Planco. La fine del Pontificato di Clemente XIII, il nuovo pontefice Ganganelli da Cardinale aveva “raccomandato” il porto al Cardinale Piccolomini per eseguire lavori secondo il parere di Planco, l’uscita di scena del Segretario di Stato Torrigiani sostituito da Salvini, l’arrivo in Legazione di Ravenna del Cardinale Borromeo (al posto del Piccolomini deceduto), il cambio di direzione del vice Legato Cambiaso e dei deputati dei Cleri l’Arciprete Fabbri e P. Agostino Fedeli determinarono la svolta a favore di Planco. Ma il vero obiettivo di Planco non era Calindri ma Boscovich.
Calindri capita nel mezzo. Lui che operava al porto secondo le indicazioni concordate con il maestro Boscovich (come risulta nel carteggio), chiamati da Planco rispettivamente «…un impostore protetto dal Frate Gesuita Boscovich…».
Planco si oppose ai lavori di escavazione del canale portuale con ogni mezzo e con tutte le conoscenze che aveva, per riuscire ad imporsi. Planco tenne fede a se stesso e fu come si era autodefinito in Vita «Ferox ac truculento fuit», con il complotto ottenne una completa vittoria personale ma non di fronte alla storia o alla scienza. Planco vittorioso scriveva citando Catullo «…ora fulsere tandem candidi dias…». Per oltre 150 anni si continuò con l’escavazione (a dimostrazione che la soluzione tecnica voluta da Planco non era così valida), inoltre nel 1938 il Marecchia fu deviato dal porto proprio come l’ipotesi fatta dall’Ingegnere idrostatico Calindri. Lo scontro fu talmente cruento che Boscovich scriveva a Garampi: «…Né avrei creduto, che la tracotanza di alcuni ignorantissimi in quelle materie, e non so quanto meritatamente accreditati in altre, dovesse far tanta impressione in alcune persone di rango impiegate ne’ governi…». Planco antepose a tutto e a tutti la rivincita personale per questo intraprese una lotta senza quartiere e non ebbe gli stessi intenti dichiarati da Boscovich «…ho travagliato servirli, e l’unico mio fine è stato il servigio pubblico…» come scrisse nel carteggio, e come gli riuscì meglio nella pratica applicazione della scienza.
Un avvincente triangolo
Boscovich – Calindri – Bianchi. Oggi è superata la teoria delle due fazioni su chi avesse ragione o torto. Piuttosto fu una lotta contro Boscovich e Calindri ma il perché di «…Tanto rumore contro….» che Calindri non si spiegava e del complotto che travolse entrambi, trova due spiegazioni. Primo contro Calindri: non è escluso che la sua venuta avesse creato scompigli sugli interessi che gravitavano intorno ai lavori di continua «riattazione» del porto. Secondo contro Boscovich: che nella pubblicazione Theoria Philosophiae Naturalis non è improbabile che provocasse l’avversità di una parte delle gerarchie ecclesiastiche con “Anima & Deo” un capitolo all’interno della sua eccellente “Teoria” del 1758 (Vienna), pubblicata nel 1763 (in seconda edizione) a Venezia.
La “Teoria” di Boscovich
Si tratta di un vero trattato scientifico a tutto campo. Vi sono descritti numerosi studi e argomenti matematici, fisici, astronomici, di meccanica, sui fluidi e sui flussi marini, ma anche considerazioni teologiche. Il gesuita Boscovich scienziato, fisico, matematico ha una visione centrale della ragione umana, naturalmente alla luce della evoluzione del pensiero e della scienza da lui attivamente praticata, sembra avere una visione moderna della teologia. Si realizza il naturale collegamento tra la forza del pensiero umano e la natura rivelata nelle leggi universali della scienza. Ricordiamo che tra gli argomenti pubblicati dallo scienziato, in quegli anni, vi fu la teoria sulla materia e gli studi sulla luce (De lumina) e la relazione spazio-tempo. La direzione del pensiero scientifico di Boscovich è la stessa di Galileo, Leibniz e Newton.
Alle radici del conflitto
Gli argomenti che opposero Boscovich (gesuita) a Iano Planco (antigesuita) non potevano essere di natura scientifica. Boscovich percorse la strada della conoscenza da scienziato attivo, non solo come precursore della fisica teorica ma trattando anche problemi pratici come velocità e pressione dei fluidi. Nelle vicende del porto riminese e nei contrasti a Boscovich emerge l’enorme dibattito, interno alla Chiesa, sulla scienza e sulla evoluzione del pensiero scientifico che toccò da vicino questioni apparentemente distanti quali il pensiero teologico e la dottrina della Chiesa. Interessante l’affermazione di Boscovich che l’anima è nel corpo dove finiscono le terminazioni nervose cioè la testa, una discussione pluri secolare. Il gesuita Boscovich non si rimette alle verità teologiche. I contrasti dell’Ordine con la Chiesa, di quel periodo, sono storicamente noti e qualche anno dopo sotto il pontificato di Clemente XIV (Ganganelli), venne abolito l’ordine dei Gesuiti (1773). Boscovich era in patria, a Dubrovnik quando apprende della abolizione dell’Ordine dei Gesuiti. Bianchi muore nel 1775. Tre anni dopo la morte di Bianchi, nel 1788 Calindri fu nominato sovrintendente ai lavori pubblici della Congregazione del Buon Governo.
Loreto Giovannone