C’è nebbia, tanta nebbia sugli stabilimenti balneari riminesi. Ad impedire una limpida visuale sul futuro dei bagni in spiaggia, è la spessa coltre che di recente ha avvolto la questione delle concessioni demaniali. Fino ad oggi per un bagnino che gestisce un pezzo di terra, di fatto di proprietà dello Stato, non ci sono stati grossi problemi.
La concessione ha una durata di sei anni rinnovabili di altri sei, ma alla scadenza del dodicesimo anno scatta il rinnovo, a meno che non si siano verificate particolari infrazioni sul demanio. A questo proposito l’articolo 37 del Codice di navigazione italiano parla chiaro: per il rilascio di nuove concessioni marittime dà “preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze”.
Regole che però in futuro potrebbero non essere più una certezza. Su quell’articolo del Codice ha puntato il dito l’Unione Europea che ha avviato una procedura d’infrazione verso l’Italia: detto in parole povere, secondo Bruxelles non va bene che vengano rinnovate senza bando le concessioni ai gestori degli stabilimenti.
La legge regionale
La sentenza, notificata al Governo italiano il 29 gennaio 2009, non poteva che ripercuotersi su Governo e Regioni. In base alla contestazione mossa dall’Ue, infatti, il Consiglio dei Ministri ha impugnato davanti al Consiglio di Stato cinque leggi regionali, tra cui quella varata dalla Regione Emilia Romagna “in materia di demanio marittimo” il 23 luglio scorso.
Secondo quanto deciso da Bologna quasi sei mesi dopo la procedura europea, i gestori di uno stabilimento potranno chiedere entro il 31 dicembre 2009, la proroga della concessione fino a vent’anni dal rilascio. “Un boomerang contro i bagnini”, la definisce l’On. Sergio Pizzolante, deputato riminese del Pdl, nel motivare il blocco alla legge imposto dal governo.
“Da subito avevamo espresso forti dubbi sulla proroga ventennale. – commenta il consigliere regionale del Pdl, Marco Lombardi – La Regione a prima vista ha accontentato i bagnini, ma lasciando spazio a ricorsi a raffica”.
D’accordo anche il “collega” di partito in consiglio regionale, Gioenzo Renzi, che sottolinea lo “scopo elettoralistico” del provvedimento: “L’Ufficio legislativo della Giunta regionale si è dimenticato, quando ha predisposto la legge n. 8/2009, impugnata dal Governo in base all’art. 117 della Costituzione, di verificare quali procedure fossero state notificate all’Italia, nell’elenco pubblico delle procedure di infrazione dell’Unione Europea”.
L’assessore regionale al Turismo, Guido Pasi, parla di una legge “giusta e legittima” e il 9 novembre propone una nuova delibera che fissa più dettagliati criteri ai quali dovranno attenersi gli operatori per aggiudicarsi il massimo di proroga: per citarne alcuni, gli investimenti proposti non devono essere inferiori al 50% del valore contrattuale della concessione, determinato dalla somma dei canoni, al valore attuale, dovuti per il periodo di proroga richiesto; inoltre, un terzo degli investimenti dovrà essere effettuato entro 5 anni dalla concessione della proroga e dovranno essere conclusi prima della scadenza della concessione. La mancata esecuzione costituirà motivo di decadenza.
Le reazioni
Quello attuale, tuttavia, non è proprio tra i momenti migliori per investire e il fatto che il Governo abbia bloccato l’iter procedurale della legge regionale, crea ancora più incertezza sul futuro.
“Mi lascia perplesso che il Governo – attacca Giorgio Mussoni di Oasi Confartigianato, il sindacato che riunisce 450 degli oltre 500 stabilimenti da Bellaria a Cattolica – prenda dissequamente atto anziché contestare la procedura dell’UE. Le piccole imprese di spiaggia sono una caratteristica peculiare, una specificità positiva dell’Italia. Il provvedimento europeo andrà forse bene per Spagna o Francia dove sulla spiaggia comandano le multinazionali, con prezzi più alti e servizi inferiori, ma da noi si finisce per affossare l’intero sistema”.
Il vicesindaco di Rimini con delega al Demanio, Maurizio Melucci, difende la legge regionale: “Garantisce stabilità, con le concessioni a vent’anni. Del resto legandole ad un aumento dei canoni del 35% e all’obbligo di modernizzare e investire, con l’adeguamento agli strumenti urbanistici, compreso il Piano spiaggia. Il che a mio avviso è in linea con la tutela del principio di libera concorrenza evocato dall’UE. Se si torna a sei anni sulla spiaggia tornerà tutto come ora. Nessuno muoverà un dito per investire”. Come ha fatto d’altro canto il Comune di Rimini in primis che, come rivelato da Melucci, ha per ora fatto retromarcia sul Piano Spiaggia.
Un decreto, e subito
Chi difende l’azione del governo, chi la legge regionale, certo è che l’ultima parola spetterà all’Europa.
Il Governo, al di là della querelle con le regioni “disobbedienti”, secondo gli onorevoli del centrodestra, si sta muovendo per salvare il salvabile. Pizzolante tratta da tempo con il ministro dei Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto e con il ministro del Turismo, Michela Brambilla, affinché venga preparata una proposta di legge compatibile con il diktat dell’Ue.
L’On. Gianluca Pini (Lega) assicura che la volontà del Governo è quella di ottenere una proroga di tre anni per congelare il problema fino a dicembre 2012, in modo da poter modificare con più calma il Codice di navigazione e arrivare ad una regionalizzazione del demanio.
Pizzolante auspica “una nuova norma sulle concessioni. Ogni Regione potrà applicarla come crede”. E ribadisce: “L’attuale legge regionale è irregolare”.
Il ministro Brambilla sta lavorando ad un decreto “salva infrazioni” che prevede punteggi in caso di bando e indennizzi a chi perde la spiaggia dopo tanti anni. Il confronto tra Governo italiano e Ue è previsto entro novembre. Fino a quel momento sull’arenile romagnolo (e non solo) la nebbia continuerà a regnare sovrana.
Alessandra Leardini