Non è la solita mostra di storia, non è il solito percorso un po’ imbolsito da fare, spinti da insegnanti o genitori, per imparare ciò che a scuola si trova sui libri di testo.
Promossa da Comune e Provincia di Rimini, Assessorato alla Cultura e Musei Comunali, la mostra “La grande guerra, la vittoria e le sue conseguenze”, allestita fino al 29 novembre al Museo della Città, oltre a riproporre l’edizione precedente ne rinnova i contenuti per offrire spunti di riflessione a quanti, adulti o bambini, docenti o studenti siano interessati ad approfondire questo evento così carico di emozioni e di conseguenze, apparentemente così lontano dal nostro mondo quotidiano, in realtà ancora presente nella memoria dei racconti dei bisnonni, nella tradizione familiare e nel patrimonio territoriale. “Una mostra per riflettere sulla guerra – ha spiegato l’assessore alla Cultura Antonella Beltrami – ma non per sostenerla, piuttosto per onorare quanti hanno dato la loro vita in questo conflitto. Per far capire a cosa abbia portato una scelta così estrema e violenta”.
Fatti di cronaca, cartine geografiche, una pistola con proiettili “Steyr” calibro 9mm e un trimotore ci introducono a questo viaggio attraverso oggetti, reperti, rari cimeli e documenti inediti riguardanti Rimini. Tre sale sono dedicate rispettivamente alla fase pre guerra, ai fatti salienti del conflitto, agli ultimi giorni e alle conseguenze.
Nella prima sala una giubba rossa di “Cacciatore delle Alpi” ci accoglie nel periodo di fine Risorgimento, che con il concludersi della terza guerra di indipendenza, ha portato all’unità d’Italia sotto la dinastia Sabauda dalla quale però rimasero fuori le famose terre irredente, causa poi dello scoppio del conflitto.
La seconda ci porta dentro al primo grande conflitto mondiale documentato da pagine e pagine di “La domenica del corriere” che racconta la chiamata al combattimento dei giovani della “Classe ’99”. Non solo: ci racconta di una Rimini bombardata il primo anno di conflitto, infatti le prime vittime nel settembre 1914 furono proprio pescatori di Cattolica della famiglia Hercoles. Proseguendo il percorso vediamo le foto di inaugurazione del monumento ai caduti e poi foto di volontari di Rimini in bicicletta, gentilmente prestate al museo da famiglie locali. “Vogliamo che questa esposizione serva anche a mettere i nostri ragazzi al corrente di quanto si sia sviluppata la tecnologia negli ultimi cento anni” ha proseguito la Beltrami.
“Grazie a questa mostra ci siamo arricchiti noi organizzatori per primi. – assicura l’avvocato Gaetano Rossi, curatore dell’evento, del convegno e degli incontri, direttore dell’Associazione Ricerche Iconografiche e Storiche ARIES – Abbiamo scoperto particolari che ci hanno permesso di saperne di più su come si sia protratto il conflitto a Rimini. Alcune divise di guerra, ad esempio si è scoperto che probabilmente furono prodotte qui”. Insomma spunti di interesse in una mostra fatta non solo dagli organizzatori, ma anche da famiglie locali, perché costruita con spunti provenienti da foto, documenti, anche oggetti concessi e prestati gentilmente da collezionisti. Una piccola bandiera, per esempio, che D’Annunzio consegnò ai tre equipaggi dei Mas del ’94-’95-’96 e su cui compare il detto, da lui coniato per quell’occasione: “Memento audere semper” (ricorda di osare sempre). Andando avanti incontriamo un’area per l’assalto con tutte le armi e gli equipaggiamenti utili riuniti in una vetrina. Ampio spazio viene dedicato quest’anno all’impresa di Fiume che, dopo il cosiddetto “Natale di sangue” del 1920, venne dichiarata “città libera” nel 1921.
La terza sala ci fa entrare in contatto diretto con le conseguenze di un conflitto vinto, ma anche vissuto pesantemente come ogni guerra: il ritorno dei soldati superstiti dopo 4 lunghi anni di prigionia, di stenti, di fame e malattia, la perdita di altrettante persone documentata dal “Libro dei caduti del ’15-’18” e dall’ “Albo d’oro dei caduti vol.7 Emilia Romagna”.
Ettore Tosi Brandi, l’organizzatore della mostra, ha allestito qui una trincea a grandezza naturale per farci entrare ancor più dentro al mondo in cui vivevano i nostri antenati in guerra.
“Abbiamo voluto mettere in evidenza – ha sottolineato inoltre l’avvocato Rossi – le conseguenze territoriali che il conflitto ha portato: dopo la guerra i popoli dei Balcani, con la disgregazione dell’impero Ottomano si sono visti unire entro confini che non hanno tenuto conto delle reali differenze di cultura ed etnia con conseguenti scontri che si sono protratti fino ai giorni nostri”. Per concludere, foto e foto di cimiteri di guerra costruiti ed arricchiti con reperti bellici.
Ma la novità interessante è l’altra area di museo dedicata al movimento Futurista: fu il simbolo della modernità, del progresso, della velocità, della tecnologia e con le sue “parole in libertà” voleva sostenere l’avvento di una nuova era (sostenendo però anche il conflitto mondiale). In queste sale viene ricordato l’avvocato futurista riminese Nelson Morpurgo, amico di Marinetti. A testimonianza del rapporto di amicizia tra i due, c’è un volume regalato a Nelson proprio dal famoso Marinetti. “Inizialmente si fatica un po’ a capire il senso, ma una volta entrati nel linguaggio futurista, il libro appassiona fino all’ultima pagina” assicura l’avvocato Rossi.
Nella mostra, in tema di futurismo verranno lette al pubblico le cosiddette “parole in libertà”, si parlerà poi dell’impresa di Fiume e dei rapporti di D’Annunzio con Mussolini e il riminese capitan Giulietti.
Emma Partesotti