Quanti fossero, i loro volti, quali le età degli eritrei ingoiati dal mare, ai margini dell’Europa, forse non lo sapremo mai. Dietro questa incertezza, si staglia una certezza: erano persone, ciascuno con una storia alle spalle e un desiderio da raggiungere. Avevano sete ma nessuno le ha dissetate, erano affamate e sono rimaste digiune, incarcerate da una gabbia di acqua, sole e solitudine, ma nessuno le ha visitate.
Eppure, in venti giorni di navigazione, nel Mediterraneo delle nostre vacanze, i settanta, ottanta eritrei in fuga dalla guerra, messi in mare con una goccia di carburante sul barcone della morte e vaghe indicazioni di rotta da trafficanti; quei poveri cristi, qualche nave l’hanno incontrata. Nei racconti dei cinque superstiti ischeletriti a 12 miglia da Lampedusa, emergono le sagome scure di pescherecci, motonavi, yatch. Ma solo un pescheraccio che si è fermato a dissetarli, prima di riprendere la rotta.
Non riesco ad immaginare la speranza e gli sbracciamenti, le grida e i volti di quel pugno di miserabili, nell’avvistare una nave all’orizzonte. E quale piombo nel cuore nel vederle tirare dritto, tra Libia e Malta, magari con la complicità dei governi. Eppure, prima ancora dei trattati internazionali, c’è una legge non scritta ma scolpita nel cuore, che vige: in mare (o in montagna, o sul marciapiede dietro casa) si soccorre. Una volta in salvo, altre leggi regoleranno le vite di quei miserabili senza numero. Diritto d’asilo, accoglienza, respingimento. Ma prima le vite si salvano.
Dialogo, convivenza (e accoglienza) non sono un ballo in maschera in cui ci si copre il volto per danzare meglio. Identità e incontro sono parole chiave da cui è impossibile prescindere.
Conoscere le proprie radici e desiderare l’incontro con l’altro – perché il dialogo non è mai esperienza fatta allo specchio – comporta certo l’attenersi a codici e a rispettare leggi. Ma far finta di nulla, girando le spalle, non è possibile. Non si può ignorare un pugno di migranti eritrei sul canale di Sicilia. L’Adriatico sarà più stretto e poco profondo rispetto al Mediterraneo, ma è sempre mare: cosa galleggia a casa nostra? Assuefazione? Abitudine? Voltare le spalle è sempre un insulto all’uomo: in mare, sul marciapiede sotto casa, nel parco cittadino.
Paolo Guiducci