Chi ha avuto la fortuna di avvicinarli assicura che dietro quelle pinne, quei metri di lunghezza e una stazza capace di raggiungere anche i 300 chilogrammi di peso, si nascondono animali dal cuore e dall’intelligenza insoliti. Tra un salto, un’acrobazia, un tiro alla palla e un giro di vasca sono capaci di emozionare grandi e piccini, tanto da essere diventati nel tempo uno degli elementi più suggestivi della proposta turistica riminese.
In molti, turisti e residenti, conoscono i delfini nella loro versione più “domestica” e spettacolare, avendo avuto modo di vederli durante le esibizioni ai delfinari. In realtà, questi mammiferi del mare sono tra le specie più importanti dell’alto Adriatico. Da secoli. Periodicamente vengono avvistati tra le onde da Capitaneria di Porto, pescherecci e semplici turisti che si avventurano più al largo e periodicamente ne arrivano sulla battigia in fin di vita o già morti mobilitando squadre di biologi e veterinari e attirando l’attenzione dei mass media.
“Dall’inizio del 2009, sulle coste di Emilia Romagna e Marche, sono state rinvenute una decina di carcasse” spiega la dottoressa Valeria Angelini, biologa della Fondazione Cetacea. È lei, con il naturalista Marco Affronte, la figura di riferimento per quanto concerne le analisi sui delfini già deceduti e i primi soccorsi agli animali spiaggiati in gravi condizioni di salute. Partendo dal caso del cetaceo trovato morto a Torre Pedrera mercoledì scorso, la dottoressa spiega come non via sia stata alcuna possibilità di risalire alle cause del decesso: “Le condizioni della carcassa erano in avanzato stato di decomposizione per cui ci siamo limitati a prelevare campioni di tessuti e grasso per i nostri studi. Si trattava di un maschio di quasi tre metri appartenente alla specie dei tursiopi, molto comune nell’alto Adriatico. Sono delfini che nuotano molto al largo, a più di tre miglia dalla costa, soprattutto nella zona delle piattaforme perché qui è più facile per loro trovare il cibo”.
Sono quindici, in media, le carcasse rinvenute ogni anno. Un aspetto che pur in mancanza di un censimento preciso, fa immaginare un “bel movimento di delfini nelle nostre acque”.
Un caso chiamato Andrea
Se è vero che i tursiopi si muovono al largo “in branchi non troppo affollati, in genere di una decina di componenti”, c’è qualcuno che negli ultimi tempi ha mostrato comportamenti eccezionali secondo gli esperti. Stiamo parlando di Andrea che la scorsa estate si è fatto vedere più volte nelle acque antistanti la costa riminese e che è stato notato anche un mese fa. “Un caso particolare – spiega la biologa di Cetacea – un delfino solitario che si allontana dal branco per cercare continuamente il contatto con l’uomo, fino ad arrivare alle acque più basse”.
In un recente report sono stati contati una novantina di casi simili in tutto il mondo: animali solitari e socievoli allo stesso tempo. Ma nel ricordare i comportamenti tipici di Andrea, la dottoressa Angelini assicura che di delfini come questo in tutto il pianeta, ce ne sono sicuramente molti di meno. “Andrea cercava la compagnia, il contatto con imbarcazioni, pescherecci, diportisti, subacquei. Capitava che i pescatori gli lanciassero il cibo”. Usa il passato, Valeria Angelini, perché dopo giugno tracce di questo animale non si sono più avute: “Probabile che si sia spostato verso Cesenatico o ancora più a nord, al momento non ne abbiamo notizia”.
Resta ancora in vigore il codice di condotta stilato dalla Capitaneria di Porto per salvaguardare questo esemplare. Nel cercare il contatto con l’uomo, infatti, Andrea correva due grandi pericoli: sviluppava una eccessiva dipendenza e rischiava la vita nel momento in cui poteva facilmente venire colpito da un’elica o rimanere impigliato in una rete. Per questi motivi la Capitaneria aveva suggerito a bagnanti, diportisti e pescatori di non dare in nessun caso cibo al delfino, di non lanciargli oggetti, di non avvicinarglisi troppo e di non trattenersi con lui più di qualche minuto. “Del resto – fa notare la biologa – si tratta di un animale selvatico di grosse dimensioni: un colpo di coda o una spinta possono essere pericolosi”.
Il “gigante” e la “bambina”
Un’altra specie che è più difficile avvistare in zona (si muove nell’Adriatico meridionale, in acque più profonde) ma che in alcune situazioni ha fatto notizia, è quella dei grampi. Come il “gigante” spiaggiato nel giugno 2007 davanti all’Acquario Le Navi di Cattolica: un maschio lungo oltre tre metri e pesante più di 280 Kg arrivato sulla costa in grave sofferenza. Sul posto, per prestare soccorso, oltre ai biologi e volontari dell’acquario e di Cetacea arrivarono anche forze dell’ordine e protezione civile, nonché la responsabile dell’acquario di Genova. Ci volle l’intera vasca dei sub per ricoverarlo ma purtroppo l’enorme grampo non ce la fece.
Destino diverso per Mary G., la cucciola che nel giugno del 2005 entrò nel porto di Ancona per seguire la madre: quest’ultima morì nel giro di pochi giorni mentre la figlia fu curata per due mesi all’ex delfinario di Riccione per poi approdare alla Laguna di Oltremare dove si trova tuttora in buona salute. “È l’unico delfino da noi assistito in ambiente controllato” afferma Angelini. “Tutti gli altri sono di competenza dello staff delle singole strutture”.
A Oltremare sono dieci i delfini ospitati nella Laguna, dalla più anziana Pelè (femmina a dispetto del nome) al più piccolo Achille che compirà sette anni il 22 agosto. Al delfinario di Rimini sono invece cinque, tutti tursiopi. La più “anziana” Alfa (30 anni) è la mamma degli altri quattro: Sole, nato nel ’93, Luna del ’95, Rocco di sei anni e Lampo che ha spento due candeline il 28 luglio. Cinque gli addestratori della struttura che ormai ha più di quarant’anni alle spalle, l’unico delfinario “in vecchio stile” sopravvissuto in riviera al contrario di quelli di Riccione (comunque confluito nel più ampio parco tematico di Scacciano) e Cattolica.
La formula cambia, lo spettacolo e i protagonisti restano.
Alessandra Leardini