Il primo monumento, forse a livello mondiale, che testimonia lo sbarco dell’uomo sulla luna non si trova negli U.S.A., ma poco distante dal centro di Rimini, esattamente sulla facciata della chiesa parrocchiale di Santa Maria a Mare di Viserba. Quella notte del ’69, tra il 20 e il 21 luglio, di cui, da poco, abbiamo commemorato l’anniversario, è testimoniata da una luna piena con l’impronta di un astronauta. È stata realizzata, con cemento in risalto e, si può dire, quasi in presa diretta dal grande artista riminese Flavio Casadei che abbiamo intervistato dopo 40 anni dallo storico allunaggio.
Quella memorabile notte
Come le è venuta questa idea di immortalare quella “memorabile” notte?
“È stata una casualità perché non era nel progetto iniziale. La mattina del 21 luglio del ’69 ero a Viserba sul cantiere mentre stavamo terminando la facciata. Mi serviva qualcosa per ‘datare’ la fine del lavoro ed ho avuto l’intuizione di utilizzare l’‘evento’. Nel giro di quattro giorni, aiutandomi con delle piantine in plastica ho materializzato la faccia nascosta della luna con il ‘mare della tranquillità’, dove è avvenuto l’allunaggio, e la prima storica impronta di Armstrong. Ho colto l’attimo. Quindi la data della costruzione della facciata corrisponde all’evento storico. È stata un’occasione per mettere la parola fine ad un’opera che si ‘legge’, secondo l’uso occidentale, da sinistra verso destra”.
I simboli sulla facciata
Se a destra si termina con la luna, a sinistra, nell’altra facciata, s’inizia con cinque pani. Ci può descrivere il suo lavoro?
“È una comunicazione visiva di una composizione simbolica fermata ed affermata in un tempo in cui accade un altro evento. Un’opera di facile lettura fatta in cemento perché il bronzo, o il marmo, costavano troppo, in cui dovevo rappresentare, secondo le indicazioni del parroco, dei simboli cristologici.
Appunto, in basso a sinistra, è raffigurato il canestro con cinque pani poi un po’ più in alto la coppa eucaristica, segno quindi della rappresentazione dell’Eucarestia nella forma del pane e del vino. Successivamente c’è il pesce, l’acrostico (un nome formato dalle iniziali delle parole che compongono una frase, ndr) dell’espressione greca ‘Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore’ (Iesùs Christos Theù Uios Sotèr – ICHTUS, parola greca che significa appunto ‘pesce’).
Poi l’ancora con in cima una croce e sotto, divaricandosi, si evidenzia una barca con la vela. È un simbolo polisemantico (con diversi significati: l’ancora di salvezza) Cristo e l’ancora che diventa imbarcazione, la Chiesa. Andando avanti troviamo il monogramma di Cristo, in greco chrismon, formato dalle iniziali greche di Cristo, X (chi) e P (rho).
Passando alla facciata di destra si vede la Croce di Gerusalemme (quattro piccole croci sugli angoli e al centro una quinta, ndr) che rappresenta Cristo con i quattro evangelisti. Poi il pavone, che rappresenta l’incorruttibilità della carne (simbolo di Cristo nel sepolcro), in mezzo c’è l’Albero (Maria come ’albero della vita’, benedetta dalla Spirito Santo che diede alla vita, come frutto, il Redentore), quindi troviamo la farfalla, nella sua doppia valenza di psichè/anima, che attraverso dei piani ondulati, come una linea ombelicale, si ricollega al pavone per evitare la separazione tra l’anima e il corpo, successivamente c’è la colomba, ed infine troviamo l’evento”.
Sono dieci simboli cristologici, cinque per facciata, di diverse dimensioni, intrecciati, e si ha l’impressione di dover seguire necessariamente un certo ritmo abbastanza lento, si prova quasi una sensazione musicale.
“È vero. Nella sintesi non ho allineato dei simboli in rilievo uno accanto all’altro, come degli oggetti attaccati ad un muro. Ho usato certi accorgimenti tecnici, ad esempio l’uso di linee mosse, che mi hanno permesso che ci fosse un lieve disturbo percettivo e hanno reso l’opera meno leggibile, per cui chi guarda deve soffermarsi con attenzione per capire meglio cosa ha di fronte”.
L’armonia dell’umano
Nella sua lunga carriera ha realizzato moltissime opere, le più diverse, anche medaglie, con l’uso di diversi materiali. Dove trae lo spunto per i suoi lavori?
“Non sono un metafisico o uno spiritualista. Cerco sempre di cogliere l’aspetto umano e le sue particolarità e di dare all’opera una certa armonia”.
Francesco Perez