Da oltre 50 anni era considerato un vero e proprio tempio della musica. Volevi un vinile introvabile? Uno spartito raro? O l’ultima hit del momento? Bastava arrivare in Corso d’Augusto e fermarsi alla Dimar, lì trovavi di tutto e di più. Trovavi. Perché da alcuni giorni anche questo storico negozio del Centro ha abbassato le serrande. Per sempre. Allungando così il lungo elenco di attività che hanno dovuto (o voluto) trasferirsi. A questo proposito, però, l’assessore alle Attività economiche, Maurizio Melucci tiene a precisare alcune cose anche in relazione all’articolo uscito nell’edizione de il Ponte di domenica 19 luglio e dal titolo “I negozi non fanno più… Centro”.
“Nel mese di aprile – sottolinea – il Sole 24 Ore ha pubblicato un’indagine dalla quale scaturiva che Rimini è l’unico territorio in regione ad avere un saldo attivo (+50) tra esercizi al dettaglio aperti e chiusi nel 2008. Questo dato va a confermare il dinamismo commerciale della nostra realtà e soprattutto confuta l’opinione di declino avanzata da chi, con ogni evidenza, non dà importanza ai numeri”.
Declino che per diversi operatori è da attribuire anche alla presenza dell’università, affermazione questa che manda su tutte le furie il vicesindaco.
“Trovo per molti versi offensivo e sconcertante il fatto che si affermi che i problemi del Centro siano da far risalire alla presenza dell’Ateneo. L’Università in centro è un valore fortissimo, assoluto, strategico, lungimirante e anche economicamente interessante; pensate cosa sarebbe stato il Centro con la realizzazione delle strutture e di un campus universitario al di là della Statale. Il problema semmai è la relazione tra Università e città ma contestare la presenza di questo patrimonio umano, intellettuale, relazionale e culturale davvero è un insulto alla logica”.
C’è poi un altro problema legato alla chiusura dei negozi.
“Noto che nessuno prende in considerazione un piccolo particolare: una crisi economica che costringe gli italiani, riminesi compresi, a essere molto più accorti di un tempo negli acquisti. Ci sono migliaia di aziende che stanno chiudendo nel nostro Paese per questo, e poi si giustificano gli incassi più magri con i muri, per la stragrande maggioranza privati e non comunali, imbrattati? Altra cosa che vorrei fosse sottolineata. Più volte in questi anni ho fatto presente che, a differenza di ciò che accade nella maggior parte di Comuni turistici (compresi quelli limitrofi), i negozi non aprono nella giornata di domenica, allorché il Centro storico è affollato. Una scelta legittima, per carità, ma che pone Rimini in controtendenza palese rispetto alla situazione italiana. È un problema di costi o di qualità del lavoro? No, se lo si pratica in mille altre realtà significa che è un problema superabile con una diversa organizzazione del lavoro”.
Melucci, poi, ne ha anche per il presidente di Confcommercio, Gianfranco Simonetti, che da noi intervistato aveva attaccato il Comune reo di non far nulla per il Centro.
“Dal 2001 al 2006 l’Amministrazione ha investito 35 milioni di euro in opere per il Centro, esaurendo i contenuti del primo protocollo d’intesa siglato con le associazioni di categoria. Un anno e mezzo fa ne ha sottoscritto un secondo, ora in fase di realizzazione. L’unico a non accorgersi di quanto fatto è il presidente di Confcommercio che, a campagna elettorale abbondantemente terminata, continua in una stucchevole litania di accuse monodirette. Faccio notare che entrambi i protocolli prevedevano a carico delle associazioni firmatarie una serie di azioni che andavano dalla realizzazione di un consorzio comune per l’organizzazione di eventi, all’abbattimento delle barriere architettoniche negli esercizi, alla rimodulazione delle aperture per andare incontro alla clientela. Fatto tutto? Oppure qualcosina manca?”.
Infine la questione affitti.
“Questa sì urgente. Poche settimane fa una nota marca di abbigliamento, fortemente interessata a Rimini, mi ha comunicato di abbandonare a malincuore i suoi progetti per essersi sentita chiedere per un locale in centro, un affitto superiore a quello di uno stabile della stessa metratura in piazza di Spagna, a Roma! Come Comune stiamo definendo le misure strutturali per arginare e contrastare questa evidente deriva speculativa. Come fare? Mi permetto di dire solo una cosa: con il Piano strutturale si darà una risposta innovativa e determinata sul fronte dei cambi di destinazione d’uso e dell’ubicazione di attività improprie ai piani terra degli edifici”.
Lucia Genestreti