Dalla scorta dei ricordi, il Comune di Riccione fa emergere dall’oblio, a 115 anni dalla prima edizione, Riccione estivo, numero unico (quattro pagine) edito a Bologna nell’agosto 1894 per “Beneficenza”. Come sottolinea lo storico dell’arte Michela Cesarini nella presentazione del libro a cura di Fosco Rocchetta, autore d’importanti contributi su Riccione e il suo territorio, “poter rileggere oggi «Riccione estivo», ristampato grazie alla tenace passione di Rocchetta per la storia della propria città, è una bella opportunità per conoscere luoghi e protagonisti degli albori del turismo riccionese”.
Dall’oblìo non riemergono solo i nomi dei primi bagnanti, crème dell’alta borghesia emiliano-romagnola e lombardo-veneta, ma anche le attività che ne rallegravano la permanenza. «La sera si balla da indemoniati al ristorante Vannucci, e nessuno può immaginarsi lo stato compassionevole dei ballerini dopo un galoppo finale» scriveva l’avvocato Curzio Casati, (autore del giornale assieme agli avvocati Carmelo Cantalamessa e Vittorio Marchetti), sindaco di Forlì dal 1898 al 1901, direttore del settimanale liberale monarchico Critica Cittadina e autore di saggi letterari e studi giuridici. Per dar lustro e credito alla testata, i tre avvocati chiesero una poesia, un motto una novella (talvolta una burla?) a personaggi di chiara fama, quali Giosuè Carducci, Enrico Panzacchi, Matilde Serao, Gabriele D’Annunzio, Emilio Zola, Olindo Guerrini, Ruggero Bonghi.
Un volto e un’anima ai primi ospiti
Il libro è un crescendo mnemonico di storia, schede biografiche con foto, novelle, poesie, vignette, un notiziario illustrato del 1894 e una riproduzione del foglio originale, con tanto di data, timbro, bollo e firma autografa in quarta pagina: Conte, Edoardo Guarini, Forlì.
“Il libro è ancor più vivace grazie ad altri documenti dell’epoca, alle note e soprattutto alle immagini, frutto di meticolose ricerche d’archivio, da parte del curatore, tese a dare un volto e un’anima a quei primi ospiti” testimonia nella prefazione Daniele Imola, ex sindaco di Riccione. “Questo piacevole affresco ci riporta alle origini di quel movimento dell’ospitalità, che sarà la principale risorsa economica di Riccione, e rappresenta uno degli elementi fondanti della nostra identità”.
Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, illustri uomini politici, avvocati medici, dame della nobiltà e dell’alta borghesia si cimentarono in commedie, concerti e giochi e promossero un pullulare di giornaletti, pubblicati e messi in vendita per iniziative benefiche dagli stessi proprietari dei primi villini (una sessantina nel 1894) costruiti nei pressi dell’arenile e lungo la “Viola”, poi viale Ceccarini.
Don Carlo e i pescatori
Tra i personaggi più significativi spicca don Carlo Tonini, parroco per oltre trent’anni, nella seconda metà dell’Ottocento, della chiesa di San Martino. «Per la spiaggia arenosa, tacito, fra le mani il breviario lentamente passeggiava trenta anni fa un povero prete» riferisce il foglio originale, accompagnando il pezzo con una vignetta in cui il sacerdote tiene in mano un breviario. «Il glauco mare baciava dolcemente i piedi di lui assorto in una visione (…). Qualche robusto figlio di pescatore adamicamente nudo guazzava nell’acqua. La vaporiera correva senza arrestarsi di città in città… ed egli sognava… sognava la stazione ferroviaria… il porto… e la festa del verde fino al mare e le fiorite aiole e la gaiezza dei vostri villini. Sognava e lavorava il povero don Carlo Tonini e nel ’63 uno dei suoi sogni diventava realtà… se ottenne che i treni facessero un minuto di fermata al casello N. 120».
Persona d’elevata cultura, don Carlo Tonini è stato tra i principali artefici del riscatto della vecchia borgata dei pescatori (al tempo frazione di Rimini) e promotore-organizzatore del comitato per la costruzione di due ospizi marini per la cura dei bambini affetti da scrofolosi, forma di tubercolosi ancora molto diffusa nella seconda metà del XIX secolo (simbolica la vignetta raffigurante un carro trainato da buoi, su cui si trasferivano i bambini scrofolosi dal paese al mare. Per evidenziare le positività della città e sollecitare interventi, il generoso parroco fece stampare, tra i numerosi scritti Cenni sul paese di Riccione e sui bagni marittimi (Cesena, Tipografia di C. Bisazia, 1868).
«I suoi pesci, e specialmente i suoi crostacei sono avidamente per tutta la Romagna trasportati, come i migliori di tutto l’Adriatico litorale, il che comprova ed evidenzia la salubrità dell’eccellente nostra spiaggia. Egli è perciò che i bagni quivi presi, riescono più salutari, e fruttuosi, che in ogni altro luogo… Tu vedi qui il giovine marinaio fatto per isfidare i maggiori disagi della vita. Il vecchio camminare dritto, col volto ridente, né sofferente pel peso degli anni. (.…) chi di voi voglia esser la prima a distinguersi col formare un comitato di carità per compiere opera di beneficenza? (…) da voi in special modo lo spero, o illustri Dame Bolognesi Coadiutrici il Comitato degli Ospizi Marini per la cura de’ fanciulli poveri scrofolosi della Città e Provincia di Bologna per l’anno 1868, alla testa delle quali ritrovo la Signora Albergati Marchesa Sofia. Sì, Voi, che con tanta pietà ed abnegazione vi metteste a capo di tale opera di beneficenza. Sì, voi, dico, promovete una sì bella istituzione, e sol che il vogliate vedremo sorgere in mezzo a noi un monumento in riva al mare non perituro della vostra cristiana pietà, ed i vostri cittadini per voi da sicura morte salvati, terranno scolpito ne’ loro cuori con senso di gratitudine i vostri bei nomi».
Il conte e l’ospizio marino
Tra i principali artefici dello sviluppo turistico riccionese spicca anche il conte Giacinto Martinelli Soleri (nobile famiglia riminese, proprietario di un’ampia zona nella Riccione marina) che nel 1877 edificò, in società con Emilio Amati (nel 1874 Amati stampa il primo manifesto propagandistico) il primo ospizio marino di Riccione per la cura dei bambini scrofolosi provenienti da Bologna, Mantova, Forlì, Reggio Emilia (242 nell’estate del 1882); l’ospizio chiuse nell’agosto 1916, causa un terremoto. Nel 1880 il conte avviò l’urbanizzazione della marina e l’anno successivo Riccione, grazie a lui, al farmacista Pozzi e al cav. Sebastiano Amati, consigliere comunale a Rimini, ottenne dal Comune riminese la delegazione dello Stato civile. Martinelli, presente nel Consiglio e nella Giunta comunale di Rimini, gettò le basi dell’odierna Miramare assieme a Carlo Felice Pullè, originario di Chambreis, medico, scienziato, scrittore, docente universitario, amministratore pubblico, diplomatico, medaglia d’argento al valor civile del Regio governo d’Italia, medaglia d’oro del governo Sammarinese.
Gli altri protagonisti
Tra gli altri protagonisti dello sviluppo turistico riccionese il libro ricorda Sebastiano Amati, con varie cariche nel Comune di Rimini, tra cui quella di assessore. Fu lui a costruire nel 1901 il primo albergo di lusso di Riccione (Hotel Amati) e a fondare nel 1905 la Società Pro-Riccione che si battè soprattutto per l’acquedotto, il miglioramento della rete viaria, la sanità pubblica. Ci sono poi Clodomiro Bonfigli, direttore dell’ospedale psichiatrico di Ferrara e del Santa Maria della Pietà a Roma, docente di Clinica Psichiatrica all’Università della Capitale, senatore del Regno d’Italia, presidente della Lega Nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti (collaboratrice Maria Montessori); Augusto Tamburini, psichiatra, neurologo, docente di psichiatria a Padova e direttore della clinica psichiatrica di Roma; Ruggero Bonghi, filologo, politico, scrittore, giornalista, docente di letteratura latina e storia antica e moderna, nonché ministro dell’Istruzione Pubblica; Laura Lenina Acton di Camporeale, donna bellissima, eclettica animatrice delle relazioni pubbliche, pittrice, pianista, amica dell’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III, sposa in seconde nozze dello statista bolognese Marco Minghetti (prestigiosa famiglia, letterato, intellettuale, economista, capo della Destra storica, ministro in più governi, presidente del Consiglio). E poi i burattinai Filippo e Angelo Cuccoli (padre e figlio) e Ciupir-Scucèra, soprannome dei Del Bianco, ortolani con casa colonica in località Siberia. «Sent Ciupir com è scucèra» (senti Ciupir come scucchiaia) si diceva quando la famiglia riunita a tavola batteva i cucchiai nel piatto dei tajadlut, grosse tagliatelle impastate con acqua anziché uova. Fantastica Riccione!
Maria Pia Luzi