Bertino, come tutti lo chiamavano, non era un uomo qualunque. Appassionato, fermo, deciso, anche positivamente testardo, punto di riferimento per la sua famiglia, la sua Banca (la sua seconda famiglia) e per molti a San Vito e in tutto il riminese. Eravamo in tanti in chiesa, lunedì pomeriggio 20 luglio, a dargli l’ultimo saluto, accomunati dal sentimento di sentirci tutti un po’ orfani. Anche il presidente regionale delle cooperative si è emozionato nel ricordarlo “onesto, coerente, un uomo che credeva in quel che faceva”.
Il ricordo di don Giuseppe
Lo ha descritto bene don Giuseppe, suo parroco ed amico per tanti anni. Prendo a prestito le sue belle parole:
“Umberto Mazzotti da giovane è cresciuto in una famiglia che gli ha dato una educazione autentica. La parrocchia e l’Azione Cattolica gli hanno fornito quella formazione cristiana che l’ha motivato in tutta la vita e nei molteplici settori del suo impegno.
Era intransigente con se stesso, onesto, generoso. Cristiano convinto ha praticato la sua fede.
La pratica religiosa non l’ha mai trascurata nè messa in discussione. Ovunque si trovasse la domenica il primo impegno era la Messa e la Messa con la Comunione. Ha amato la sua parrocchia, si interessava, proponeva, partecipava personalmente alle attività nella sua comunità sia in chiesa e fuori dalla chiesa.
Aderiva di persona generosamente alle varie iniziative di carità e di solidarietà, anzi le promuoveva.
Il suo stile era la riservatezza, convito che sia Dio a vedere le nostre opere e che possa approvarle.
Era un uomo diretto. Poteva sembrare a prima vista che tenesse le distanze, ma in realtà era disponibile con tutti, sapeva vedere i lati positivi delle persone, dava a chiunque delle nuove opportunità senza giudicare o escludere troppo in fretta. Riteneva importante ogni persona.
Sapeva scrivere sulla sabbia i torti ricevuti e sulla roccia il bene ricevuto.
Era disponibile non solo per i suoi o quelli della sua parte, ma per chiunque.
Persona esigente, prima con se stessa e poi con gli altri.
Non si è mai abbattuto neppure nel tempo della malattia. Ha combattuto la malattia senza rassegnarsi. Poi l’ha accettata serenamente.
Ma il suo impegno di credente non si è fermato all’ambito personale ed ecclesiale; si è esteso alla comunità umana, nel campo sociale, economico, politico. Non è certamente facile operare con coscienza cristiana in questi ambiti, ma è stato questo il suo intento e sicuramente vi è riuscito in larga misura. È stato per tanti decenni presidente della Banca. Ma non si è servito della Banca per affermazione o interessi personali o semplicemente per il guadagno.
L’ha guidata saggiamente, l’ha fatta crescere.
Se ne è servito come strumento per il lavoro dei giovani, per aiutare le persone e le imprese, anche quelle più modeste o in difficoltà.
Era indubbiamente una persona carismatica. I suoi carismi li ha fatti fruttare per il bene della sua parrocchia, del suo paese, della gente di questo territorio”.
Il rapporto con il Ponte
Personalmente potevo, fra i tanti, vantare di essere suo amico. Lo avevo conosciuto ai tempi del seminario, ma un rapporto vero nacque con il Ponte.
Nei primi anni del nostro settimanale fu fra i suoi sostenitori più convinti, fra quelli che operarono il “miracolo” (proprio lui lo chiamò così allora) di mettere insieme tutte le Casse Rurali del riminese per uno spazio pubblicitario comune (cosa che non si è poi ripetuta). La collaborazione fra realtà che avevano la stessa origine era uno degli obiettivi che perseguiva con forza (che è dire tanto in una cultura individualistica come quella riminese). Fu proprio su questi aspetti che tornai alla carica con lui, dopo alcuni anni per costruire un rapporto importante, come quello che si è creato fra la Banca Malatestiana ed il nostro giornale.
Era una risposta al bisogno di ritrovarsi nelle stesse origini, quelle del Movimento Cattolico di fine ottocento, quando Casse Rurali e settimanali cattolici esprimevano la forza vitale di un mondo desideroso di rispondere al compito evangelico della testimonianza cristiana dell’amore, coniugato con la vita.
Con Mazzotti il rapporto era diretto, onesto, leale. La parola data valeva più di qualunque contratto. Questo metteva un po’ in difficoltà le nostre rispettive amministrazioni, perchè la stretta di mano sostituiva la firma formale di un contratto. Mi affascinava per questo modo di trattare così anomalo nel mondo di oggi. Fu anche per questo che mi convinse a diventare socio della Banca e a spostare presso lui i conti bancari delle mie parrocchie e del giornale.
La sintonia nella fede, nei valori, nella franchezza del carattere, nell’ottimismo di fondo anche nelle difficoltà, me l’hanno fatto sentire vicino in questi anni, quasi partecipe della nostra impresa. Per questo posso, insieme a tanti, solo ringraziarlo. E sentirmi anch’io un po’ orfano.
Giovanni Tonelli