Leggi PoggioriminiI e il cartello verdastro suona fasullo. Che ci fa un’enclave rivierasca nel bel mezzo del Montefeltro, a due passi dalla Rocca che fu dei Fregoso, signori di Sant’Agata Feltria? Macché spinte separatiste, non c’è spazio qui per le secessioni (tra l’altro ormai giunte al traguardo): piuttosto è il frutto di una storia d’amore, di fede e di fraternità.
Poggiorimini è una casa vacanze indissolubilmente legata al nome del suo fondatore, Luigi Zangheri, e della moglie, Mina Magnani. Lei, la Mina, santagatese di nascita e per tradizione, scesa a Rimini per incontrare il fratello Dante che a due passi dal mare fa il medico, conosce Gigi Zangheri: è l’inizio di una storia d’amore che trova compimento e slancio nel matrimonio. Testimone delle nozze, un partecipe Alberto Marvelli (poi padrino della figlia Maria Paola). Proprietaria di alcuni terreni sulla gobba di Botticella, Mina decide d’accordo col marito di acquisire altre proprietà confinanti: nasce Poggiorimini, per rispondere ad una esigenza di vita comune e di spiritualità che il commendator ragionier Luigi Zangheri sentiva dentro.
Già nel Ventennio aveva sfidato il divieto fascista di raggruppamenti non autorizzati per aggregare i ragazzi della parrocchia, pagando con due notti di carcere l’idea di libertà. Erano gli antenati degli odierni campeggi, convivenze di fortuna e un po’ avventurose ma sempre nel segno di Cristo. “Educare l’uomo spiritualmente, moralmente e socialmente” amava ripetere Zangheri. Il suo motto trova espressione, nel 1924, nella nascita dell’Asci, quel “movimento” di giovani e ragazzi in calzoncini corti e fazzolettoni che oggi rispondono più modernamente al nome di scout. A Poggiorimini arrivavano armati di tendoni, con l’acqua che sgorgava solo grazie ai tubi che gli scout si ingegnavano a costruire. Quelle strutture i ragazzi in calzoncini corti le montavano all’inizio dell’estate, erano a disposizione di tutti e solo all’inizio dell’autunno si procedeva a togliere le tende.
Anche i futuri sacerdoti si inerpicavano lungo il Marecchia e i primi contrafforti del Montefeltro per trascorrere un mesetto a contatto con la tranquillità dei boschi. “La grandinata fu talmente violenta quell’estate – ricordava don Alvaro Della Bartola, il parroco di San Gaudenzo scomparso due anni fa – che bucò persino il tendone, tra lo stupore e lo spavento di noi seminaristi”. C’era anche Lino Tonti, fra quei ragazzi del 1954. Risalì il Marecchia nel 1966, con i gruppi di San Nicolò. Tre anni dopo, fiocco azzurro per il prefabbricato, ancora esistente. “Ricordo bene pure la spesa sostenuta per quella scommessa: un milione e seicento mila lire”.
Sotto la spinta di Gigi Zangheri, fondatore degli scout e successivamente presidente dell’Azione cattolica cittadina nonché amico personale di Luigi Gedda e del cardinal Montini, il futuro Papa Paolo VI, Poggiorimini ben presto diventa un luogo stabile per campeggi, “una tappa importante per la vita formativa di ragazzi ed educatori, dove l’esperienza umana e cristiana si fondono in un’armonia invidiabile” come spiega Giuliana Zangheri Palazzini, una delle tre figlie di Gigi e Mina, con Paola e Piera. “Scoutismo, Ac e gruppi parrocchiali: Zangheri ha perseguito per una vita il dialogo tra queste realtà” aggiunge un amico di allora, monsignor Fausto Lanfranchi.
Prima le tende, poi i tendoni fino ad arrivare alle strutture murarie. Poggio Rimini negli anni cambia pelle. All’originaria intuizione di Zangheri portano il loro contributo tanti volontari: amici ex-ragazzi di Gigi, “i burdell” come li chiamava affettuosamente, genitori di ragazzi, ex scout, uomini di Ac. E un esercito di volontari che a vario titolo si impegna per dare un volto ancora più stabile a Poggio Rimini. C’è chi interviene con offerte in denaro, chi mette sulla bilancia prestazioni gratuite, chi si occupa di fornire i materiali da costruzione. Senza dimenticare i gruppi di famiglie che dagli anni ’70 in poi hanno trascorso week end a Poggiorimini col pennello in mano. “Un fiume di aiuti che ancor oggi è in piena – confessa Lino Tonti, del consiglio direttivo della casa campeggi – Ciascuno con la propria sensibilità e disponibilità”. Ma sempre nel solco dell’intuizione del fondatore. “È importante il gioco, l’impegno e lo svago e i momenti di vita spirituale trovano sintesi di un’idea educativa di fondo – ha scritto Enrico Morolli, il genero, sintetizzando gli appunti di Zangheri e studiandone la vita – Vivere ed essere persone portatrici di messaggi umani alla ricerca di una pregnante dimensione di vita umana e civile”.
Nel 1972 Gigi e la moglie, di comune accordo, decidono un ultimo gesto per Poggiorimini: la casa campeggi viene donata alla Chiesa riminese, per sancire una comunione perseguita per tutta la vita. Nasce il consiglio direttivo, all’interno del quale si alternano cuori e volti: l’architetto Forlivesi, don Piero Battistini, l’architetto Luigi Tonini, Carlo Fracassi. L’elenco sarebbe lungo ma realizzato sempre nello spirito di collaborazione e confronto che lo ha animato fin dagli esordi. E Poggiorimini è sempre lì, enclave riminese in terra feretrana. Non un abbaglio, ma testimonianza preziosa e luogo di vita formativa.
Paolo Guiducci